bicchiere di acqua con microplastiche IA Depositphotos_807889142_XL

Le microplastiche che tutti assorbiamo sia attraverso il cibo e l’acqua, sia con la respirazione, si depositano anche nei tessuti dell’ovaio e nelle placche che si formano nelle arterie carotidi del collo, con conseguenze sulla salute ancora da decifrare nel dettaglio, ma quasi di sicuro negative. E i metodi oggi disponibili per filtrarle dall’acqua potabile non riescono a eliminarle tutte, con il risultato che ne rimettono in circolazione una certa quantità.

Non sono buone notizie quelle che arrivano da tre studi usciti quasi in contemporanea nei giorni scorsi, ma se non altro aggiungono ulteriori tasselli al quadro che si sta faticosamente cercando di comporre, relativo alle conseguenze sulla salute di questi materiali ubiquitari, e a tutti i limiti associati ai metodi di analisi e di neutralizzazione della loro presenza.

Plastiche nei tessuti del sistema riproduttivo

L’Italia è in prima fila in questo tipo di studi, e una delle conferme è la ricerca pubblicata su Ecotoxicology and Environmental Safety dagli esperti dell’Università di Salerno, che per la prima volta descrive la presenza di microplastiche nei liquidi che circondano i tessuti dei follicoli ovarici: un riscontro che potrebbe spiegare, almeno in parte, la diminuzione della fertilità che si vede un po’ in tutto il mondo, e le cui cause sono ancora poco chiare. In essa, gli autori hanno analizzato 18 campioni di liquido follicolare di pazienti che si stavano sottoponendo a trattamenti per l’infertilità, e hanno trovato microplastiche (frammenti con diametro inferiore ai dieci millesimi di millimetro o micron) in 14 di essi. La concentrazione media era di 2.191 particelle per millilitro, il diametro medio di 4,48 micron.

La concentrazione di microplastiche è apparsa collegata a quella di uno degli ormoni più importanti per la riproduzione, l’FSH o follicolo-stimolante, mentre un’associazione meno forte, dal punto di vista statistico, è emersa con l’indice di massa corporeo, con l’età e con la concentrazione di un altro ormone fondamentale, il 17 beta estradiolo. Non sembra invece esserci un rapporto con un terzo ormone, quello anti- Mülleriano, anch’esso coinvolto nella riproduzione, con il numero di aborti, con l’esito delle gravidanze e numero di bambini nati vivi.

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Le microplastiche sarebbero responsabili, almeno in parte, delle alterazioni della fertilità femminile

Secondo gli autori, la presenza di microplastiche nel liquido follicolare, così come le alterazioni con l’FSH possono spiegare, in parte, le difficoltà di concepimento, come del resto è stato ampiamente dimostrato nei modelli animali. Le microplastiche sarebbero dunque responsabili, almeno in parte, delle alterazioni della fertilità femminile.

Le microplastiche nelle placche della carotide

Si ricollega (esplicitamente) all’Italia anche la seconda ricerca, presentata al meeting annuale dell’American Heart Association svoltosi nei giorni scorsi a Baltimora. In questo caso, infatti, i ricercatori della University of New Mexico di Albuquerque sono partiti da uno studio pubblicato nel 2024 da altri ricercatori campani, che aveva dimostrato, per la prima volta, la presenza di micro- e nanoplastiche nelle placche aterosclerotiche asportate da circa trecento persone.

Per approfondire quel riscontro, gli autori hanno analizzato i campioni di una cinquantina di persone, suddivise in tre tipologie: persone con arterie sane, soggetti con placche aterosclerotiche ma senza sintomi, e individui con placche e sintomi, oppure che avevano già avuto conseguenze più gravi come ictus, ictus transienti o cecità temporanea, tutte manifestazioni di una temporanea occlusione della carotide. Inoltre, hanno misurato alcuni marcatori dell’infiammazione e l’espressione di alcuni geni, per verificare il nesso con la presenza delle microplastiche. Il risultato è stato che, rispetto ai campioni di controllo, le placche di chi non aveva avuto stintomi contenevano un quantitativo di microplastiche più elevato di circa 16 volte (895 microgrammi/grammo versus 57 microgrammi/grammo).

Il rapporto saliva addirittura a 50 volte per chi aveva già avuto conseguenze come un ictus. Non sono emerse, invece, associazioni con i marcatori dell’infiammazione, ma solo una diminuzione dell’attività dei geni che esprimono i macrofagi che la controllano. Allo stesso modo, sono risultate alterate le cellule di supporto che di solito stabilizzano le placche, entrambi fattori che possono aumentare (anche di molto) i rischi.

Acqua e cibo

Anche se ci sono diverse limitazioni da tenere presenti, come la difficoltà nel rilevare il numero di microplastiche e soprattutto di distinguerle da alcuni tipi di lipidi (che hanno un profilo simile, se analizzati con alcuni metodi diagnostici) o l’impossibilità di dimostrare un rapporto di causa ed effetti tra la presenza dei frammenti e gli eventi come gli ictus, i rapporti numerici sono abbastanza impressionanti, e suggeriscono di condurre ulteriori ricerche, anche nel solco di quanto pubblicato dai ricercatori italiani.

Nel frattempo, poiché la fonte principale di assorbimento delle microplastiche, secondo gli autori, è il cibo (compresa l’acqua), ciascuno può provare a limitare le quantità, per esempio, evitando gli alimenti e le bevande confezionate con materiali plastici.

Peperone giallo avvolto in pellicola di plastica su sfondo blu. Concetto di riciclaggio e ambiente: cibo fresco in confezione di plastica
Sarebbe meglio evitare gli alimenti confezionati nella plastica

Microplastiche nelle acque potabili

Infine, non lascia molto spazio all’ottimismo la review pubblicata su Science of the Total Environment dai ricercatori dell’Università del Texas di Arlington, anche se individua gli aspetti più lacunosi dei metodi attuali, e indica le priorità. In essa, infatti, l’analisi di oltre 200 studi (pubblicati tra il 2016 e il 2024) giunge alla conclusione che non esiste, a oggi, un sistema efficace per eliminare tutte le microplastiche dalle acque potabili. Alcuni le abbattono, ma nessuno le riduce a zero. Uno dei motivi è il fatto che i sistemi di filtrazione sono stati messi a punto per eliminare sostanze organiche o inorganiche solubili, ma non contaminanti ambientali come le plastiche (o, per esempio, i farmaci, o i metalli pesanti).

Ciò che emerge con forza, quindi, è soprattutto l’inadeguatezza di tutta la filiera, dalla definizione di micro- e nanoplastiche ai metodi di analisi, fino a quelli di eliminazione, nei diversi paesi. Per questo, secondo gli autori, la prima cosa da fare è trovare standard internazionalmente condivisi, dai quali partire per ottimizzare tutti i passaggi e cercare di eliminare la plastica almeno dall’acqua che arriva nelle case.

© Riproduzione riservata. Foto: Depositphotos.com

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Irene
Irene
1 Maggio 2025 08:57

Uno studio molto interessante e anche inquietante, considerando il livello di pervasività delle micro plastiche.; penso che tale fenomeno e i suoi effetti devastanti dovrebbero essere diffuso in maniera più capillare, anche nelle scuole

Giancarlo
Giancarlo
1 Maggio 2025 11:02

Sono assolutamente convinto della pericolosità delle materie plastiche per la salute degli umani e dei viventi in generale. Questi studi, ed altri già pubblicati, non fanno che rafforzare questo convincimento. Tuttavia non conosco studi prospettici di incidenza/prevalenza delle patologie citate sull’uomo (stroke, infarto, fertilità maschile/femminile) ma forse anche Parkinson, Alzheimer, K. polmonare, e altro , versus diffusione delle materie plastiche nell’ambiente.
Esiste una correlazione ?
Non mi convincono neppure gli involucri, buste ecc, cosidetti ‘biodegradabili’. Per mia ignoranza non ho approfondito la materia ma ho potuto verificare che i tempi di degradazione sono moolto più lunghi di quanto si dichiara. Mi rimane anche da capire quali e quanti additivi agglomeranti si impiegano per creare il foglio col quale si producono le buste ecc.
Potrei pensare che potrebbero essere anch’essi pericolosi..
Forse acora peggio l’impiego delle plastiche ‘riciclate’ per contenitori alimentari (alcuni vantano bottiglie per bibite come interamente prodotte con plastica riciclata -vedi Coca Cola e non solo-.
Ancora peggio, se possibile, l’impiego per tessuti e indumenti, soggetti a usura e sfregamento e che rilasciano infinite microfibre facilmente inalabili.

Katharine mac neil
Katharine mac neil
2 Maggio 2025 09:52

Bellissimo articolo

Katharine mac neil
Katharine mac neil
2 Maggio 2025 09:52

Bellissimo articolo ben articolato e chiaro. Analisi puntuale

Giuseppe
Giuseppe
6 Maggio 2025 07:26

Lo stato dovrebbe investire di più in ricerca e tecnologia visto che riguarda la salute di tutti

Quando Si Pianta
6 Maggio 2025 13:11

Purtroppo il problema delle microplastiche è un problema difficilmente risolvibile. Ormai sono presenti in ogni dove, nelle acque e in molti organi del corpo umano, inclusi reni, fegato, cervello, placenta, sperma e polmoni, ma anche nelle foglie compromettendo la fotosintesi. Non troppo tempo fa, ne parlammo qui: https://quandosipianta.it/microplastiche-e-fotosintesi/ a seguito di uno studio pubblicato sulla rivista PNAS.

Azul98
8 Giugno 2025 15:12

I’ enorme problema delle microplastiche è che sono estremamente volatili,trasportabili sia nell’acqua,aria,vento,terreno,insomma ogni cosa che noi tocchiamo direttamente o indirettamente o per cause dovute a un inquinanento invisibile che le porta in ogni cosa che noi usiamo,soprattutto se già in plastica per esempio il semplice spazzolino,ci fa ingegerire quantità di microplastiche,pensiamo a quando mangiamo cibo contaminato da esse,cosa ci facciamo,un finto miracolo degli anni 50/60 e fino anni 80 che ha raggiunto ogni parte del Pianeta,che ancora continua ad essere prodotto con forme diverse tipo sacchetti che di bio hanno soltanto il nome, ma hanno riempito mari,laghi e fiumi,e chi vive dentro ingerisce tutto,i volatili uguale,non che sia meglio la situazione per il vegetale, un inquinanente eterno che ha soffocato l’ecosistema in cui viviamo,una soluzione assai difficile,se si pensa ai packaging, alimenti confezionati,poi se esce dal bene più prezioso che abbiamo cioè l’acqua con cui facciamo tutto oltre che lavarsi e pulire il cibo, è una bomba Ecologica da troppo ignorata adesso i rimedi naturali ci sarebbero ma chi li usa sono pochi e pochi lo sanno,come i filtri per il rubinetto,oppure gli spazzolini con setole organicamente sterili,da sterilizzare ogni lavaggio. Il problema è veramente grave,ma se si vuole risolverlo è l’unica maniera.

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