Proponiamo ai nostri lettori un articolo pubblicato sul n°183 del Mario Negri News scritto da Tiziana Mennini, sul microbiota intestinale ricco di spunti utili su un tema di attualità che abbiamo trattato più volte nel sito.
Il microbiota intestinale, l’insieme dei microrganismi contenuti nell’intestino, è sempre più riconosciuto come un importante modulatore della salute umana. Squilibri nel microbiota derivanti da cattiva alimentazione, stress, uso di antibiotici, stili di vita e fattori ambientali sono associati allo sviluppo di infiammazione e irregolarità intestinali. Inoltre diverse condizioni autoimmuni e metaboliche, e anche la salute mentale, possono essere radicate nell’intestino e influenzate dai suoi residenti microbici. C’è quindi una crescente necessità di identificare strategie efficaci per modificare selettivamente le comunità microbiche intestinali. Dai semplici “fermenti lattici”, che tutti abbiamo preso da bambini per il benessere gastro-intestinale, siamo passati ad una serie di nuovi soggetti più specificatamente definiti e denominati.
- Probiotici: microrganismi vivi che, somministrati in quantità adeguata, apportano un beneficio alla salute dell’ospite rafforzando l’ecosistema intestinale.
- Prebiotici: sostanze organiche non digeribili (in genere oligosaccaridi come l’inulina e i frutto-oligosaccaridi) che stimolano selettivamente la crescita e/o l’attività di batteri salutari del microbiota intestinale.
- Simbiotici: prodotti in cui sono simultaneamente presenti microrganismi probiotici e substrati prebiotici.
- Psicobiotici: probiotici che modulano la connessione cervello-intestino con possibili effetti su ansia e tono dell’umore (1).
- Postbiotici: metaboliti di alcuni ceppi probiotici che agiscono in modo indiretto sui tessuti dell’organismo ospite e/o su altri ceppi batterici. L’attività antimicrobica di probiotici e prebiotici potrebbe essere mediata da un’azione postbiotica, ossia dai proteobiotici, che contrastano la virulenza di ceppi patogeni.
Un innovativo approccio ha recentemente testato se un’attività prebiotica potesse essere sviluppata dai batteriofagi. I batteriofagi, brevemente utilizzati come antimicrobici clinici all’inizio del XX secolo, sono virus che infettano esclusivamente i batteri, classificati Generally Recognized As Safe (GRAS, generalmente riconosciuti come sicuri) dalla FDA statunitense. Uno studio clinico recentemente pubblicato (2) ha riportato come un’integrazione di una miscela di quattro ceppi di batteriofagi mirati a Escherichia coli, commercialmente disponibile in America, somministrata per 28 giorni ad un gruppo di adulti di età compresa tra i 18 e i 65 anni, abbia selettivamente eliminato dall’intestino microbi patogeni e aumentato ceppi benefici. L’integrazione con fagi non ha alterato sostanzialmente i profili globali del microbiota intestinale nella maggior parte degli individui, ma ha ridotto significativamente le popolazioni dei batteri bersaglio E.coli, oltre a modificare un certo numero di singole specie batteriche.
Le modifiche hanno riguardato una diminuzione di taxa strettamente correlati al Clostridium perfringens e una piccola ma significativa riduzione dell’interleuchina 4 circolante, citochina pro-infiammatoria, associata a risposte autoimmuni e allergiche. I risultati hanno dimostrato che i fagi consumati non hanno disturbato globalmente il microbiota. In conclusione l’integrazione con batteriofagi si è dimostrata sicura, e i dati riportati suggeriscono il loro effetto di ridurre selettivamente gli organismi bersaglio, senza variazione globale della comunità intestinale, modifiche che possono essere considerate complessivamente benefiche.
Questo studio suggerisce un potenziale approccio innovativo, anche se in Europa l’utilizzo dei batteriofagi è tuttora in dicussione. Nel 2009 l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha riconosciuto l’innocuità dei batteriofagi come un’efficace alternativa per l’eliminazione di specifici patogeni alimentari (nei processi produttivi). Tuttavia nello stesso documento l’Efsa dice che le caratteristiche di sicurezza dei fagi dovrebbero essere valutate “caso per caso”.
Emerge quindi come le problematiche connesse all’utilizzo dei batteriofagi come prebiotici siano ancora aperte e quindi sia necessario potenziare l’approccio scientifico e sperimentale al fine di aumentare la sostenibilità scientifica finalizzata ad un loro utilizzo pratico.
1) Br J Hosp Med 80 (3) 139-145 2) Nutrients 11: 666
Tiziana Mennini (articolo tratto da Mario Negri News n°183)
© Riproduzione riservata
“Squilibri nel microbiota derivanti da cattiva alimentazione, stress, uso di antibiotici, stili di vita e fattori ambientali sono associati allo sviluppo di infiammazione e irregolarità intestinali. […] C’è quindi una crescente necessità di identificare strategie efficaci per modificare selettivamente le comunità microbiche intestinali.”
Non è sufficiente mangiare meglio, essere meno stressati, usare meno antibiotici, migliorare lo stile di vita?
Ovvero agire alla radice del problema?
Se sono alcolizzato non mi curo con un epatoprotettore, cerco di smettere.
Grazie per l’articolo. Solo due precisazioni:
1. i prodotti che contengono prebiotici e probiotici si chiamano siNbiotici, non siMbiotici (vi è sinergismo, non simbiosi);
2. menzionerei anche l’uso di batteri inattivati (per es. tindalizzati) che ormai sono abbastanza frequenti sul mercato (per es. i fermenti lattici tindalizzati FRAU) e che prendono il nome di PARAPROBIOTICI.
Saluti
S