Con una certa periodicità la pasta italiana viene sottoposta ad attacchi mediatici privi di consistenza, che però creano sempre molta confusione fra i consumatori. Tra le accuse più diffuse c’è quella di utilizzare materia prima importata, proveniente da Paesi che usano senza alcun controllo sostanze chimiche come il glifosato. Altre volte si insinua che i nostri spaghetti contengano troppi pesticidi proprio a causa del grano duro italiano mischiato con quello straniero. Anche il tema delle micotossine è utilizzato per lasciare intendere ai consumatori che, siccome il grano importato deve fare lunghi viaggi in nave, ha buone probabilità di inumidirsi e sviluppare tossine pericolose. L’intento di queste storielle è colpevolizzare le aziende che non usano 100% grano italiano e di puntare il dito contro le importazioni di materia prima.
Gli attacchi alle aziende che non usano solo grano italiano
Purtroppo questi attacchi spesso fanno breccia e guadagnano le prime pagine dei quotidiani o dei siti online, e anche sul piccolo schermo rimbalzano servizi sugli spaghetti contaminati. Spesso succede che quando in redazione arriva un lancio di agenzia dove nel titolo compaiono parole come ‘pasta’, ‘glifosato’, ‘micotossine’ e ‘grano’, si riprende la notizia senza fare troppi approfondimenti.
L’ultima volta è successo con Granosalus che ha accusato i marchi leader di mercato di avere qualche microgrammo di sostanze autorizzate nella semola utilizzata per la pasta. La notizia è stata ripresa da tutti media senza preoccupasi di controllare i valori e di fare una valutazione del rischio. Di fronte a tanta approssimazione si rimane sgomenti, perché quando la bolla si sgonfia perché le accuse risultano infondate, poche testate rimediano al danno di immagine. Per capire che il grano duro importato non è frutto di acquisti inconsulti da parte dei pastifici italiani, basta dire che costa più di quello italiano e che se la nostra pasta è una delle migliori al mondo è proprio perché usiamo questi grani di alta qualità.
Pasta e glifosato
Altroconsumo ha voluto capire quanto sia opportuno delegittimare il piatto di spaghetti e se esistono reali motivi di preoccupazione. Una delle sostanze più comunemente segnalate e trovate nel grano è il glifosato, che è effettivamente molto utilizzato in agricoltura e in orticoltura per contrastare le erbe infestanti. Il glifosato è probabilmente uno degli erbicidi più usati al mondo, ed è oggetto di un duro scontro tra chi lo vorrebbe bandire per sempre e chi invece ne rivendica non solo l’utilità, ma anche la bassa tossicità.
Da un punto di vista scientifico, non c’è accordo sui pericoli per la salute e negli studi sugli esseri umani, la cancerogenicità non è stata dimostrata con certezza. La stessa Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) inserisce il glifosato tra i probabili cancerogeni e non tra le sostanze che lo sono sicuramente, mentre altre istituzioni scientifiche come l’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare), l’Echa (l’Agenzia europea per le sostanze chimiche), la Fao (Organizzazione delle Nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura) e Oms (Organizzazione mondiale della aanità), chiamate a dare un parere sono state ancora più rassicuranti, negando categoricamente tale effetto sulla salute delle persone.
Il test di Altroconsumo
Premesso ciò, va ribadito che accusare un prodotto alimentare di contenere tracce di una una sostanza cancerogena senza definire i limiti ha poco significato, e serve solo a creare allarmismo. Nell’ultimo test condotto da Altroconsumo su 15 penne integrali e 10 di penne classiche il glifosato è stato rilevato in cinque confezioni di penne (due integrali e tre classiche), ma in quantitativi estremamente bassi. I valori osservati sono compresi tra 0,020 e 0,083 mg/kg, di gran lunga inferiori al limite di legge previsto che, per il frumento, è di 10 mg/kg.
Per dare un’idea concreta: considerando la dose giornaliera tollerabile stabilita dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare, che è pari a 0,5 mg/kg di peso corporeo, significa che un bambino di 16 kg, di circa tre anni, potrebbe mangiare senza correre alcun rischio per la propria salute fino a 100 kg di pasta al giorno del nostro campione peggiore. Un adulto di 75 kg ne potrebbe assumere 450 kg. Di fronte a questi numeri c’è da chiedersi quale sia la necessità di sventolare titoli allarmistici quando in un prodotto alimentare si trovano tracce di un inquinante.
Oggi le apparecchiature moderne permettono di individuare quantità ridottissime di residui di sostanze chimiche o pesticidi. Per questo motivo prima di scrivere una nota, un articolo, un servizio tv o radiofonico rilanciando la presenza di sostanze chimiche cancerogene o quant’altro, occorre fare un confronto con il limite previsto e una valutazione del rischio. Se non si procede in questo modo c’è il serio sospetto che si voglia fare solo allarmismo.
Pesticidi nella pasta?
Altroconsumo nella nota precisa che oltre al glifosato, il laboratorio ha voluto verificare la presenza di altri pesticidi, cercando più di 400 sostanze. Ne sono state trovate alcune in meno della metà dei campioni, ma a livelli molto bassi che non vengono presi in considerazione. Supponendo infatti di assumere la pasta con il quantitativo di pesticida più elevato, per raggiungere la soglia massima raccomandata per un adulto di 75 kg, costui dovrebbe mangiare ogni giorno oltre 300 kg di pasta (per un bambino di 16 kg sarebbero 80 kg di pasta al giorno).
Il rischio micotossine
Altre sostanze accusate di essere presenti nella pasta sono le micotossine, cioè contaminanti, di origine naturale e pericolose per la salute, che si possono sviluppare sia nelle coltivazioni, sia dopo il raccolto se la conservazione del prodotto non è adeguata. Alcune sono classificate come cancerogene dallo Iarc, come le aflatossine, o possibilmente tali, come l’ocratossina A. Altre sono meno pericolose, come il Don (deossinivalenolo), che non per questo è innocuo, perché agisce a livello gastrointestinale causando nausea, rifiuto del cibo, vomito e dissenteria. Che cosa ci dicono i risultati dell’ultimo test di Altroconsumo?
“Nel nostro ultimo test abbiamo ritrovato il Don, ma sempre in concentrazioni ampiamente inferiori ai limiti di legge. Questo però non ci basta, perché al momento le norme non considerano l’effetto accumulo, in particolare per i bambini. Il deossinivalenolo, infatti, può trovarsi in altri prodotti consumati nel corso della giornata (pane, tarallini, biscotti, dolciumi vari…). Noi quindi siamo stati particolarmente severi nella valutazione di questa micotossina, ritenendo accettabile un valore di Don nella pasta fino a 100 microgrammi/kg. Con questo criterio hanno ricevuto un giudizio buono o comunque accettabile la maggior parte dei campioni”.
Oltre al Don è stata rilevata anche ocratossina A in nove campioni, ma solo in quattro i livelli sono stati ritenuti preoccupanti. I valori osservati nel test, ancora una volta, sono ben lontani dal tenore massimo consentito dalla legge sulle Aflatossine. In un campione del test, sempre in un quantitativo molto lontano dal limite di legge ma considerato preoccupante per la salute (a seguito del calcolo del Moe), è stata ritrovata anche l’aflatossina B1, una delle micotossine più potenti in termini di genotossicità e cancerogenicità.
© Riproduzione riservata Foto: Fotolia, Depositphotos
Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.
Dona ora
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Al solito, tanta cautela, precisazioni, distinguo, “a norma di legge” che risolvono tutto, eufemismi etc… quando si parla di prodotti che in Italia “contano”: quando si parla di altro, invece, via alle condanne facili.
Vedi articolo recente sugli energy drink, dove è bastato che una ricerca qualsiasi parlasse di correlazione tra energy drink e qualche problema (ripeto: correlazione) per sconsigliarli, alla faccia del “a norma di legge”, “non c’è accordo sui pericoli per la salute e negli studi sugli esseri umani”, “non è stata dimostrata con certezza” etc…
Gli italiani in genere hanno un pessimo rapporto con i numeri, forse perché a scuola l’ora di matematica significava per molti noia profonda totale invincibile, forse perché da Trilussa in poi ci hanno abituato a non prestare fede ai numeri che ci dicono che siamo sazi anche se un altro si è mangiato anche il nostro mezzo pollo.
E più un articolo è infarcito di dati oggettivi (che si esprimono con i numeri) più verrà letto con supeficialità e meno verrà capito, e anche dove dice in modo abbastanza chiaro che a fronte di un limite legale di 10 mg/kg i valori rlevati all’analisi vanno da 0,020 a 0,083 mg/kg (ossia in media 200 volte DI MENO) suscita commenti completamente fuori bersaglio.
vero
Visto che il signor Dario Dongo viene spesso citato suggerisco anche questo riferimento:
https://www.greatitalianfoodtrade.it/sicurezza/glifosato-interferenza-endocrina-e-tumori-nuove-evidenze
———-La lobby delle Big 4, nel mentre, porta avanti la richiesta di rinnovo dell’autorizzazione del glifosate in UE. La decisione di Bruxelles è attesa entro dicembre 2022.
La rivoluzione non può che provenire dal basso. Ed è una rivoluzione bio, poiché la scienza ha dimostrato come una dieta basata esclusivamente sui prodotti biologici consenta di eliminare il glifosato e il suo metabolita dall’organismo. Consumare e sprecare mero, privilegiare il biologico da filiere prossime.
Dario Dongo e Andrea Adelmo Della Penna————
Non è questione di dosi, milligrammi, microgrammi, picogrammi ed altre miopie, e la visione antropocentrica ci tranquillizza stupidamente rispetto ai danni che facciamo all’ambiente e agli altri esseri viventi.
Da socio e sostenitore dell’Istituto Ramazzini qual sono, orgogliosamente, vi dico che questi vostri discorsi non sono corretti.
condivido appieno.
Buona sera, premetto di non essere un esperto di agricoltura né tantomeno iscritto a un qualsiasi associazione ecologista per cui la mia risposta verte e utilizza solo un ragionamento. Com’è possibile avere un prodotto biologico che è coltivato in una zona in cui i fitofarmaci la fanno da padrone? E’ forse esente, quel prodotto, dall’essere interessato dai venti e intemperie varie? Personalmente ritengo che, in generale e prima dell’avvento della cultura biologica, le aziende si siano arricchite inquinando e oggi continuano ad arricchirsi con il falso biologico. Grazie.
“Non è questione di dosi, milligrammi, microgrammi, picogrammi ed altre miopie, e la visione antropocentrica ci tranquillizza stupidamente rispetto ai danni che facciamo all’ambiente e agli altri esseri viventi.”
Verissimo, concordo, i numeri sono insignificanti ma dobbiamo pensare e agire diversamente. Il glifosato sta diventando il simbolo collettivo della “zavorra” di questo modello agricolo superato che ci trasciniamo dietro.
Esatto, ottimo Sig. Gianni! Condivido! Ancora a menarsela con con le quantità millesimali di residui di pesticidi negli alimenti e con le norme di legge, come se queste ultime fossero parametri obiettivi di rassicurazioni scientifiche per l’ambiente e per i consumatori e non cinici accordi di politiche economiche. Quale è la qualità della competenza dei tecnici di tossicologia che si occupano di alimentazione umana, quale la loro indipendenza, onestà e lungimiranza, quale la loro capacità di indagine, quale la loro propensione al dubbio? Quali i metaboliti, nell’ambiente e nell’organismo, dei fitofarmaci utilizzati? Come i fitofarmaci ed i loro metaboliti interagiscono tra loro nell’ambiente e nell’organismo? Quali si accumulano nell’organismo? Come interagiscono nella strabiliante complessità della biochimica degli organismi? A quale intervallo di tempo si osservano gli effetti nocivi? Le ‘rassicurazioni’ sono la espressione della nostra ignoranza o, peggio, della malafede di alcuni!
Buongiorno, per quanti pensano e scrivono, anche su molti siti e social network, che in Italia il glifosato non si trovi, segnalo ad esempio:http://www.agricolturaeambiente.it/glifosato-primi-dati-ufficiali-giugno-dicembre-2018-su-acque-superficiali-e-potabili-in-emilia-romagna/ dove si dimostra che almeno dal 2018, cioè sostanzialmente da quando si è iniziato a cercarli, i metaboliti del glifosato si rilevano nelle acque superficiali, utilizzate anche per l’irrigazione. Ovviamente tutto quello che spargiamo nell’ambiente ci torna indietro nel cibo, nelle acque, nel suolo e nell’aria. Il glifosato, inizialmente veniva spacciato come praticamente biodegradabile, dato che il principio attivo è di difficile rinvenimento dopo pochi giorni dalla distribuzione. Negli anni però ci si è accorti che i metaboliti, cioè le sostanze derivate dalla degradazione del formulato, contaminavano le acque e danneggiavano la fauna, oltre a creare fenomeni di resistenze delle specie bersaglio. Tanto che l’etichettatura è stata più volte aggiornata inserendo i nuovi rischi che man mano venivano accertati. Negli ultimi anni negli USA i tribunali hanno iniziato a riconoscere risarcimenti soprattutto per gli operatori professionali, cioè agricoltori che lamentavano danni alla salute per contatto prolungato con la sostanza. Va inoltre precisato che la maggior parte degli studi tossicologici, su cui si basano anche i limiti di legge per i vari fitofarmaci, prende in considerazione il solo principio attivo, cioè la sostanza registrata come efficace dal punto di vista fitosanitario, ma che rappresenta solo una parte minoritaria del formulato commerciale. Gli effetti sull’ambiente e sulla salute sono evidentemente causati dall’intero formulato commerciale. Però le sostanze diverse dal principio attivo non sono nemmeno elencate in etichetta, anche se è facilmente intuibile che vengono utilizzate per scopi precisi dal punto di vista tecnico, e quindi hanno un impatto su ambiente e salute che però nella maggior parte degli studi non viene minimamente considerato. Cordiali saluti
Forse uno dei motivi all’origine dell’allarmare sul glifosato nella pasta consiste nel fatto che questa sostanza è proprio un veleno, è molto diffuso e crea danni all’ambiente. Oltre al lento avvelenamento degli animali, api in primis. Ma è notizia di tre giorni fa la morte di 11 bovini nel cuneense per erba contaminata da glifosato. Quello è latte e carne che consumiamo.
La preoccupazione – e magari anche la scarsa dimestichezza con i numeri decimali come scrive qui sopra Mario – può portare a una maggior allerta e vigilanza e, magari eroneamente, a sovrastimare il problema. Il glifosato, e molti ormai l’han capito – rallegriamoci di questo – non è verderame. Cordialità
Cortesemente, @Giova, mi fornisce i riferimenti bibliografico che il glifosato avvelena le api?
Anche i riferimenti bibliografici sugli 11 bovini morti nel cuneese, dato che la DL 50 del glifosato si colloca tra 1 e 5 g per kg di peso corporeo.
Un bovino adulto pesa sui 500 kg: anche se l’avessero mangiato puro avrebbero difficilmennte raggiunto quei dosaggi…
Veda quello che ho scritto qui:
https://ilfattoalimentare.it/glifosato-francia.html
In questi contributi giornalistici – non dispongo d’altro al momento – sono indicate delle ricerche in merito:
https://ilfattoalimentare.it/glifosato-danneggia-api.html
https://www.focus.it/ambiente/ecologia/neonicotinoidi-gli-insetticidi-una-minaccia-per-le-api
https://www.businessonline.it/intrattenimento/eventi/glifosato-nuovo-studio-sulle-api-rilancia-gravi-rischi-per-la-salute-delluomo_n67886.html
https://www.ilsapere.org/glifosato-killer-silenzioso/
https://www.lanuovaecologia.it/il-glifosato-fa-male-alla-api/
https://ilfattoalimentare.it/glifosato-francia.html
Per quanto riguarda i bovini morti, è irrilevante nel contesto del mio discorso – centrato sulla fondatezza di un diffuso sentimento di apprensione per l’uso spregiudicato ed esagerato di questa sostanza, che ha ricadute sull’ambiente, animali compresi – se i bovini siano mangiati interamente da una persona. Sono orti e questo è un danno sotoo tanti profili, anche etico. La morte degli 11 bovini e l’inquinamento dell’appezzamento del vicino terreno non sono fatti irrilevanti e c’interrogano sul senso del nostro rapporto con la terra e le altre specie viventi. Al di là dei disagi o problemi … delle erbe infestanti.
Cordialità.
Ringrazio per i riferimenti bibliografici che però, mi sembra, per lo più rimangano su delle ipotesi piuttosto che su studi scientifici confermati, senza nulla togliere che ulteriori ricerche possano confermare tali ipotesi.
MI spiace non siano sufficienti. Per una ricerca nel web avrei necessità di due competenze che non ho: la lingua e le conoscenze tecniche. Sarà comunque mia cura segnalare eventuali nuovi studi.
Cordialità.