glifosato

api_153076235L’aumento della mortalità delle colonie di api mellifere è stato attribuito a diversi fattori, ma non è stato ancora completamente compreso. Tra i principali accusati ci sono alcuni pesticidi neonicotinoidi, tre dei quali sono stati vietati dall’Unione europea. Sinora, tra i prodotti chimici usati in agricoltura nessuno aveva puntato l’attenzione sull’erbicida più venduto nel mondo e sotto accusa per i suoi possibili effetti cancerogeni, il glifosato. Infatti, sinora si era ritenuto che esso non fosse tossico per gli animali, dato che interferisce con un importante enzima presente solo nelle piante e nei microrganismi.  Ora, però, uno studio condotto negli Usa da ricercatori dell’Università di Austin indica che il glifosato ha anch’esso una responsabilità nel declino delle colonie di api, perché altera il loro microbioma intestinale, cioè l’ecosistema di batteri che vivono nel loro tratto digestivo, compresi quelli che lo proteggono dai batteri nocivi, esponendo le api ad un maggior rischio di infezioni.

Nel corso della ricerca, pubblicata dalla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, alcune api mellifere sono state esposte a livelli di glifosato analoghi a quelli usati nei campi coltivati e sui cigli stradali, dopo aver colorato il loro dorso per renderle riconoscibili e poterle riprendere. Tre giorni dopo, i ricercatori hanno osservato che l’erbicida riduceva significativamente il microbiota intestinale sano. Di otto specie dominanti di batteri benefici, nelle api esposte al glifosato quattro sono risultate essere meno abbondanti. La specie batterica più colpita è risultata essere la Snodgrassella alvi, un importante batterio che aiuta le api a metabolizzare il cibo e a difendersi dagli agenti patogeni. I ricercatori hanno rilevato che le api con microbiomi intestinali alterati avevano molte più probabilità di morire se esposte a un agente patogeno opportunistico, la Serratia marcescens, un agente patogeno diffuso che infetta le api in tutto il mondo. Circa la metà delle api con un microbioma sano era ancora in vita otto giorni dopo l’esposizione al patogeno, mentre solo circa un decimo delle api i cui microbiomi erano stati alterati dall’esposizione al glifosato erano ancora vive.

Secondo Erik Motta, che ha guidato la ricerca, c’è “bisogno di linee guida migliori per l’uso del glifosato, in particolare per quanto riguarda l’esposizione delle api, perché in questo momento le linee guida assumono le api non siano danneggiate dal diserbante. Il nostro studio dimostra che non è vero”. I risultati della ricerca sono contestati da Monsanto, che produce il RundUp a base di glifosato e che in un comunicato afferma che la ricerca dell’Università di Austin si basa su un numero relativamente piccolo di singole api e che “nessuno studio su larga scala ha mai trovato un collegamento tra il glifosato e problemi di salute delle api mellifere”. Monsanto contesta anche il fatto che il “gruppo di ricerca non ha discusso queste nuove scoperte alla luce del loro precedente lavoro, secondo cui gli antibiotici usati dagli apicoltori nei loro alveari sono la causa delle alterate comunità di microbi intestinali”.

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ezio
ezio
15 Ottobre 2018 19:14

Naturalmente la responsabilità e le colpe sono sempre degli altri.
Tutto da dimostrare, oppure già sufficientemente dimostrato per un sano principio di precauzione, che coinvolgendo le api impollinatrici danneggia tutto l’equilibrio riproduttivo vegetale mondiale?