Il Messico è stato il primo paese al mondo a introdurre una tassazione sulle bevande dolci, nel tentativo di arginare l’obesità e il diabete di tipo 2, che avevano raggiunto tassi allarmanti. Nel 2014 ha infatti varato una legge che fa aumentare di circa il 10% (1 peso per litro) il costo delle cosiddette soda, e ora inizia a valutarne gli effetti. Lo fa, in particolare, uno studio pubblicato sul British Medical Journal dai ricercatori dell’Istituto Nazionale di Salute Pubblica di Cuernavaca in collaborazione con alcune università messicane e statunitensi, che hanno valutato tre serie di dati (due relative a prima dell’introduzione della tassa, una a dopo) di poco meno di 1.800 lavoratori dell’ambito sanitario. Tutti (dell’età media di 47 anni) avevano preso parte a un grande studio di popolazione rispondendo periodicamente, tra il 2004 e il 2018, a dettagliati questionari sulle abitudini loro e delle rispettive famiglie con risposte sui 12 mesi precedenti.
I partecipanti sono stati suddivisi in quattro tipologie: coloro che non bevevano soda, i consumatori che ne bevevano meno di 335 ml a settimana, classificati come bassi, coloro che ne bevevano almeno un bicchiere a settimana ma meno di uno al giorno (medi) e i grandi consumatori, che ne consumavano almeno uno al giorno. I dati, una volta corretti per fattori quali il sesso, l’età, il livello di istruzione di reddito e così via, hanno mostrato un effetto abbastanza chiaro: la soda tax ha aiutato a ridurre il consumo.
Infatti, se prima di essa più di un partecipante su due rientrava nelle categorie “medio” o “alto”, dopo la sua entrata in vigore tale valore era sceso al 43%, e quello dei non consumatori era salito al 14%. A tre anni dall’avvio, inoltre, la probabilità di essere un non consumatore era aumentata del 4,7% e quella di essere un consumatore occasionale o quasi (basso) era salita dell’8,3%. Specularmente, la probabilità di essere nelle due categorie superiori (medio o alto) era diminuita del 6,8 e del 6,1%, rispettivamente.
La tassazione, inoltre, sembra aver avuto gli effetti più marcati sulle persone con istruzione superiore, e più sui ragazzi del liceo che sui bambini. L’analisi ha almeno due limiti evidenti: innanzitutto è stato fatto su personale sanitario, che è più informato sui rischi associati a sovrappeso, obesità ed eccesso di zuccheri e sulla salute in generale rispetto alla popolazione generale. Inoltre non è uno studio controllato, ma solo osservazionale, basato cioè sulle risposte dei partecipanti, e non dimostra, di conseguenza, l’esistenza di un nesso di causa ed effetto tra l’introduzione della tassa e la riduzione dei consumi.
Tuttavia – hanno sottolineato gli autori – la tendenza sembra evidente, e ulteriori analisi, condotte di recete, hanno rafforzato questa convinzione. La soda tax esercita un effetto deterrente, e favorisce il livello di consapevolezza dei consumatori, che si interrogano sull’argomento: un fatto particolarmente importante in paesi come il Messico, dove i consumi erano e sono ancora a livelli altissimi.
Resta da dimostrare che tutto ciò abbia effetto sul peso e sulle patologie cardiometaboliche associate a un eccesso di bevande dolci, ma le analisi e gli studi dei ricercatori messicani proseguono anche da questo punto di vista.
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Giornalista scientifica