Merendine: gli italiani le amano ma sono troppo zuccherate e formulate per essere irresistibili. I risultati di un’indagine e il commento della nutrizionista
Merendine: gli italiani le amano ma sono troppo zuccherate e formulate per essere irresistibili. I risultati di un’indagine e il commento della nutrizionista
Valeria Balboni 16 Giugno 2017Gli italiani amano le merendine confezionate: quattro adulti su 10 le consumano regolarmente, in media due volte a settimana, e otto su 10 le danno ai propri figli, due-tre volte a settimana. Sono i risultati di un’indagine commissionata a Doxa dall’Aidepi (Associazione delle industrie del dolce e della pasta). Considerando che quando rispondiamo a un questionario non siamo sempre sinceri, ma inconsciamente tendiamo a rispondere come ci sembra più “adeguato”, questi numeri probabilmente sottostimano l’effettivo consumo di merendine. L’inchiesta voleva anche capire se gli italiani credono o meno alle “bufale” sulle merendine, e i risultati sono piuttosto negativi, almeno dal punto di vista di Aidepi.
L’85% del campione per esempio, non sa che le merendine sono preparate senza utilizzare acidi grassi trans, pericolosi per la salute e proibiti da diversi anni. In effetti, la composizione di questi dolciumi è migliorata nel tempo, sono scomparsi i grassi trans e recentemente – in molti prodotti – anche l’olio di palma, cosa che ha portato alla riduzione dei grassi saturi, come evidenziano le etichette. Tre italiani su quattro pensano che le merendine siano la causa dell’obesità infantile: questo non è vero perché, come sostiene giustamente Aidepi, l’obesità non dipende solo da ciò che si mangia, ma anche dallo stile di vita: chi fa movimento brucia più facilmente le calorie di uno snack.
Scopriamo poi che sei italiani su 10 pensano che una sola merendina faccia superare il fabbisogno giornaliero di zucchero di un bambino: non è vero ma va ricordato che per nessun bambino lo snack del pomeriggio o della mattina è l’unico alimento contenente zucchero della giornata. Secondo le Linee guida dell’Oms, gli zuccheri semplici, cioè quelli aggiunti, oppure contenuti naturalmente in miele, sciroppi e succhi di frutta, non dovrebbero coprire più del 10% del fabbisogno calorico giornaliero che, per un bambino di sei anni, è pari in media a 1600 kcal. Dagli zuccheri questo bambino dovrebbe quindi ottenere non più di 160 kcal: dato che un grammo ne fornisce quattro, il tetto corrisponde a 40 grammi di zucchero al giorno. Non sembrano pochi, ma facciamo un po’ di conti: una merendina di pan di Spagna all’albicocca (Kinder Brioss albicocca e cereali) pesa 28 g, fornisce 100 kcal e contiene 11 grammi di zuccheri che corrispondono a 44 kcal, un quarto del fabbisogno giornaliero.
Secondo Margherita Caroli, esperta in nutrizione pediatrica, past president dello European Childhood Obesity Group (Gruppo europeo obesità infantile), “Undici grammi di zucchero in una merendina da 28 sono troppi. Lo zucchero è per l’organismo come un “colpo di pistola” che stimola la repentina produzione di insulina, con il risultato che la glicemia si abbassa rapidamente e l’effetto di sazietà dura poco. Gli zuccheri della frutta invece hanno un effetto diverso perché c’è anche la fibra e il rilascio è più graduale. Ricordiamo poi che le linee guida dell’Oms parlano di una quota di zuccheri da non superare, ma non si parla mai di un “fabbisogno” di zuccheri semplici, perché questo non esiste”.
Otto italiani su 10 pensano che una merendina sia più calorica dei dolci preparati in casa, come un panino imbottito o una fetta di torta: non è così secondo Aidepi. In effetti, un panino con il salume supera facilmente le calorie di una merendina, e quando si taglia una fetta di torta è facile stare abbondanti, però una merendina in genere non è sufficiente a soddisfare la fame di un bambino di 6-8 anni, per non parlare degli adolescenti. Se, insieme a questa, beve un bicchiere di tè freddo che contiene circa 20 grammi di zuccheri, ha quasi raggiunto il “tetto” giornaliero. “Il confronto – sottolinea Caroli – non andrebbe fatto con un panino imbottito o una torta al cioccolato, ma con qualcosa di più equilibrato, come una fetta di ciambella o un frutto. Le merendine contengono troppi zuccheri e grassi, quindi anche se l’apporto calorico non è elevato, la composizione è squilibrata rispetto a quella desiderabile. Tutto ciò porta i bambini ad abituarsi alla combinazione di grasso e dolce, cui è facile “cedere”. Ma con pazienza e convinzione si possono abituare ad amare uno yogurt con frutta fresca o un panino con il pomodoro”.
Il problema quindi non sono tanto le merendine quanto l’onnipresenza dello zucchero: se il nostro bambino, nel corso della giornata, consuma uno yogurt goloso, di quelli destinati ai piccoli – come Yogoloso Super Mario di Danone – sono già 22 grammi di zucchero; una porzione di ketchup (15 grammi), per esempio, contiene tre grammi di zucchero e un panino morbido industriale altri tre grammi. Alla fine della giornata il conto supera facilmente i livelli consigliati.
Quando elaborano le ricette, le industrie alimentari cercano il bliss point – punto di beatitudine – quella speciale miscela di zuccheri, grassi e sale che rende un prodotto irresistibile. Ora, è chiaro che mangiare deve essere un piacere e se si trova la beatitudine tanto meglio, ma il gusto si può educare ed è quello che dovremmo cercare di fare con i nostri figli. Purtroppo non è facile, anche perché sono martellati da campagne di marketing destinate proprio a loro, in cui sono esaltati dolciumi, cioccolata, merendine, cereali zuccherati e bibite.
La scuola potrebbe e dovrebbe dare una mano, con progetti adeguati. Il Ministero delle politiche agricole sostiene da alcuni anni il progetto Frutta nelle scuole, sponsorizzato dall’UE (quest’anno all’Italia spettano 21,7 milioni di euro). I fondi del progetto sono destinati, oltre che ad attività di sensibilizzazione, alla fornitura di frutta da distribuire ai bambini. Essendo completamente svincolato dalle società che si occupano delle mense scolastiche, e che garantiscono la distribuzione quotidiana del cibo, questo progetto ha mostrato diverse criticità segnalate da genitori e insegnanti, di cui abbiamo parlato più volte. L’idea è apprezzabile, però la frutta, confezionata in dosi singole, spesso è di scarsa qualità organolettica perché acerba oppure troppo matura, inoltre è svincolata dalla stagionalità cui si vorrebbe educare i ragazzi, e porta alla produzione di una grande quantità di rifiuti.
È andato decisamente meglio il progetto “Frutta a metà mattina” voluto da Milano Ristorazione, azienda che gestisce le mense scolastiche milanesi. In questo caso la frutta prevista al pasto è stata proposta per la merenda di metà mattina, nella metà circa delle scuole primarie di Milano, con ottimi risultati: la frutta, consegnata quotidianamente, era più fresca e gradevole e i bambini la mangiavano più volentieri. Il consumo di frutta è aumentato del 15% ed è cresciuto del 17,4% anche il consumo dei pasti perché i bambini arrivavano a pranzo con più appetito e lasciavano meno cibo nel piatto. Milano ristorazione fa sapere che tutti i bambini che andranno ai Centri Estivi del Comune di Milano usufruiranno del servizio di “Frutta a metà mattina”, così anche chi non lo ha provato durante l’anno scolastico lo farà durante le vacanze, abituandosi a questa buona pratica.
A Bologna ci ha provato, senza riuscire, Stefano Mari, dirigente dell’Istituto comprensivo n.8: non essendoci un progetto comunale, come è accaduto invece a Milano, ha chiesto ai genitori di dare frutta o verdura ai figli per la merenda di metà mattina, invece delle solite merendine. La richiesta era stata approvata dal Consiglio d’Istituto ma nonostante questo le famiglie sono insorte, rifiutandola come un’imposizione ingiustificata.
Per educare il gusto dei bambini, allora, forse bisognerebbe prima educare i genitori.
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Giornalista pubblicista, laureata in Scienze biologiche e in Scienze naturali. Dopo la laurea, ha collaborato per alcuni anni con l’Università di Bologna e con il CNR, per ricerche nell’ambito dell’ecologia marina. Dal 1990 al 2017 si è occupata della stesura di testi parascolastici di argomento chimico-biologico per Alpha Test. Ha collaborato per diversi anni con il Corriere della Sera. Dal 2016 collabora con Il Fatto Alimentare. Da sempre interessata ai temi legati ad ambiente e sostenibilità, da alcuni anni si occupa in particolare di alimentazione: dalle etichette alle filiere produttive, agli aspetti nutrizionali.