Mense scolastiche: il progetto Pappa Fish coinvolge tutti i soggetti, bambini, genitori e insegnanti. Fondamentale l’educazione alimentare
Mense scolastiche: il progetto Pappa Fish coinvolge tutti i soggetti, bambini, genitori e insegnanti. Fondamentale l’educazione alimentare
Paola Emilia Cicerone 29 Maggio 2015Gestire una mensa scolastica efficiente e apprezzata da genitori e bambini non è facile. Specialmente in una grande città. Per questo colpiscono i successi ottenuti dalla Albert, una società di consulenza e controllo qualità che si occupa tra l’altro del servizio mense scolastiche del Comune di Roma, che serve circa 150 mila bambini. E che ha contribuito al successo di progetti importanti come Pappafish, che sarà presentato il 30 maggio a Milano presso Expo.
Un progetto nato da un bando realizzato dall’Assessorato alla Pesca della Regione Marche con il contributo della Comunità Europea, che è riuscito ad avvicinare al pesce dell’Adriatico i bambini delle scuole marchigiane. E a cui la Albert ha contribuito, in collaborazione con Eurofishmarket, sia per le attività tecniche che per quelle di educazione alimentare, coinvolgendo più di 20.000 alunni. “Abbiamo supervisionato a lungo il progetto e posso confermare che Pappafish funziona a tutti i livelli: l’abbiamo riscontrato verificando con i produttori, i genitori, gli insegnanti, i bambini e le istituzioni coinvolte”, spiega Valentina Tepedino di Eurofishmarket. “Siamo felici di promuovere questo progetto e ci siamo attivati per collaborare alla sua espansione in altre regioni e anche a livello europeo, avendo già ricevuto una lettera di merito da parte della Commissione”. “Ci ha colpito, in particolare, il fatto che, a differenza di altri progetti, i formatori vengano incentivati sulla base dei risultati ottenuti” prosegue Tepedino; a conferma che con la dovuta preparazione, insegnare ai bambini a mangiare bene è possibile. “I bimbi coinvolti hanno realizzato dei progetti meravigliosi all’interno delle proprie aule e in tutta la scuola, comunicando interesse e curiosità anche a tutti i visitatori. Inoltre, grazie a questo progetto molti giovani, figli di pescatori, si stanno interessando per evolvere la propria azienda”
Partendo da queste premesse abbiamo chiesto a Paolo Agostini, fondatore della Albert, di raccontarci il suo lavoro. Partendo proprio da Pappafish “Abbiamo organizzato un vero e proprio percorso di avvicinamento al mare, con giochi e laboratori con l’assistenza di una psicoterapeuta: per far conoscere ai bambini la vita del mare, i pescatori, fargli toccare il pesce, cucinarlo insieme a loro”, spiega Agostini. “Oggi si ha paura di quello che è naturale, i bambini preferiscono la frutta nel sacchettino di plastica a una mela da mordere, la verdura di quarta gamma. Ovviamente non è stato possibile organizzare laboratori in tutte le classi ma abbiamo visto che si crea un “contagio” positivo, i bambini si influenzano a vicenda. E oggi mangiano molto volentieri il pesce azzurro e altri prodotti dell’Adriatico come le triglie o le vongole. Apprezzandoli più del merluzzo, o del pesce surgelato che spesso ha un gusto troppo forte”.
– I risultati del progetto quindi sono positivi?
“In neanche due anni di attività abbiamo raddoppiato il numero di scuole iscritte, di studenti, di operatori impiegati nel produrre pesce italiano adatto alle scuole, e diminuito gli scarti di oltre il 50%. Se prima della sperimentazione circa mezza porzione di pesce – congelato – veniva buttata, con il prodotto fresco locale non ne restano che briciole. E quello delle Marche non è un caso isolato. Anche a Roma, dove non c’era la possibilità di approvvigionarsi di pescato di giornata, abbiamo ottenuto ottimi risultati col pesce fresco di allevamento, trote e spigole”
– Quindi, con i dovuti accorgimenti, educare i bambini a mangiare bene è possibile?
“Non è vero che i bambini mangiano solo pasta o pizza, però bisogna prepararli adeguatamente. E in realtà è più facile farlo a scuola che a casa, perché in famiglia il cibo diventa spesso uno strumento di ricatto: se sono arrabbiato con i genitori non mangio. Mentre a scuola un percorso didattico adeguato può aprire a nuovi sapori. Credo che il successo di questa attività si basi su tre principi: qualità degli alimenti, qualità della cucina e formazione.
– E oggi perché le mense scolastiche di Roma sono un modello studiato anche all’estero?
“Il nostro compito è quello di progettare i capitolati di appalto e effettuare i controlli di qualità. Abbiamo l’obiettivo di qualificare il prodotto, puntando sul biologico e sui prodotti Dop e Igp: mozzarelle di bufala, pecorino romano, ricotta romana, carne bovina, abbacchio romano, olio della Sabina. Ricordo però che le mense di Roma hanno una caratteristica particolare: in tutta la città ci sono 520 centri cottura, moltissime scuole hanno una loro cucina, alcune addirittura si autogestiscono rispettando le linee guida. Questo riduce la quantità di vivande che devono essere trasportate, e garantisce qualità della preparazione”.
– E siete riusciti a proporre alimenti di solito non graditi ai bambini, come il bollito.
“Avevamo deciso di valorizzare razze bovine locali a lento accrescimento – Chianina, Marchigiana, Romagnola – e c’era la necessità di acquistare bestie intere e quindi di utilizzare il quarto anteriore. Il bollito è stato proposto gradualmente, in alcuni casi sotto forma di polpette: non è stato facile ma i bambini hanno imparato a gustarlo, oggi la ricetta del bollito all’aceto balsamico è un successo, anche se gran parte del merito va al personale tecnico del Comune di Roma che ha elaborato le preparazioni”
– Ci sono dati sulla riduzione degli scarti?
“Il monitoraggio delle mense romane non è gestito da noi, ma posso sicuramente dire che gli scarti sono diminuiti. Perché i bambini apprezzano il cibo. Ma anche per un altro motivo. Per la prima volta sto vedendo bambini che portano a casa quello che avanza: è sicuramente positivo evitare gli sprechi – per questo abbiamo anche convenzioni con associazioni che si occupano di persone disagiate a- ma in molti casi si osservano dei segnali di disagio, da parte di bambini che non sono nutriti adeguatamente”.
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giornalista scientifica
Grazie di questo contributo che inoltrerò subito a chi potrebbe magari trarne spunto.