Il Comando Carabinieri dei Nas ha realizzato una campagna di controlli nelle mense scolastiche in oltre mille istituti di ogni ordine e grado. Sono stati visitati asili nido, scuole elementari, medie e anche istituti superiori, sia pubblici che privati. Nel corso dei controlli sono state evidenziate 341 irregolarità, pari al 31%, accertando 482 violazioni penali e amministrative per un totale di 240 mila euro in sanzioni. I problemi hanno riguardato la gestione degli alimenti, le condizioni d’igiene nei locali e anche la mancata rispondenza in qualità e quantità dei prodotti alimentari, rispetto ai requisiti stabiliti nei capitolati d’appalto. Nel corso delle operazioni è stata disposta la sospensione dell’attività e/o il sequestro di 9 cucine per rilevanti carenze igienico-sanitarie e strutturali, come la presenza diffusa di umidità e formazione di muffe e la cattiva conservazione degli alimenti, la mancanza di regolarità di impiego delle maestranze e di un’adeguata preparazione professionale. Sono state sequestrate oltre 700 kg di derrate alimentari (carni, formaggi, frutta, ortaggi e olio) per l’assenza di tracciabilità o perché trovati con una data di scadenza superata. Gli accertamenti dei Nas hanno rilevato l’impiego fraudolento di prodotti di minore qualità rispetto a quella pattuita nei contratti; Parmigiano DOP sostituito da altri formaggi, uova convenzionali anziché da agricoltura biologica e prodotti congelati al posto di quelli freschi.
“Il rapporto dei Nas – precisa Gabriella Iacono, Tecnologa alimentare, Food Innovation & Strategy Consultant – ha rilevato irregolarità in un terzo delle mense scolastiche anche se l’85% degli interventi ha riguardato aspetti sanzionatori amministrativi, come le carenze strutturali e impiantistiche dei locali, la mancata attuazione dell’autocontrollo, della tracciabilità e dell’indicazione della presenza di allergeni. Si può ipotizzare che elementi gravi come lo scongelamento e il ricongelamento di prodotti alimentari, la presenza di parassiti o l’utilizzo di magazzini e locali umidi o non adatti alla conservazione siano stati pochi. Certo che la decisione di chiudere nove cucine desta preoccupazione. Premesso che la sicurezza alimentare deve essere un prerequisito inderogabile, l’aspetto più grave secondo me riguarda le frodi in commercio rilevate in seguito all’inadempienza di pubbliche forniture, ovvero all’impiego di prodotti diversi, per qualità, quantità, origine e provenienza, da quelli indicati nel capitolato. In Italia nel luglio 2020 sono entrati in vigore i Cam (sigla che sta per Criteri ambientali minimi) per la ristorazione collettiva pubblica e l’acquisto di derrate alimentari da parte delle Pubbliche amministrazioni. Il documento indica come prezzo di riferimento per un singolo pasto servito nelle mense scolastiche un importo pari a 5,50 €.
Si tratta di un importo da usare per redigere le gare di appalto dei comuni, come prezzo a base d’asta. C’è di più, l’art. 95, comma 10-bis, del Codice degli appalti, prevede che nella scelta della società di ristorazione che deve gestire il servizio di ristorazione vengano attribuiti al massimo 30 punti all’offerta, mentre i restanti 70 punti siano riservati alla componente tecnica e ai progetti annessi per evitare che nell’assegnazione prevalga il criterio del minor prezzo. Un caso interessante è quello del Comune di Roma che per primo ha puntato sulla qualità fissando il prezzo a pasto a 5,50 euro, e aggiudicando la gara al miglior progetto. Altri grandi comuni che hanno seguito l’esempio romano sono Firenze e Torino. In altre parole i capitolati premiano le aziende che utilizzano più prodotti biologici, a km zero e filiera corta, con denominazione di origine (IGP, DOP, tipici tradizionali) e che prevedono di applicare altri requisiti di qualità premianti dai Cam”.
“Da un punto di vista legislativo – continua Iacono – gli elementi per selezionare adeguatamente le società che gestiscono le mense degli alunni e delle alunne nelle scuole ci sono tutti. Nonostante ciò alcune amministrazioni comunali finiscono per preferire le società che offrono un prezzo minore, su una base d’asta già non congrua, perché le mense scolastiche rappresentano comunque una spesa che viene coperta solo in parte dalle rette pagate dagli studenti. Per questo spesso si assiste all’assegnazione della gara ad aziende di piccole dimensioni, con strutture insufficienti e competenze non specifiche non equiparate al valore dell’appalto. La situazione si riscontra soprattutto nelle Regioni del Sud dove società di ristorazione locali di piccole dimensioni, gestiscono anche appalti di comuni con un numero di pasti importante. I problemi a questo punto sono i pochi controlli che fanno le amministrazioni comunali sui prodotti che effettivamente arrivano in mensa e sulle società che gestiscono il servizio”.
Ecco alcuni degli interventi più significativi dei Nas. Presso la mensa di una scuola paritaria di Bergamo, è stata riscontrata la presenza di alimenti non più idonei al consumo, come pasta fresca scaduta di validità e farine con termine minimo di conservazione oltrepassato da un anno. Nel corso di tre ulteriori controlli eseguiti presso altri plessi scolastici della provincia, sono state riscontrate, condizioni igieniche carenti, cibi scaduti per la preparazione dei pasti e la presenza di generi alimentari arbitrariamente congelati.
I Nas di Treviso hanno sequestrato 40 kg di prodotti alimentari congelati (carnei, ortofrutticoli e lattiero caseari), in parte scaduti di validità e in parte privi di tracciabilità e conservati in confezioni anonime, oltre a carenze igienico-sanitarie e strutturali dei locali. Per questo al gestore sono state comminate sanzioni pecuniarie per 3.500 euro. In provincia di Pavia nel corso del controllo svolto presso il centro di cottura di una scuola primaria, sono state rilevate gravi carenze strutturali consistenti nella presenza di infiltrazioni d’acqua, muffa, pannelli del soffitto divelti, nonché la mancata applicazione delle procedure di autocontrollo. Irrogate sanzioni per un totale di euro 3.000 e disposti interventi di ripristino dei locali.
Nella provincia di Sassari i controllori hanno rilevato che agli alunni venivano somministrati alimenti di qualità differente rispetto a quelli previsti dal contratto d’appalto, si trattava di merluzzo e prodotti carnei precotti congelati al posto di quelli freschi, e uova generiche invece che biologiche. All’interno di un liceo classico di Napoli sono state riscontrate pessime condizioni igieniche con riferimento alle attrezzature e agli ambienti di stoccaggio e somministrazione e sono stati sequestrati 50 kg di dolci privi di indicazione utili per la rintracciabilità. In un istituto comprensivo della provincia di Matera, è stato scoperto un servizio igienico adibito estemporaneamente a deposito di stoviglie e utensili da cucina. A Catania presso il laboratorio di produzione pasti del servizio di refezione scolastica per le scuole primarie e dell’infanzia, si è proceduto al sequestro di 17 kg di preparato alimentare privo di indicazione di provenienza, ed è stata rilevata la presenza di prodotti carnei decongelati senza controllo della temperatura.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Lavoro nelle mense da circa 14 anni di recente lavoro per un azienda dove sicuramente si è guardato il prezzo al ribasso
Lo dimostra il fatto che lavori con poche attrezzature spesso obsolete
mancano i DPI mancano i detersivi e cosa più grave i pagamenti al personale vengono posticipati di settimane…
Ottimo articolo. Spero facciano i controlli anche a Torino
Penso sarebbe giusto avere i nomi delle strutture controllate e di quelle risultate fuori legge.
È un segreto di stato?
I Nas non forniscono i nomi dei plessi scolastici interessati
I Nas non hanno diffuso queste informazioni.
Possibile che nessuno dei fruitori (nelle mense scolastiche mangiano anche gli insegnanti) si sia accorto di nulla e non abbia denunciato?
Per giudicare e individuare certe criticità bisogna far un’ispezione accurata in cucina e consultare i capitolati di appalto, cosa che non è proprio alla portata degli insegnanti
Buongiorno.
Ci sono altri Comuni che, forse prima di Roma, hanno optato per l’eliminazione del punteggio all’offerta economica. Sarebbe interessante un censimento dei casi virtuosi.
Oltre a ciò, affermare che i 5,50 € sono “un importo da usare per redigere le gare di appalto dei comuni, come prezzo a base d’asta” non risulta indicazione corretta; le stazioni appaltanti debbono infatti, nel rispetto del Codice dei contratti pubblici, realizzare un’idonea valutazione economico-finanziaria per decidere il più corretto valore da porre a base di gara per ogni singolo pasto. E oggigiorno il valore medio tende a superare di diversi punti percentuali i 5,50 €.
Cordialmente
Naturalmente è una semplificazione giornalistica. il DM del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 10 marzo 2020, Criteri ambientali minimi per il servizio di ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari (CAM), cita una sentenza del TAR LOMBARDIA del 2018 e del Consiglio di Stato che aveva ritenuto essere 5,50 euro il prezzo congruo a pasto per la refezione scolastica che prevedesse almeno il 50% di prodotti biologici. A questo prezzo, non soggetto a ribasso, si sono riferiti i Comuni di Roma nel 2021, Firenze e Torino nel 2022, e solo recentemente il Comune di Milano. Certamente il prezzo posto a base di gara di un servizio di ristorazione deve essere attentamente determinato e deve essere coerente con i servizi richiesti .