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McDonald'sNonostante le dichiarazioni di intenti assai bellicose di qualche settimana fa, anche McDonald’s si è rassegnato ad aderire almeno parzialmente alle richieste sempre più pressanti delle autorità sanitarie e dei pediatri statunitensi e ha annunciato un giro di vite sui pasti per bambini.

Il colosso del fast food ha infatti dichiarato che, a partire da settembre, dimezzerà la porzione di patatine fritte, inserirà frutta fresca e forse, in futuro, verdure fresche, e ridurrà di due terzi le porzioni di fette di mele ricoperte di sciroppo di caramello. Il cambiamento dovrebbe interessare tutti i ristoranti della catena nel mondo entro il 2012, mentre entro il 2015 è prevista una riduzione del sale del 15 per cento e per il 2020 un generale abbassamento di grassi saturi e zuccheri.

In questo modo, le calorie dovrebbero calare del 20 per cento e non superare quota 600, senza variazioni di prezzo. Gli sforzi, pur degni di nota, sono comunque ancora incompleti, dal momento che sul fatto di allegare gadget e regali (espressamente vietato da una legge apposita a San Francisco, e in discussione in molti altri stati), la chiusura è tuttora totale.

McDonald’s segue di qualche giorno 19 tra le principali catene di fast food americane riunite nella National Restaurant Association (NRA), che avevano già deciso di modificare i pasti dedicati ai più piccoli: Burger King, per esempio, toglierà dai menu per bambini patatine fritte e bibite zuccherate, lasciandole come opzione extra, e in generale tutti inseriranno più vegetali freschi, farine integrali, prodotti caseari a basso contenuto di grassi, proteine di carni magre, e terranno i menù bambini al di sotto delle 600 calorie.

Secondo rilevazioni effettuate da McDonald’s nei grandi parchi a tema per bambini, i genitori apprezzano la presenza di ingredienti più sani ma difendono i propri figli di fronte al disappunto per l’assenza di patatine fritte e bevande gassate, dimostrando così che il cambiamento, per essere accettato, deve essere graduale.

In realtà, però, secondo diversi studi, l’atteggiamento dei ristoranti – soprattutto di quelli di cibo a buon mercato e di veloce fornitura – è fondamentale nella guerra contro l’obesità, perché gli americani e non solo loro tendono sempre di più a mangiare fuori casa almeno una volta al giorno e non riescono ad avere un reale controllo sulle calorie e sulla qualità del cibo che assumono; sta quindi a chi fornisce gli alimenti non eccedere nelle calorie, dare più spazio a cibi più sani e far sì che il consumatore sia consapevole di ciò che sta acquistando.

In particolare, quest’ultimo fattore sembra avere un ruolo fin qui forse sottovalutato: il British Medical Journal pubblica infatti in questi giorni uno studio sulle modifiche del comportamento dei clienti di 11 catene di fast food della città di New York dal 2008, anno dell’introduzione dell’obbligo di riportare sul menu le calorie dei piatti, a oggi.

Controllando le scelte di circa 7.300 consumatori prima dell’introduzione della norma e di 8.500 consumatori dopo la sua entrata in vigore, gli autori hanno dimostrato che chi va da McDonald’s oggi sceglie pasti con 44 calorie in meno e che in altre catene il calo arriva a 80 calorie. L’indicazione calorica, oltre a stimolare scelte più razionali, sembra aver avuto anche un impatto sui menu, perché dal 2008 aggi sono andati via via aumentando quelli ipocalorici così come le presenze di ingredienti meno ingrassanti quali salse, maionesi e latte a basso contenuto di grassi.

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