Maxi sequestro di anabolizzanti: AmbroSia, l’associazione di imprenditori agroalimentari, accusa le istituzioni di essere sorde e di voler ignorare il problema
Maxi sequestro di anabolizzanti: AmbroSia, l’associazione di imprenditori agroalimentari, accusa le istituzioni di essere sorde e di voler ignorare il problema
Redazione 18 Giugno 2013Dopo la pubblicazione su Il Fatto Alimentare dell’articolo che denuncia la presenza sul mercato del 15% di capi bovini dopati e l’assordante silenzio di associazioni come Assocarni, riceviamo e pubblichiamo un secondo intervento (dopo quello di Copagri) da parte di AmbroSia, un’associazione di imprenditori del settore agroalimentare che aiuta a capire meglio la situazione.
In merito al “continuo silenzio assordante per questa vicenda da parte delle grandi associazioni e di molti addetti ai lavori che fanno finta di non conoscere il problema”, riferito al “Maxi sequestro di anabolizzanti per bovini e maiali“, in veste di responsabile della sicurezza e della qualità oggettiva delle produzioni AmbroSia, ritengo utile fare alcune precisazioni. AmbroSia, associazione di imprenditori del settore agroalimentare, da oltre un decennio, ha realizzato alcuni progetti riguardanti, appunto, le carni bovine e suine, identificandole con dei nomi di fantasia (Manzetto e Grufolino), e attraverso le loro caratteristiche nutrizionali oggettive, anticipando di oltre un decennio il Regolamento CE 1169/2011. Tale regolamento prevede che a partire dal 13 dicembre 2014 ed entro il 2016, tutti i prodotti alimentari, oltre alla loro rintracciabilità, devono essere supportati da un’etichetta nutrizionale.
Il nostro modello operativo ci dispensa largamente dai problemi giustamente sollevati da Il Fatto Alimentare, al quale va tutta la nostra riconoscenza per l’opera meritoria che sta svolgendo nell’interesse dell’informazione ai fini della tutela della salute dei consumatori.
La cultura criminale della sofisticazione e dell’adulterazione degli alimenti, non appartiene al retaggio di AmbroSia. Ed ecco il motivo per il quale le nostre produzioni sono identificate con nomi di fantasia, per essere distinte da quelle simili anonime e, quindi, facilmente adulterabili.
Per noi non esiste un altro modello produttivo agroalimentare che non sia quello della trasparenza e della qualità oggettiva delle produzioni. Ecco il motivo per il quale come “… addetti ai lavori abbiamo fatto finta di non conoscere il problema” delle adulterazioni in agricoltura. Anche perché siamo stanchi di farlo presente, inascoltati, da oltre un ventennio alle varie istituzioni responsabili del settore (Ministero alla Salute, all’Agricoltura, all’Ambiente, e relativi Assessorati della Regione Veneto, nonché associazioni di consumatori, organizzazioni professionali agricole), le cui risposte sono state solamente quelle di attivare ed incentivare le certificazioni.
Un modello produttivo che ha saputo creare solamente truffe di cui siamo, purtroppo, testimoni quasi giornalieri. Gli scandali riguardanti le produzioni Dop, Igp, biologiche, per finire alla Mozzarella Campana Dop, di cui ultimamente se n’è fatto carico Santoro con la sua trasmissione Servizio Pubblico, non dovrebbero lasciarci indifferenti e, come consumatori, dovremmo affidarci ad alimenti con caratteristiche oggettive e con una rintracciabilità. L’interrogativo posto da Il Fatto Alimentare del perché le grandi associazioni stanno in silenzio, forse non è così poi tanto difficile intuirne le motivazioni.
Benito Mantovani ( Associazione AmbroSia)
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Siamo il paese più ingolfato da leggi che prevedono e regolamentano di tutto e di più. Non sarà proprio per questo che poi moltissime di queste leggi vengono eluse per il semplice fatto che lo stato non mette in campo un numero adeguato e specializzato di persone per far si che dette leggi vengano osservate? E’ inutile legiferare se poi nessun o effettua i controlli al fine di far rispettare le leggi che regolamentano le diverse materie. Ogni giorno apprendiamo di sempre nuove frodi sia nel campo alimentare (che poi è quello più delicato) che in quasi tutto ciò che riguarda sia la produzione nazionale che le materie d’importazione. Che fine faremo se si continuerà di questo passo? Perchè le leggi non prevedono il divieto assoluto, per chi delingue, di poter intraprendere ancora lo stesso lavoro o similari? Cosa aspettiamo? Che ci avvelenino tutti?