Young woman craving a tasty burger .

junk foodTra gli alimenti che le madri di bambini e adolescenti dovrebbero limitare molto, se non evitare del tutto, ci sono gli ultraprocessati, cioè i cibi e le bevande industriali ricchi in sale, zuccheri, grassi e additivi e dallo scarso valore nutrizionale, perché se invece ne consumano regolarmente, le conseguenze possono ricadere sui figli, che potrebbero diventare più facilmente obesi. Per motivi ancora non chiari, sembra infatti che le pessime abitudini alimentari delle madri durante i primi mesi e anni di vita dei propri figli abbia conseguenze di questo tipo.
L’associazione tra consumo di junk food e ultraprocessati delle madri e peso dei figli – che per il momento non dimostra l’esistenza di un nesso causale – è emersa in uno studio che ha preso in considerazione poco meno di 20.000 bambini nati da circa 15.000 madri che avevano preso parte a due grandi studi di popolazione condotti su popolazioni diverse, ma con la stessa impostazione e, quindi, anche raccolta dei dati. Il primo, chiamato Nurses’ Health Study II, evoluzione di un altro conclusosi negli anni scorsi, incentrato sulla salute della donna, ha coinvolto oltre 116.000 infermiere statunitensi di età compresa tra i e 25 i 42 anni reclutate nel 1989, delle quali erano state registrate le abitudini alimentari fino dal 1991.

Il secondo, dedicato a infanzia e adolescenza e chiamato Growing Up Today Study, anch’esso in due declinazioni successive (GUTS I e II), era iniziato nel 1996 e aveva coinvolto poco meno di 17.000 tra bambini e ragazzi di età compresa tra gli 8 e 15 anni, che erano poi stati monitorati per quanto riguarda le condizioni di salute e la crescita, nonché le abitudini alimentari, ogni anno tra il 1997 e il 2001 e poi una volta ogni due anni. Nel 2004, oltre 10.000 bambini nati dalle infermiere dello studio NHS sono entrati a far parte del GUTS, e sono stati poi controllati nel 2006, nel 2008 e nel 2011, e tutto ciò ha permesso di studiare numerosi aspetti del rapporto tra madri e figli.

junk food
I figli delle donne che mangiano peggio sono a maggiore rischio di obesità

Innanzitutto, per cercare di limitare possibili errori, gli autori, medici e ricercatori delle Università e degli Ospedali dell’area di Boston e di San Paolo del Brasile, hanno introdotto una serie di fattori correttivi relativi per esempio al fumo, all’attività fisica, all’età, al livello di istruzione e alla tipologia di nucleo famigliare, oltreché al consumo di junk food da parte dei figli. Quindi hanno fatto i calcoli. Come riportato sul British Medical Journal, in quattro anni (dal 2006 al 2011) oltre 2.700 bambini e ragazzi, pari al 12% circa del totale, sono diventati obesi. Analizzando le abitudini materne, si è poi visto che i figli delle donne che mangiavano peggio erano a maggiore rischio di obesità, con un aumento del 26% tra i figli delle donne che consumavano in media 12,1 porzioni di ultraprocessati al giorno, rispetto ai figli delle donne che ne consumavano solo 3,4. In un’analisi secondaria, incentrata sulla dieta in gravidanza di 2.790 madri e 2.929 figli, è poi emerso che l’alimentazione dei tre mesi precedenti il parto non è collegata al peso dei figli. Ciò che risulta, al di là dei limiti di questo tipo di indagini, e in attesa di comprendere meglio i motivi di tale associazione, è un legame chiaro e lineare, che merita di essere valutato meglio, anche per fornire alle madri linee guida nette, in questo senso, e finalizzate a prevenire il sovrappeso e l’obesità dei figli.

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Calogero
Calogero
24 Ottobre 2022 16:25

Si tratta di uno studio condotto sulla popolazione anglosassone (la più obesa al mondo appunto).

gianni
gianni
24 Ottobre 2022 22:58

Articolo su un argomento molto interessante, vero e proprio fondamento culturale che tutte le persone più o meno giovani propense alla procreazione dovrebbero conoscere e approfondire.

Bisognerebbe distinguere le due fasi della “responsabilità”, totale nel periodo precedente il parto e durante l’allattamento naturale e diversamente il periodo dello svezzamento e dopo; nel primo caso il nascituro è completamente dipendente dalla madre per il materiale che riceve nello sviluppo, nel secondo caso i genitori potrebbero teoricamente comportarsi male per se stessi ma esentare la prole dai comportamenti squilibrati….molto difficile ma non impossibile.
Più facilmente il bambino assorbirà comportamenti e abitudini dei genitori ecc.ecc.

Un importante tassello di informazione è dato dalla “Ipotesi di Barker” che assegna alle madri dal comportamento, diciamo, poco equilibrato in periodi anche precedenti il concepimento una grande responsabilità su tutta una serie di patologie che potrebbero colpire i figli in creescita e anche successivamente.
Sulla stessa falsariga c’è “Origins. How the nine months before birth shape the rest of our life” che è stato trasformato in I nove mesi decisivi (Tecniche Nuove Edizioni, 2012).

Altri, molto più informati, magari diranno che ci sono difetti nelle conclusioni di questi testi e che scarseggiano le evidenze, tra l’altro lo studio citato sui tre mesi prima del parto contraddice un punto importante ma varrebbe la pena di indagare su numeri un pò più consistenti e sull’intero periodo dei nove mesi almeno prima di derubricarne l’importanza.
Invece per fare un esempio comprensibile prendiamo il consumo anche modesto di alcool della madre e alcune patologie che si verificano con discreta probabilità nel nascituro, su questo non credo ci siano dubbi.
L’aspetto invece meno fosco è che l’ipotesi di Barker soffre del tempo in cui nasce e attribuisce al DNA una responsabilità sui mali in un periodo lungo tutta la vita mentre invece lo sviluppo successivo delle conoscenze dell’epigenetica ci danno una buona dose di fiducia sulla possibilità di migliorare il nostro profilo attraverso comportamenti virtuosi.

Claudia
Claudia
8 Novembre 2022 11:45

….”Per motivi ancora non chiari, sembra infatti che le pessime abitudini alimentari delle madri durante i primi mesi e anni di vita dei propri figli abbia conseguenze di questo tipo”….
Non capisco dove sia la Non Chiarezza di questa correlazione! ma esiste o non esiste l’ambiente obesogeno ?
A volte resto basita….