Mangiare enormi quantità di cibo mentre si interagisce con il proprio pubblico: in questo consiste il fenomeno del mukbang. Diventato popolare in Corea del Sud nel 2009, il mukbang – dal coreano mokta (mangiare) e bangsong (trasmettere) – si è diffuso nei Paesi occidentali intorno al 2014, ma è quest’estate che è arrivato agli onori della cronaca dopo che una ragazza cinese di 24 anni è morta in diretta streaming mentre stava partecipando a una maratona alimentare di dieci ore. Questi eventi a suon di cibo diventano video che su Tik Tok, Instagram e YouTube ricevono migliaia di visualizzazioni, tanto che le abbuffate live sono diventate un vero e proprio fenomeno di massa.
In un articolo del Time del 2014, Park Seo-yeon – una delle più famose foodblogger coreana soprannominata “The Diva” – dichiarò di guadagnare circa 9000 dollari al mese donati dai suoi fan attraverso una valuta digitale poi convertita in denaro. Secondo Park due fattori trainanti della tendenza sono la solitudine della vita urbana e l’ossessione per il cibo: “Molti dei miei spettatori sono a dieta e vedermi mangiare dà loro un brivido del proibito”. Interessante è notare come la patria di questo fenomeno sia la stessa che vede nella magrezza uno standard di bellezza e che vuole i corpi, in particolare quelli femminili, esili e sottili.
Rischi per gli spettatori
Se in un primo momento sono i mukbanger a destare più preoccupazione per le condotte alimentari, anche chi guarda i loro video può incorrere in alcune gravi conseguenze. Diversi studi hanno infatti dimostrato che tra i possibili rischi c’è l’aumento del consumo di cibo a causa di un atteggiamento di mimetismo, lo sviluppo di disturbi alimentari e la sensazione di compensazione sociale con conseguente ulteriore isolamento. Inoltre, sembra che gli stessi criteri utilizzati per riscontrare dipendenze dal gioco d’azzardo siano applicabili anche nel caso del mukbang watching, che potrebbe rappresentare un’attività online che può trasformarsi in una vera e propria dipendenza comportamentale con ripercussioni sulla salute mentale, fisica e psicosociale.
E le food challenge?
Vere e proprie sfide sono invece le food challenge. Nel panorama italiano è diventata famosa Chiara Mangiatutto, una giovane donna siciliana che viene invitata nei ristoranti per battere record come quello del chilo di pasta in 30 minuti. In giro per l’Italia sono oramai numerosi i locali dove poter mettere alla prova il proprio stomaco con in palio dei premi come buoni regalo. A Napoli, per esempio, c’è un panificio – Gli Artisti del Pane – che organizza la challenge della parigina che consiste nel mangiare un’intera teglia di gateau di patate in mezz’ora, gara che ha visto vincere anche Chiara Mangiatutto. Un altro personaggio conosciuto sul web è il veneto Thomas Hungry, che lo scorso dicembre si è cimentato in una sfida limite: ingerire 50.000 kcal in 50 ore. Il video che lo vede mangiare cinque pasti composti da cibi ultracalorici e ultraprocessati ha a oggi quasi 700.000 visualizzazioni.
Un Paese dove le sfide di cibo sono una tradizione sono gli Stati Uniti. La Major League Eating è un’organizzazione che supervisiona le competizioni alimentari e gli speciali televisivi tra cui la Nathan’s Famous Fourth of July International Hot Dog, la sfida di hot dog che si tiene ogni 4 luglio in un ristorante di Coney Island (New York), trasmessa su un canale sportivo internazionale americano. Il campione maschile in carica ha mangiato 58 panini, mentre la campionessa 51.
Oltre lo spettacolo, il parere della nutrizionista
Che si tratti di mukbang o di food challenge quello che rimane invariato è la quantità sproporzionata di cibo che si decide di ingurgitare. Per i mukbanger e per i vari Thomas Hungry o Chiara Mangiatutto l’alimento perde il suo valore nutrizionale e diventa un mezzo per raggiungere limiti cattura clic che cerimoniano l’idea dell’eccesso fine a se stesso, che nulla ha a che vedere con il piacere dello sgarro. Potrebbe sembrare pura retorica, ma in un mondo in cui la sicurezza alimentare è un problema reale l’assunzione di un numero sproporzionato di calorie si dimostra essere una spietata assurdità.
Guardiamo qualche dato: in Italia nel 2023 oltre 1.780.000 persone sono state sostenute dal Banco Alimentare; nello stesso anno oltre 733 milioni di persone hanno sofferto la fame nel mondo. Chi mangia un chilo di pasta in mezz’ora non toglie il pane di bocca a nessuno, ma evidenzia le contraddizioni di una società incapace di affrontare il problema dell’accesso al cibo per tutti, ma capace di rendere le abbuffate fuor di misura uno spettacolo redditizio.
Al netto di questi paradossi, chiediamo a Stefania Ruggeri, ricercatrice e nutrizionista del CREA – Alimenti e Nutrizione, quali possono essere i pericoli da un punto di vista psicofisico per chi si cimenta in queste maratone e per chi le guarda.
Compensare?
Mangiare poco e prevalentemente verdura concentrando l’assunzione calorica in occasione di food challenge o maratone alimentari può far raggiungere una sorta di equilibrio?
Assolutamente no. Dobbiamo ricordarci, infatti, che gli alimenti hanno un significato che va oltre il loro contenuto in calorie perché i nutrienti e composti bioattivi in essi contenuti hanno un effetto potente sul nostro organismo, agendo su vie metaboliche, sui geni e quindi sulla nostra salute. Nelle nostre vite quotidiane, se abbiamo mangiato un po’ troppo e in modo non proprio sano, può essere utile il giorno dopo mangiare meno e cibi più salutari, come frutta e verdura; questo discorso non vale per le challenge. Chi fa maratone alimentari sottopone l’organismo a stress metabolici fortissimi e non recupera certamente questo tipo di stress con giorni di digiuno e di cibi vegetali.
Il fisico
Lo stomaco è un organo molto elastico capace di espandersi al fine di contenere una gran quantità di cibo. Ma cosa significa per l’organismo ingerire 50.000 kcal in 48 ore?
È una sfida folle. I danni non sono subito visibili perché il nostro organismo è adattabilissimo e cerca in qualche modo di accogliere gli stress a cui lo si sottopone per caso (per esempio: l’arrivo di una carestia) o volontariamente (vedi le challenge), ma poi ne paga le conseguenze. Queste mangiate pantagrueliche provocano un altissimo stress ossidativo e quindi nel tempo portano a scompensi nelle attività di ormoni come l’insulina e il cortisolo. Squilibri fisiologici, fisici che attaccano anche la psiche.
Perché il cibo equivale sempre di più all’idea di abbondanza?
Perché il cibo è diventato oramai bene di consumo. Spesso non importa la sua qualità ma la quantità: ne compriamo tanto, riempiamo i carrelli di cibi a basso costo perché per la maggior parte delle persone mangiare tanto equivale a mangiare bene, a sentirsi “ricchi”. Siamo invece ricchi se scegliamo bene, con cura, se mangiamo in modo adeguato rispettando davvero le nostre necessità. Siamo una società sovralimentata e perciò affetta da sovrappeso e obesità. Noi italiani abbiamo però la nostra dieta mediterranea che si basa sul principio della frugalità: mangiare quello di cui abbiamo davvero bisogno, dare valore al cibo, considerarlo un bene prezioso.
I social
Grazie ai social e a YouTube, l’ingozzarsi a favore di telecamera è diventato una fonte di guadagno. Cosa è diventato oggi il cibo?
Lo scopo di queste persone che si ingozzano di cibo è stupire a tutti i costi, fare cose disgustose per diventare famose. È molto triste vedere che oggi il cibo che è un bene prezioso, direi preziosissimo, frutto del lavoro e della cura di molte persone, è diventato un bene di consumo e svilito completamente dai suoi più profondi significati.
Secondo lei, quale rischio corre chi si cimenta in maratone alimentari e chi guarda questi video?
Il rischio più grande di chi si cimenta in queste maratone è stressare il proprio organismo e sottoporlo a rischio di malattie fisiche e soprattutto psichiche. Chi guarda con assiduità food challenge o video simili perderà il significato più bello che ha il cibo: essere connessione tra gli esseri umani e la Natura.
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Una volta nei paesi si prendeva il più “sconnesso” dicendogli…se mangi un kg di questo o quello offriamo noi. Il poveretto accettava anche perché la fame c’era. Il problema è che ora si credono intelligenti. Tutto questo fa’ e faceva malissimo. Ma era per spiegare che questi… scienziati non hanno scoperto niente ❗
Concordo. Nulla di nuovo se non il fatto che queste cose fanno anche guadagnare con i social. Una volta la gente andava alla Corrida.
Ma alla nascita, nel kit di montaggio, hanno dimenticato di inserire il cervello? Come può una persona di medio buon senso accettare e sottoporsi all’ingozzamento? Non credo che ci voglia una legge, o corsi universitari, per spiegare cosa vuol dire essere sazi, strasazi, ingolfati. E gli assurdi personaggi che si dedicano a queste eroiche imprese hanno anche un sacco di ammiratori? Ma come ci siamo ridotti?
Ha perfettamente ragione. Il problema non è la Intelligenza Artificiale, è la stupidità naturale… Se poi queste persone facessero male solo a sé stesse, pace, ma in TV o andando a giro si vede che questa stupidità si traduce in fatti reali (vandalismi, violenza, guida fuori regole ecc) che possono danneggiare chiunque. La vita come un eterno videogioco