Erano 62 gli esperti di varie discipline coinvolti e hanno impiegato tre anni e mezzo per vagliare oltre 500 mila studi usciti nella letteratura scientifica negli ultimi anni, ma alla fine ce l’hanno fatta: i medici canadesi hanno redatto le nuove Linee guida per l’obesità dell’adulto (e, separatamente, per il bambino), aggiornando le precedenti, che risalivano al 2007. Si tratta di un documento per certi aspetti rivoluzionario, perché considera l’obesità non solo come una condizione correlata al peso con l’unico obiettivo di perdere chili, ma come una malattia cronica complessa. È quindi un problema da affrontare in tutte le sue sfaccettature, dalle cause biologiche alle conseguenze patologiche, dalle possibili terapie fino allo stigma che la accompagna.
Il documento, che contiene 80 diverse raccomandazioni, è stato pubblicato sul Canadian Medical Association Journal in forma sintetica ed è presente nella sua interezza sul sito dell’associazione no profit Obesity Canada, che ha collaborato alla stesura e che da anni porta avanti i diritti delle persone obese.
Molti i temi affrontati in 19 capitoli, a partire da cosa, dal punto di vista biologico, induce il fenomeno dell’obesità oltre all’introduzione di più calorie, ma anche da una severa analisi di quanto fatto negli ultimi anni e dei risultati conseguiti: quasi nulli, se è vero che il tasso di obesità continua ad aumentare (oggi è obeso un canadese su quattro). Il documento focalizza l’attenzione su cosa bisogna fare. Limitarsi a dire di mangiare meno e muoversi di più, da questo punto di vista, è quasi sempre controproducente, perché le persone obese non lo fanno quasi mai, oppure solo per brevi periodi, e questo scatena una frustrazione che induce a mangiare ancora di più.
Per questo è fondamentale capire le cause psicologiche che spingono le persone a mangiare troppo e aiutarle, tramite professionisti, a convivere con lo stigma sociale che accompagna la loro condizione. Stigma sul quale, manco a dirlo, è altrettanto urgente agire, iniziando da campagne di sensibilizzazione ed educazione dei medici e degli operatori sanitari, che devono adottare un approccio corretto e pensare ad aiutare la persona obesa, più che a colpevolizzarla e diffondere una considerazione diversa nella popolazione generale.
Un compito cruciale è quello dei chirurghi, che hanno avuto un ruolo centrale anche nell’elaborazione delle linee guida. Quando ci sono le giuste condizioni, uno dei diversi tipi di intervento oggi disponibili va preso in considerazione, perché può essere di grande beneficio. In alternativa, ci sono farmaci che aiutano e vanno valutati caso per caso.
In definitiva, l’invito è di considerare l’obesità come si farebbe con una delle patologie croniche con un approccio olistico che prenda in carico tutta la persona, per dare la giusta rilevanza agli aspetti psicologici e impostare i progetti terapeutici come se si dovessero portare avanti per tutta la vita. Qualora non fosse così, e la persona obesa guarisse, si farà sempre in tempo a modificare i piani terapeutici. In realtà l’obesità fa molti danni, che quasi sempre comportano conseguenze anche quando si perde peso, e la persona obesa, attuale o ex, deve essere seguita quasi sempre per tutta la vita.
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Giornalista scientifica
Non mi sorprende, viviamo in un’epoca in cui si cercano sempre di sminuire gli errori umani, e guai a puntare il dito o ad additare colpe senza troppi giri di parole, senza addolcire la pillola…