Se non ci saranno intoppi, presto sarà possibile leggere l’etichetta e capire se vitelli, polli e maiali hanno vissuto in modo “felice” oppure se sono cresciuti ammassati in ambienti poco confortevoli. Qualcuno ritiene queste informazioni poco importanti, ma una grossa fetta di consumatori europei non la pensa così. Le indagini dell’Eurobarometro confermano il crescente interesse verso le condizioni di vita degli animali che finiscono sulle nostre tavole. Un parere simile è stato espresso recentemente dal ministro spagnolo dell’Ambiente rurale e marino Elena Espinosa, favorevole all’elaborazione di un’etichetta sul benessere animale. Anche il comunicato stampa di fine febbraio 2010 del Consiglio europeo dell’agricoltura lascia aperta la possibilità di un’etichetta volontaria sulle condizioni di allevamento. Il progetto ha un suo fondamento perché da qualche anno esiste nell’ambito europeo il gruppo Welfare Quality che si occupa del benessere degli animali, composto da 44 organismi di ricerca di 13 Paesi europei e 4 dell’America latina. Il gruppo ha redatto un protocollo per valutare la situazione degli allevamenti basandosi su parametri rilevati osservando gli animali.
«Il protocollo – spiega Paolo Ferrari del CRPA di Reggio Emilia membro del gruppo che ha esaminato i polli da carne – è basato su un sistema di valutazione a punti, che prende in considerazione da 30 a 50 elementi. Gli ispettori non considerano il sistema di allevamento ma la forma fisica degli animali, lo stato di nutrizione, le condizioni igieniche e il comfort. Si valuta anche la libertà di movimento per capire se sono “felici”, e se hanno un comportamento normale. Detto così il compito sembra difficile, ma in realtà esistono segnali precisi per capire se una mucca sta bene nel proprio recinto, o se un maialino è rissoso perché vive in condizioni di affollamento e di stress».
Il primo dei quattro principi ispiratori del protocollo riguarda la nutrizione, ovvero la regolarità dei pasti e la possibilità di bere liberamente.
Al secondo posto troviamo le condizioni di riposo, la temperatura ambiente e la libertà di movimento. Un aspetto importante è la verifica di eventuali lesioni agli arti o altri tipi di ferite causate da fattori esterni o da scontri tra animali. L’ultimo fattore è il comportamento che può essere normale oppure troppo aggressivo. C’è pure una scheda per valutare l’assenza di sofferenze durante la macellazione.
Anche se non si fanno analisi di laboratorio gli esperti ritengono sufficiente un controllo scrupoloso come quello definito nei protocolli, per classificare un allevamento secondo le categoria predefinite : eccellente, superiore, accettabile oppure non classificato. La nuova classificazione si ispira alla filosofia dell’agricoltura biologica. L’assenza di chimica non determina mutamenti evidenti di sapore, ma infonde fiducia perché i consumatori hanno la sensazione di rispettare la natura e gli animali. Quando sapremo che l’arrosto di maiale proviene da un animale “felice”, non cambierà il sapore della pietanza, ma accetteremo meglio il sacrificio.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.