Da quando è esploso il Covid, la scienza e gli scienziati sono al centro dell’attenzione. La ricerca, però, non si fa solo nei laboratori, ma anche grazie alla partecipazione dei cittadini. Un esperimento di citizen science (scienza dei cittadini) è previsto dal progetto europeo INCREASE, nato per salvaguardare e diffondere la diversità delle varietà di legumi alimentari.
I legumi sono alimenti importanti sia per la ricchezza nutrizionale che per la sostenibilità: contengono proteine, minerali e vitamine e sono in grado di arricchire in azoto i terreni dove sono coltivati. Per questo, i disciplinari dell’agricoltura biologica, che non consentono l’uso di fertilizzanti di sintesi, prevedono la coltivazione di legumi in rotazione con le altre colture.
Le varietà note di legumi sono migliaia, ma attualmente se ne utilizza una piccola parte. Questo è vero soprattutto per l’agricoltura praticata su larga scala, quella che rifornisce l’industria alimentare e che deve garantire prodotti con caratteristiche costanti. Per far sì che le varietà non utilizzate non scompaiano, i semi vengono conservati, in condizioni controllate, nelle banche del germoplasma. Conservarli ‘in cassaforte’, però, non è sufficiente, così è nato questo progetto, che prevede due diversi approcci: in laboratorio e in campo, grazie alla collaborazione dei cittadini europei.
Ne abbiamo parlato con il coordinatore Roberto Papa, professore di genetica agraria all’Università Politecnica delle Marche. “Il progetto prevede il sequenziamento genetico e lo studio degli aspetti nutrizionali di migliaia di varietà di legumi: ceci, lenticchie, fagioli e lupini. – Spiega Papa – Oltre alla ricerca portata avanti in laboratorio, ci sembra fondamentale creare contatti stretti con le realtà coinvolte nell’utilizzo dei legumi, come aziende agricole e sementiere, industrie e istituti tecnici agrari, che potrebbero sviluppare le varietà più interessanti. Inoltre, dato che i semi conservati nelle banche del germoplasma sono isolati dall’ambiente naturale, abbiamo pensato di coinvolgere i cittadini europei per ‘disperdere’ una parte di queste varietà nell’ambiente e favorire l’aumento dell’agrobiodiversità.”
Di biodiversità se ne parla spesso, ma è forse il caso di fermarci un attimo a riflettere sul suo significato. Il termine è di solito usato per indicare il numero di specie diverse presenti in un certo ecosistema (per esempio un lago, un prato o una pineta), ed è noto che un sistema formato da esseri viventi più diversificati è più ‘sano’ e più facilmente può far fronte a cambiamenti ambientali.
È un concetto che si applica agli ambienti naturali, e un qualsiasi campo coltivato, come gran parte degli ambienti antropizzati, non è mai molto ricco di biodiversità, perché le tecniche agricole mirano a ridurre gli infestanti siano essi vegetali o animali, come gli insetti. Anche in questo ambito, però, numerose esperienze dimostrano che la diversità è un valore e in questi casi si parla di agrobiodiversità. Se per esempio una varietà di mais viene attaccata da un parassita contro il quale non sono disponibili difese, potremmo ricorrere a una varietà simile che sia resistente, magari producendo degli ibridi. L’agricoltura ‘intensiva’ però tende a semplificare l’ecosistema fino alla monocoltura e a selezionare in modo sempre più spinto le varietà più produttive di un’unica o pochissime colture, rendendo il sistema agricolo più fragile e vulnerabile, particolarmente oggi, con l’aggravarsi della crisi climatica planetaria.
Cosa possiamo fare? Nell’ambito del progetto INCREASE, ognuno di noi può ricevere i semi di sei fra circa mille varietà tradizionali di fagioli che potrà coltivare in campo, in giardino o in balcone. Per partecipare è sufficiente scaricare l’app ‘Increase CSA’ e ordinare i fagioli, poi seminarli seguendo le istruzioni e documentare le varie fasi di crescita, tramite foto che vengono inviate ai ricercatori coinvolti nel progetto, per essere analizzate. Se non abbiamo esperienza non è un problema, il lavoro di monitoraggio, infatti, si può svolgere secondo tre diversi livelli, a seconda delle competenze di ognuno: principiante, mediamente esperto o esperto.
“Il coinvolgimento dei cittadini è molto importante. – Fa notare Papa – Innanzitutto ci permette di studiare aspetti della qualità e della produttività in un modo forse meno preciso di quanto avviene nei campi sperimentali, però potrà realizzarsi in moltissimi ambienti e condizioni diverse. In secondo luogo, i cittadini sono invitati a conservare i semi prodotti dalle loro piante, cucinarli e provare ricette diverse, seminarli di nuovo e successivamente scambiarli con altri cittadini, creando una rete per conservare e valorizzare l’agrobiodiversità. INCREASE, infatti, si propone di realizzare un prototipo di conservazione decentralizzata della biodiversità che possa affiancare i sistemi tradizionali basati sulle sole banche del germoplasma. Speriamo anche nella partecipazione di piccoli agricoltori che magari riusciranno ad apprezzare e diffondere nuove varietà.”
“Infine, coltivare i fagioli permette di riavvicinarsi ad alimenti preziosi ma trascurati quali sono i legumi. – Dice l’esperto – Fino a settant’anni fa avevano un ruolo importante nella nostra alimentazione, poi il consumo è crollato e solo da pochi anni si nota una ripresa. Questi alimenti sono molto apprezzabili sia per gli aspetti nutrizionali che per la sostenibilità della coltura e dobbiamo ricordare che sono uno dei pilastri della dieta mediterranea, tanto che Margaret e Ancel Keys, fondatori della dieta mediterranea, hanno scritto The benevolent bean, una raccolta di ricette di legumi.”
Molti di noi pensano di non saper cucinare i legumi, in realtà spesso il problema è un altro: “Parlando come consumatore, ho l’impressione che i legumi secchi venduti al dettaglio siano spesso di qualità piuttosto scarsa. – Dice Papa – Non di rado sono vecchi (le confezioni non riportano la data di raccolta) e così può capitare che richiedano lunghissimi tempi di cottura e comunque rimangano duri, oppure che si spappolino. Sarebbe necessario valorizzare produzioni di qualità, per questo è molto importante l’educazione agroalimentare e anche per questo la scienza dei cittadini è fondamentale.”
Un’ultima raccomandazione: per scaricare l’app Increase CSA ed essere inseriti in questa tranche dell’esperimento c’è tempo fino al 15 marzo.
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Giornalista pubblicista, laureata in Scienze biologiche e in Scienze naturali. Dopo la laurea, ha collaborato per alcuni anni con l’Università di Bologna e con il CNR, per ricerche nell’ambito dell’ecologia marina. Dal 1990 al 2017 si è occupata della stesura di testi parascolastici di argomento chimico-biologico per Alpha Test. Ha collaborato per diversi anni con il Corriere della Sera. Dal 2016 collabora con Il Fatto Alimentare. Da sempre interessata ai temi legati ad ambiente e sostenibilità, da alcuni anni si occupa in particolare di alimentazione: dalle etichette alle filiere produttive, agli aspetti nutrizionali.