In Italia l’uso degli antibiotici è eccessivo rispetto ad altri paesi dell’Unione europea. Si assumono spesso per periodi di tempo troppo lunghi nonché per situazioni, come l’influenza o altre malattie respiratorie virali in cui non possono esercitare alcun effetto terapeutico. I consumi sono importanti non solo a livello umano, ma anche negli allevamenti intensivi di animali e, in particolare, per il pollame. Il risultato è che gli antibiotici si ritrovano poi nell’ambiente: nel terreno, nelle acque di falda e nelle fogne. Quanti più antibiotici si utilizzano, tanto è più facile che i batteri si attrezzino per opporsi all’azione battericida. In alcuni casi metabolizzano l’antibiotico, in altri organizzano le membrane in modo tale da evitare che gli antibiotici si possano agganciare ed esercitare il loro effetto. Tutto ciò ha destato preoccupazione perché proprio a causa dell’instaurarsi della resistenza, gli antibiotici perdono la loro attività e circolano già soprattutto negli ospedali microbi patogeni che sono multiresistenti e quindi insensibili alla maggioranza degli antibiotici disponibili. Il fenomeno è tanto più preoccupante se si considera che le industrie farmaceutiche hanno sospeso la ricerca su nuovi antibiotici, proprio per l’abbondanza di prodotti. Recentemente, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato un allarme per fare in modo che venga ripresa la ricerca su nuovi antibiotici.
Silvio Garattini