Nell’immaginario collettivo l’Alto Adige è un paradiso incontaminato in cui basta allungare una mano per cogliere una mela e addentarla senza pensieri. Non sembra proprio essere così. A distruggere l’idilliaca rappresentazione è stato l’Umweltinstitut, l’Istituto indipendente per l’ambiente di Monaco, che a fine gennaio ha diffuso i dati sui pesticidi utilizzati in Val Venosta. Secondo l’analisi, nel 2017, sui meleti della valle sono state irrorate fino a nove sostanze chimiche diverse al giorno. Inoltre non c’è stato un solo giorno durante la stagione di crescita, tra marzo e settembre, senza irrorazioni.
Gli esperti dell’Umweltinstitut hanno analizzato i registri aziendali, privati fino ad oggi, di 681 frutticoltori della Val Venosta e il quadro che ne emerge è ben diverso da quanto lasciato intendere ai consumatori. Le mele, spesso pubblicizzate come rispettose dell’ambiente perché coltivate in modo “sostenibile”, o attraverso una “agricoltura integrata”, sono invece massicciamente trattate con sostanze di sintesi.
La diffusione della chimica
In quasi un quarto dei trattamenti sono stati impiegati principi attivi considerati particolarmente dannosi per gli insetti benefici. I pesticidi più comunemente usati, come il penconazolo, il fluazinam (qui un interessante approfondimento) e il fosmet sono considerati «presumibilmente dannosi per la riproduzione». Mentre il bupirimato e il captan sono considerati «presumibilmente cancerogeni». Il glifosato, che è classificato come “probabile cancerogeno” dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, è stato il quinto agente più comune tra le applicazioni della stagione. Senza considerare l’effetto cocktail, cioè il trattamento simultaneo con più pesticidi, di cui si ignorano gli effetti.
Inoltre questo tipo di erogazione crea delle grandi nuvole di aerosol chimici che il vento può spingere oltre i rispettivi campi, contaminando i boschi e le montagne circostanti, e rendendo difficile per le aziende agricole biologiche mantenere le proprie coltivazioni prive di pesticidi da agricoltura convenzionale.
Secondo gli ambientalisti questi dati possono essere considerati rappresentativi di tutto il comparto (qui avevamo parlato del confinante Trentino), e dalla loro analisi si scopre che i pesticidi erano impiegati non solo per controllare i parassiti, le infestazioni fungine o le erbacce, ma anche per motivi estetici. Infatti, per le mele gli attributi di dimensione, colore e danni estetici sono importanti, più che per qualsiasi altro settore merceologico. I coltivatori puntano il dito verso i commercianti che pretendono frutti privi di difetti, ma i venditori al dettaglio incolpano i consumatori finali. Un circolo di responsabilità da cui non si riesce ad uscire e che non è più sostenibile. Precisiamo che al supermercato arrivano dei frutti che rispettano i limiti di residui di pesticidi stabiliti dalla legge.
Pubblico o privato?
L’aspetto forse più inquietante dell’intera vicenda è che i dati sui trattamenti antiparassitari sono di pubblico dominio solo per caso. Infatti, seppur gli agricoltori dell’UE siano tenuti a registrare l’uso dei pesticidi per eventuali controlli in loco, non esiste un censimento di questi dati a livello centrale dalle autorità, né tantomeno una valutazione o l’accesso al pubblico.
Ma nel 2017 più di 1300 coltivatori di mele altoatesini, guidati dal consigliere regionale Arnold Schuler, avevano sporto denuncia contro l’allora consulente agricolo dell’Umweltinstitut, Karl Bär, per una campagna mediatica in cui l’istituto aveva richiamato l’attenzione sull’elevato uso di pesticidi nella produzione di mele in Alto Adige. La Procura di Bolzano aveva quindi avviato un’indagine contro gli attivisti, principalmente per diffamazione. Il processo si è concluso nel 2022 con l’assoluzione di Bär, lasciando all’Umweltinstitut l’accesso agli atti, tra cui i registri delle irrorazioni aziendali di 681 frutticoltori.
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Giornalista, redattrice de Il Fatto Alimentare, con un master in Storia e Cultura dell’Alimentazione
Grazie, ma almeno si è verificato la salubrità del prodotto finale?
n.b io sapevo che anche gli agricoltori bio usano pesticidi…
Il problema sta nel consumatore che non ne vuole sapere di mangiare la frutta non perfetta. La ruggine sulla buccia ,la pezzatura troppo piccola, qualche attacco di botrite(muffa), alla fine il consumatore sceglie quella perfetta che viene da paesi terzi che non hanno le restrizioni come noi.
Credo che dobbiamo accordarci tra produttori e consumatori per fare si che i primi non abbandonino la coltivazione della mela perché non più remunerativa e i secondi avere una frutta più sana possibile.
In agricoltura bio non si possono usare pesticidi. Si possono utilizzare taluni antiparassitari ed antimicotici che:
1) non entrano nel sistema linfatico della pianta, cioè la pianta non li assorbe e quindi non li ritrovi nella frutta
2) sono generalmente ben tollerati nelle quantità giuste dall’ambiente
L’esempio classico è il verderame, tanto caro ai nostri nonni, che fa un lavoro egregio se si utilizza con parsimonia.
In merito alla salubrità, è tutto molto dubbio. Sebbene, come si scrive nell’articolo, le quantità finali dei singoli medicinali siano sotto i limiti di legge, nulla si può dire su quello che può accadere quando si assumono tutti assieme, ed è proprio qui che le ricerche più recenti dovrebbero dire qualcosa a breve
Antiparassitario è sinonimo di pesticida , basta che cerchi la tabella di federBio e vedrai un elenco di antiinsetti o fungicidi, che sono prodotti chimici . Infatti il verderame (o anche il fosfato ferrico o fosfato di diammonio ecc.) deriva da un minerale e quindi un prodotto chimico, prodotto da un azienda chimica. Tra l’altro il rame è un metallo pesante che inquina il suolo (non cononosco gli effetti del verderame..speriamo che sia meno dannoso). L’agricoltura convenzionale oltre ai prodotti chimici utilizza prodotti di sintesi, ovvero creati appositamente allo scopo in laboratorio.
Dire che , come si sente al bar , nell’agricoltura biologica non si utilizzano prodotti chimici o pesticidi è un errore. Basterebbe dire che si utilizzano prodotti chimici avendo l’obbiettivo di impattare il meno possibile sull’ambiente.
nel biologico i pesticidi di sintesi sono VIETATI… si possono usare solo quelli naturali, ovvero biodegradabili e non pericolosi per la salute…
stiamo parlado dei pericolosi prodotti chimici di sintesi… che avvelenano la biosfera e non si degradano, bioaccumulandosi nelle catene alimentari e nel corpo umano… che nel Biologico sono ovviamente vietati…
Tutto usato con parsimonia non reca danno. Ed il verderame usato a temperature inferiori a 12 °C è fitotossico
il verderame è superato da tempo
abbiamo rameici a bassi dosaggi che funzionano benissimo per le malattie fungine e no creano danni.
Grazie x l informazione, fatela girare ,informate la gente.
Consumo solo mele biologiche, per la quale nutro totale fiducia.
Il consumatore finale ha la sua parte- rilevante-di responsabilità
In giardino ho diversi alberi da frutto, ebbene non sono mai riuscito a mangiare un frutto privo di ospite!
… In compenso asssicuro che il gusto di questi frutti è IMPAREGGIABILE.
Vecchio detto delle mie parti. Quello che non è buono per il verme non è buono nemmeno per me.
Buongiorno io mangio molte mele ma con questo che ho letto, adesso che lo so comprerò meno mele.
Tutta la frutta e verdura viene trattata
Perché non vietare certi insetticidi a livello europeo? Io ero un consumatore assiduo da qualche anno mi sono ridimensionato per questi pesticidi
Perché quelli pericolosi per davvero sono già vietati.
Mah, una trattamento al giorno!
Alora non gli resta in mano nulla visto che prendono se va bene 32 centesimi al kg!
“nente vidi, nente sacciu, i fatti mia me facciu”… sembra essere questo il motto dei vari ministri dell’ambiente, o della transizione ecologica che dir si voglia, della salute e delle politiche agricole. l’argomento qui trattato, a parer mio, rappresenta un’altra goccia del vasto mare di problematiche ambientali che ancora non sono considerate e affrontate in maniera seria, per segnare una svolta nella gestione delle attività umane sul nostro pianeta. una metafora che fotografa il momento attuale è quella di un’auto che corre al buio sempre più veloce.
Salve, io frequento l’alto Adige da quasi 40 anni e questo purtroppo è cosa nota. Basta girare per le valli che hanno le coltivazioni di mele e noterete delle nuvole di pesticidi che vengono irrorate quotidianamente. Ci volevano questi di Monaco per farlo sapere…..
Allora anche le mele del Trentino sono piene di pesticidi?
tutte le mele sono piene di pesticidi, così come l’uva del Veneto (evviva il Prosecco…!), le pere dell’Emilia Romagna, il mais francese, etc… etc…
Le coltivazioni intensive si basano sulle rese elevate, e per avere rese elevate aumenti la densità delle piante. Con tante piante in poco spazio basta un focolaio di qualsiasi agente patogeno per creare danni economici incalcolabili. Quindi bisogna andarci giù con i farmaci, che a loro volta creano resistenza e quindi servono nuovi e più farmaci, in un circolo vizioso in cui le multinazionali del farmaco guadagnano a piene mani a spese della salute dei consumatori.
No. I residui di fitosanitari sulle mele solo ampiamente entro i limiti consentiti perché chi li usa rispetta le regole (massime dosi per ettaro, tempi di carenza, ecc.)
Cari produttori di mele vi auguro buona “frutta “…
Un articolo del genere può essere stato scritto solo da una persona che non vede cosa è successo negli ultimi 20anni nel mondo…. Probabilmente troppo impegnata ad andare in vacanza….. Sarei curiosio di vedere le abitudini nel fare la spesa al super mercato di chi scrive sti articoli…. Facile additare colpe, provate voi a vivere di sola agricoltura.
Gentilissimo Enrico, non vedo cosa c’entrino le mie ferie con quanto scritto nell’articolo. Fino ad oggi anche io ho vissuto su questo pianeta e oltretutto, per metà della mia vita proprio nella Regione di cui ho scritto. Nell’articolo non si vuole crocefiggere nessuno, tanto meno il lavoro degli agricoltori che apprezziamo e sappiamo essere essenziale per tutti noi. Le criticità nel settore però ci sono e non vanno ignorate. Proprio grazie a una corretta informazione ai consumatori e a una nuova e proficua comunicazione tra tutti gli attori della filiera, si possono apportare i miglioramenti di cui tutti (persone, ambiente e animali) abbiamo forte necessità.
Grazie per le informazioni che ci date, nell’interesse di tutti. Speriamo che i produttori usino meno pesticidi e ci avvelenino di meno.
Per una corretta informazione sarebbe più giusto togliere la frase “rendendo difficile per le aziende agricole biologiche mantenere le proprie coltivazioni prive di pesticidi” , visto che si sente dire in giro che nel biologico non si usano pesticidi, e come lei sa non è vero. Rimane comunque il problema più grosso che è quello per gli abitanti , più che per il frutto in se, visto che per essere commercializzato deve sottostare a norme che impongono residui minimi (che sia bio o no). Comunque io già da un pò boicotto le mele che provengono da quelle aziende (anche se non sempre è facile risalire alla provenienza); lo stesso problema riguarda anche la zona del prosecco.
Gentilissimo, ho aggiunto nel testo la precisazione che si tratta di pesticidi da agricoltura convenzionale. Sono d’accordo con lei, infatti l’agricoltura e gli altri settori devono avere un approccio a 360 gradi e puntare a una sostenibilità che non riguardi solo il prodotto finale, che può anche risultare privo di pesticidi, ma occorre tener conto anche dell’ambiente e della salute delle persone che in quell’ambiente vivono o lavorano.
legga il mio commento inviato all’articolo… il biologico subisce le contaminazioni dei pesticidi sintetici e non li usa… per cui è vittima… mentre gli agricoltori convenzionali non potrebbero contaminare quelli biologici (tribunale di pistoia 2011) e i Sindaci dovrebbero vietare tutti i pesticidi sintetici in qanto anacronistici… il biologico funziona benissimo e l’attività economica non può prevalere sulla salute… in questo caso non è nemmeno economica, in quanto i biologici giadagnano di più—
Va bene. Spieghi, per favore, quali sono le regole a cui deve sottostare chi è autorizzato, dopo specifico esame valutativo, ad irrorare prodotti fitosanitari e quanti siano, in percentuale ed in numeri assoluti, i prodotti con LMR superati.
Poi, se ha tempo, vada sul sito di ISTAT e ci faccia sapere le quantità di prodotti utilizzati dall’agricoltura tradizionale e dall’agricoltura biologica, per curiosità
Io devo dire di essere un po’ delusa, mi aspettavo che una testata come la vostra spendesse un po’ più tempo ad approfondire le notizie invece di fare articoli click bait e senza nessun fondamento scientifico come questo.
Perché vengono usati molti principi attivi diversi tra loro? Per non andare a creare resistenza nei fitofagi o nei patogeni che si vogliono combattere. Perché utilizziamo i fitofarmaci? Banalmente per raccogliere qualcosa e non farsi mangiare il 70% del prodotto dagli insetti e il restante 25% dalle malattie. I disciplinari di produzione integrata vengono scritti per coniugare la difesa delle piante (e quindi la produzione alimentare) e la salvaguardia ambientale. Gli agrofarmaci vanno usati rispettando posologia e tempi di carenza, quello che rimane sulla buccia è una parte di prodotto che è stata giudicata sicura dagli enti europei. Da quello che scrivete sembra che gli agricoltori ci vogliano avvelenare! E chi gliele compra le mele poi? È un articolo un po’ sull’onda del “NON CIELO DICONOOO!!!11!1” mentre di solito interpellate anche i produttori per poter aggiungere complessità e approfondire i concetti. Non me lo aspettavo da voi.
Concordo con Giulia, dall’articolo sembrerebbe che ciascuna mela della Val Venosta sia più velenosa di quella addentata da Biancaneve!
L’uso dei fitofarmaci è necessario per ottenere produttività e senza di quella un’azienda agricola non si sostiene. Inoltre i fitofarmaci sono costosi e gli agricoltori non hanno certo convenienza ad usarne più del necessario.
Oltretutto gli agricoltori si devono confrontare con le normative e gli standard che la grande distribuzione richiede, non possono certo mettere sul mercato prodotti non a norma.
Sempre su queste pagine abbiamo letto che il 90% degli ortofutticoli sul mercato non hanno tracce di fitofarmaci e quelli presenti sono al disotto dei limiti ammessi.
Come disse il Prof. Celli di Entomologia Agraria dell’Università di Bologna, possiamo coltivare senza fitofarmaci e rischiare di morire di fame a 40 anni, oppure utilizzarli e rischiare di morire di tumore a 80 anni.
Il territorio viene spacciato come paradiso con un’abilità davvero notevole tanto da risultare tale sotto ogni aspetto o quasi nell’immaginario collettivo, mentre la realtà è molto diversa, purtroppo, come ben sa chi ci vive e non ha interessi nell’agricoltura.
Mi casca il mondo sentire che anche i nostri “tedeschi” dell’Alto Adige, che noi italiani consideriamo molto piu’ bravi e rispettosi delle regole tanto che ben volentieri utilizziamo le mele della val Venosta, credendole piu’ sicure nei riguardi dei trattamenti con anticrittogamici, rispetto a quelle provenienti da altre parti del paese, sono alla fin fine come tutti gli altri coltivatori di altre zone. Peccato, era una illusione.
Va dato merito alla societa’ tedesca che ha fatto e poi pubblicato i dati delle analisi.
Articolo ben fatto e molto chiaro. Il compito del fatto alimentare è quello di riportare i fatti e gli studi di enti terzi, non di certo di farne umo studio sociologico.
Premesso questo, ognuno raccoglie ciò che semina! Se per gli agricoltori è importante solo guadagnare è normale che saranno sempre schiavi delle regole altrui. Immettere un alimento salubre sul mercato è una vera e propria missione, che potrebbe non renderti ricco fuori ma sicuramente ricco dentro. È solo una questione di scelta. Basta con questo vittimismo!
Utilissimo
Articolo molto utile, alla faccia di “una mela al giorno”…, purtroppo io ho l’abitudine di una mela a pranzo.
Sinceramente, a me non interessa la mela bella ma che non abbia il marcio di mezzo (cosa che capita nelle mele che prendo dal mio fruttivendolo di fiducia siciliano qui in Veneto, che ha le sue coltivazioni, addirittura sono belle fuori ma il “marcetto” in mezzo, che comunque stranamente non ne inificia il resto del prodotto).
Il problema è che anch’io a volte prendo le mele al super, sapere che c’è questa inondazione di pesticidi è allarmante.
Mi chiedo però, se il lavaggio (io lascio per poco tempo in ammollo in acqua…) con Amuchina possa comunque diminuire l’impatto di tali prodotti chimici sul frutto, o se la penetrazione raggiunge la polpa.
Lavare la frutta non serve a nulla, se non a eliminare qualche residuo di polvere, la maggior parte dei fitofarmaci impiegati ha effetto sistemico, cioè penetra nei tessuti della pianta e raggiunge anche le parti che non erano ancora sviluppate al momento del trattamento. Tutte le analisi per la ricerca di residui sui prodotti alimentari vengono fatti sull’intera parte edibile, non sulla sola buccia. E comunque, quello che non rimane sulla pianta, finisce nel suolo, nell’acqua e nell’aria, che difficilmente potrai risanare con l’amuchina. Buona giornata
Credo che oggigiorno nessuno mangi piu’ le mele con la buccia, per quanto possa lavarle e disinfettarle,
e sicuramente il pesticida entra, seppur in minima parte, all’interno del prodotto.
Non in minima parte. Nel caso dei prodotti sistemici, che sono la maggior parte di quelli impiegati in frutticoltura, l’effetto è dovuto proprio alla penetrazione del principio attivo nei tessuti vegetali. Inoltre gran parte dei vegetali freschi non vengono nemmeno sbucciati, pensate a fragole, uva, e a tutta la verdura come pomodori, insalate, ecc. Ribadisco per chi non conosce il settore che tutte le analisi per ricerca di fitofarmaci negli alimenti vengono fatte sull’intero alimento, non sulla parte esterna. Quindi se risulta un residuo, anche entro i limiti di legge, è determinato sull’intero alimento, solitamente in milligrammi di principio attivo per kilogrammo di alimento. Poi andrebbe aggiunto che vengono ricercati solo i principi attivi, cioè le sostanze che danno l’effetto principale del fitofarmaco, e non le decine di altre sostanze coformulanti che non sono certo inerti e benefiche (adesivanti, tensioattivi, emulsionanti, sinergizzanti, ecc.). Buona giornata
Commento di Giuseppe Altieri, Agroecologo
Le soluzioni disponibili dal 2007 per eliminare i pesticidi facendo guadagnare gli agricoltori…
Il 20% delle mele della Val Venosta provengono oggi da agricoltura biologica e, pertanto, subiscono la contaminazione da parte di quelle coltivate nell’Inferno chimico adiacente…
Ma il diritto degli agricoltori biologici è l’assenza di derive chimiche verso i propri frutteti, come sancito nel 2011 dal tribunale di Pistoia (tolleranza zero residui chimici).
Mentre invece, ancora oggi, agli agricoltori biologici, vittime delle contaminazioni, è imposto di rinunciare a una parte del raccolto biologico lungo i confini, causa contaminazioni chimiche da derive, con evidente profilo di illegittimità visto che non dev’essere la vittima a pagare i danni subiti, bensì l’autore del reato.
I produttori che usano pesticidi chimici dovrebbero mantenere almeno 300 metri di fascia di rispetto in cui “sperimentare” anche loro, visto che funzionano molto bene, le tecniche di difesa biologica… con notevoli vantaggi anche economici oltre che sanitari e ambientali.
Per cui, visto che le mele biologiche vengono ormai prodotte su una larga parte della superficie con risultati tecnici evidenti ed economici migliori di quelle “integrate nella chimica”, in primis devono essere i Sindaci a imporre il divieto dei pesticidi sintetici, in quanto il diritto alla salute prevale su quello economico (Art. 41, 32, 9, 44 3 comma 2 et al. Costituzione).
In questo caso addirittura si somma un doppio beneficio per gli agricoltori, considerando che i pagamenti agro-ambientali previsti per l’agricoltura biologica devono per legge compensare tutti impancati ricavi (40% di riduzione potenziale della produzione, anche se spesso gli agricoltori sono più bravi e la produzione cala meno, a parità di prezzi), i maggiori costi più un 20% per le spese di transazione al biologico (burocrazie) + un 30% in caso di azione collettiva di “bio-territorio”… Come quella indotta da un Sindaco che dichiari tutto il territorio comunale esente da pesticidi sintetici
… cosa aspettano i Sindaci a fare il loro Dovere?
Inoltre,
Agli agricoltori vengono rimborsate le spese di certificazione biologica (enti di certificazione) e coperte quelle di assistenza tecnica (all’80%). E con altre misure agro-cliamatico-ambientali è possibile pagare il ripristino di siepi, le colture da sovesci e fiorigene per attrarre biodiversità e impollinatori, mettere le reti contro la Carpocapsa… e tutto ciò contribuisca a incrementare l’humus dei terreni ed eliminare sostanze chimiche attraverso applicazioni Agroecologiche…
Se facciamo i calcoli dei crediti di Carbonio e li certifichiamo gli agricoltori biologici ottengono anche pagamenti dal protocollo di Kyoto, provenienti dalle industrie inquinanti… e magari anche dagli agricoltori che usano chimica…
Gli agricoltori biologici possono inoltre assicurare le loro produzioni attraverso consorzi mutualistici che ottengono polizze agevolate fino al 70-80% coperte da contributi del PSN Rurale, seguendo ovviamente buone pratiche Agroeco-biologiche e la difesa biologica
…
Insomma, abbiamo tutto a disposizione dalla politica europea… cosa aspettiamo a vietare i pesticidi sintetici ?
con 10 miliardi all’anno potremmo sostenere la riconversione completa di tutta l’agricoltura italiana… risparmiando almeno 30 miliardi di spese sanitarie per malattie degenerative con-causate dai pesticidi di sintesi, molte delle quali mortali… recuperando la fertilità dei terrei… e quella Umana, compromessa in gran parte dai pesticidi.
È preoccupante questo uso massiccio di pesticidi, ma quello che vorrei capire è quando le mele arrivano sulle nostre tavole i pesticidi sono ancora presenti e quindi dannosi per la salute umana ?
tutti i prodotti in vendita soddisfano i requisiti di legge, per cui i residui di pesticidi, dove presenti, sono sotto i limiti fissati dalla normativa.
Adesso si che sono tranquillo perché è risaputo che nell’organismo umano è impossibile che si creino processi di accumulo , vero ?