Ragazza dell'adolescente che beve latte della prima colazione

Da alcuni decenni c’è una tendenza in atto, visibile soprattutto nei paesi occidentali: quella ad abbandonare, parzialmente o del tutto, il latte vaccino e i suoi derivati. Nonostante sia uno degli alimenti più completi, e nonostante in Europa il settore assicuri il 12% dei ricavi di tutta l’agricoltura, la sua popolarità è in calo costante. Come mai? Quali sono le motivazioni della disaffezione? E che cosa si può fare per rimediare? Alle domande risponde un articolo del sito Food Navigator, che inizia con qualche numero.

La fuga dei consumatori dal latte

Secondo un recente sondaggio del Department for Environment, Food & Rural Affairs (DEFRA) inglese, nel Regno Unito, dal 1974 a oggi il consumo pro capite di latte è dimezzato. Qualcosa di molto simile è stato fotografato dallo US Department of Agriculture statunitense, secondo il quale, tra il 1970 e il 2019, il consumo pro capite è passato da 0,96 a 0,49 cups al giorno, pari a 227 e 115 millilitri, rispettivamente. La tendenza sembra dunque innegabile, e diffusa.

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Molte persone rinunciano al latte vaccino e lo sostituiscono con quelli vegetali

Morte precoce per lattazione

Per quanto riguarda le cause, ai primi posti ci sono quelle relative al benessere animale, verso il quale l’attenzione, negli ultimi anni, è costantemente cresciuta. Secondo un sondaggio della società internazionale Mintel, il 57% dei consumatori è preoccupato, in particolare, per il trattamento degli animali nel settore lattiero, mentre secondo la Commissione Europea l’84% dei cittadini ritiene che il benessere di tutti gli animali allevati dovrebbe essere significativamente aumentato.

Food Navigator ha chiesto un commento a Olga Kikou, direttrice di Compassion in World Farming Europe, che ha spiegato: “Il benessere animale dipende da tre variabili: il benessere fisico, quello mentale e il contesto. Negli allevamenti di vacche da latte, questi elementi sono compromessi, a causa del confinamento in ambienti chiusi e angusti, con pavimenti in cemento, e dello stress generato dalla separazione precoce delle vacche dai loro vitelli. Se la durata media della vita di una vacca è attorno ai vent’anni, per quelle da latte in allevamento intensivo si riduce a non più di cinque-sei”.

Le direttive europee

La questione è nota tanto che l’Unione Europa ha emanato apposite direttive, per quanto riguarda il latte biologico, che obbligano gli allevatori a garantire l’accesso ai pascoli alle bovine nella stagione estiva, a fornire mangimi con crusca (molto benefica per l’ intestino) e in generale a migliorare le condizioni di allevamento e di prelievo del latte. Inoltre, associazioni no profit come la britannica Soil Association forniscono certificazioni specifiche. Per  ottenerle è vietato esportare vitelli di meno di un mese di età, e vendere vitelli con meno di 12 settimane, a meno che non siano insieme alla madre.

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L’Unione Europea, con i suoi 20 milioni di capi, è tra i massimi produttori mondiali di latte

Il latte “virtuoso”

Molti allevatori comunque hanno a cuore il benessere delle proprie vacche, anche perché sanno che se l’animale è contento, anche loro ottengono vantaggi. Esistono realtà più o meno grandi, fattorie o aziende che stanno sperimentando da anni modelli alternativi rispetto a quelli impostati solo sull’esasperazione della produzione. Food Navigator cita, per esempio, la Old Hall Farm di Norfolk, in Inghilterra, che ha attribuito al benessere animale la priorità assoluta. Per arrivare al suo MooFriendly Milk (letteralmente: il latte amico delle mucche), racconta la responsabile Rebecca Mayhew, l’accesso ai pascoli è consentito tutti i giorni, se il tempo lo permette. Quando non è così, le vacche stanno al chiuso in spazi ampi, e riposano su paglia e non su cemento. I loro mangimi sono compositi, e costituiti non solo da erba, ma anche da legumi ricchi di fibre e da piante differenti.

Ciò assicura una salute complessivamente migliore, grazie anche a un microbiota più efficiente, e un livello di soddisfazione degli animali evidente. Il primo parto, poi, è tra i 2,5 e i 3 anni di vita, cioè quando l’animale è adulto, e ogni lattazione dura circa 18 mesi. Il che significa che ogni bovina partorisce solo ogni 18-24 mesi, anziché ogni 12, come avviene negli allevamenti intensivi, e che ha il tempo di recuperare. Il risultato è che le vacche trattate così vivono più a lungo di quelle allevate in modo intensivo: talvolta arrivano anche a 14 anni. E questo, tra le altre cose, conferma che trattarle bene è un ottimo affare.

Come agire

L’Unione Europea, con i suoi 20 milioni di capi, è tra i massimi produttori mondiali di latte. Per preservare quello che è anche un patrimonio economico e culturale, secondo Kikou si dovrebbe intervenire proprio sul benessere. Per esempio, si dovrebbero vietare i recinti individuali e lasciare i vitelli con le madri o, se non è possibile, obbligare a tenerli almeno in coppie. Si dovrebbe poi agire sull’accesso al pascolo, che dovrebbe essere obbligatorio per non meno di 120 giorni all’anno. Inoltre, si dovrebbero vietare gli incroci finalizzati solo a rese spinte al massimo e, al contrario, si dovrebbero promuovere le ibridazioni finalizzate ad avere animali che producano meno latte, ma che abbiano meno problemi di salute, e che traggano le calorie necessarie anche dai pascoli.

L’EFSA ha dato indicazioni in questo senso nel 2023, prevedendo, per esempio, uno spazio minimo di nove metri quadrati per animale, ma la Commissione Europea non ha ancora provveduto a emanare le relative direttive, demandando la questione alla prossima Commissione, che dovrà anche cercare di armonizzare le normative molto diverse esistenti nei paesi membri.

Le preoccupazioni ambientali

Un altro motivo che sempre più spesso allontana i consumatori dal latte di vacca e dai formaggi sono gli impatti ambientali associati all’allevamento intensivo di vacche da latte, di poco inferiore a quello delle bovine da carne. Molte persone, desiderando ridurre l’impatto della propria dieta sull’ambiente, rinunciano al latte vaccino e lo sostituiscono con quelli vegetali, molto più poveri dal punto di vista nutrizionale, ma anche meno dannosi per il clima. Anche da questo punto di vista, stanno aumentando le fattorie che applicano sistemi come le rotazioni delle colture, le barriere vegetali tra un campo e l’altro, che servono agli uccelli, agli insetti impollinatori e agli altri animali e rallentano l’azione del vento, la rigenerazione dei terreni, il mantenimento di zone non coltivate e così via, per cercare di ridurre le conseguenze dell’allevamento. Ma molto resta da fare.

Infine, per alcuni la motivazione è legata alla necessità o al desiderio di assumere meno grassi saturi o trans, evidenziata anche dall’OMS, che invita a sostituire il latte vaccino, in parte, con altri alimenti. Ma il latte e i suoi derivati, secondo la maggior parte delle linee guida nutrizionali, restano una fonte preziosa di calcio, proteine, sali minerali, e dovrebbero far parte di una dieta sana e bilanciata (senza eccedere).

© Riproduzione riservata. Foto: Depositphotos

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luigiR
luigiR
22 Aprile 2024 13:48

l’articolo vorrebbe quasi dare l’idea di un mondo agricolo in netto cambiamento rispetto a quello molto problematico di cui si parla per le proprie responsabilità nei cambiamenti climatici, ma magari sono trasformazioni in atto più di nicchia. io non consumo più latte vaccino da una ventina d’anni, perché m’ero accorto di esserne intollerante, sostituendolo con yogurt bianco bio. in seguito ho conosciuto le tesi del dr Franco Berrino, per cui ho ampliato le conoscenze a sfavore del consumo di latte per gli adulti.

Alberto
Alberto
Reply to  luigiR
23 Aprile 2024 00:16

Io invece consumo non meno di un litro di latte al giorno, a partire dalla colazione, quando bevo due abbondanti tazzone di caffé e latte con biscotti, fette biscottate con burro, miele e/o marmellata o torta fatta in casa. Proseguo poi la mia giornata con un paio di bicchieri di latte fresco di frigo e chiudo la mia cena con un altro bicchiere di latte ed un biscotto, per finire in bellezza con qualcosa di dolce. Non ho mai bevuto superalcolici in vita mia, ma adoro il latte e non lo abbandonerei mai, nemmeno se me lo ordinasse il medico. Il latte disseta, é delizioso e lo consiglio a tutti! E se mai si smettesse di venderlo, piuttosto mi comprerei una mucca da latte tutta per me!

maria luisa gariboldi
maria luisa gariboldi
Reply to  Alberto
2 Maggio 2024 13:26

Non arrivo ad un litro al giorno, ma sono “drogata” di latte, specialmente la mattina. E poi yogurt, panna, mascarpone, ricotta, mozzarella… in compenso, non mangio carne e insaccati più di una volta al mese

Sandra Stone
Sandra Stone
23 Aprile 2024 08:48

Provengo dal mondo contadino, un mondo gretto e sbagliato, tutto è proiettato all’uso ed al profitto, al contadino importa poco degli animali, dall’età di 9 anni ho smesso di mangiare animali per la violenza riservata alle bestie di allevamento. Allo stato attuale il mondo contadino è in mano alle multinazionali e alle lobby. Ora ho quasi 70 anni e sono felice che anche i supermercati hanno delle corsie riservate al biologico ed alimentazione vegana, ma sara’ difficile il cambio di rotta dell’agricoltura

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