Da tempo si discute sull’utilizzo degli “oli vegetali” nell’industria alimentare, miscele che hanno sostituito da tempo i “grassi cattivi” di origine animali in moltissimi prodotti, dalle merendine ai crackers, dai prodotti da forno agli snack, in quanto più ricchi di grassi polinsaturi. Alcuni oli vegetali contengono però una quantità di grassi saturi che potrebbe favorire, l’incremento della quota di colesterolo plasmatico. Il problema riguarda soprattutto l’olio di palma e di cocco utilizzati spesso nelle generiche “miscele” di oli vegetali che, pur avendo una quota maggiore di grassi saturi, sono impiegati per la loro capacità di conferire fragranza e morbidezza ai prodotti.
La questione interessa anche il latte in polvere per lattanti e quello di proseguimento che riportano la dicitura “oli vegetali” al secondo o al terzo posto nella lista degli ingredienti. È lecito chiedersi se questa composizione del latte sia quella più vantaggiosa per un bambino durante i primi mesi di vita.
Olio di palma nel latte in polvere
Abbiamo contattato le aziende più conosciute e maggiormente presenti sugli scaffali dei supermercati, quali Nipiol, Mellin, Plasmon, Milupa che si sono mostrate molto disponibili. Tutte hanno confermato la presenza di olio di palma e di cocco nelle miscele utilizzate, sempre nel rispetto della normativa molto restrittiva e rigorosa (decreto n. 82, 9 aprile 2009 che recepisce la direttiva europea 2006/141/CE.) sui prodotti destinati alla prima infanzia.
Nestlé Italia non ha fornito notizie sulla miscela di oli utilizzata, precisando che i loro prodotti rispondono alle specifiche di legge. Ma perché utilizzare queste miscele nella composizione di un alimento che “dovrebbe” sostituire il latte materno?
Il parere del pediatra
Abbiamo chiesto a Carlo Agostoni, docente di Pediatria dell’Università degli Studi di Milano e direttore della clinica pediatrica dell’IRCCS Policlinico di Milano un parere. Premesso che le formule per lattanti (nati a termine e prematuri) tendono a replicare la composizione del latte materno, numerosi studi scientifici condotti sulla composizione del latte umano hanno dimostrato che la frazione lipidica è molto importante per la crescita, la salute e lo sviluppo infantile. L’altro elemento è che la composizione peculiare è complessa e mostra estrema variabilità individuale e temporale nel corso della lattazione.
La presenza nel latte materno di un’elevata quantità di acidi grassi polinsaturi, in particolare a lunga catena, come il DHA (acido docosaesaenoico importantissimo per lo sviluppo neurocomportamentale del bambino, e di acido palmitico, un grasso saturo che costituisce il 25% del totale) hanno portato le aziende a riconsiderare l’apporto lipidico, nell’intento di creare un profilo assimilabile il più possibile a quello del latte materno (maggiore assorbimento, migliore sviluppo funzionale degli organi con una forte componente lipidica come ad esempio il cervello).
Nonostante l’elevata presenza della frazione satura e di colesterolo nel latte materno, il risultato nei bambini allattati al seno sembra essere una minore predisposizione verso le condizioni metaboliche associate alle malattie cardiovascolari, all’obesità infantile, all’ipercolesterolemia (vantaggi non riscontrabili in soggetti allattati con latte in polvere o latte formulato).
Latte materno e latte in polvere
È bene precisare che la biodisponibilità e gli effetti metabolici di molte sostanze nutritive presenti nel latte in polvere o formulato possono differire notevolmente rispetto al latte materno. Per questo motivo le somiglianze in termini di composizione tra gli alimenti per lattanti e latte umano non consentono di trarre conclusioni per quanto riguarda la loro sicurezza e l’idoneità per l’alimentazione infantile. È necessaria una valutazione attenta, basata su riscontri fisiologici, biochimici e funzionali, che tenga bene in considerazione gli effetti funzionali più che la semplice somiglianza della composizione.
Da un più attento studio sui trigliceridi presenti nel latte materno, si è riscontrato che il β-palmitato (ovvero, le presenza di una notevole quota di acido palmitico nella posizione 2) ha un’importanza rilevante legata al migliore assorbimento del calcio, mentre questo aspetto risulta meno evidente quando l’acido palmitico è in posizione 1 o 3. Oggi, numerose formule per lattanti contengono percentuali variabili di acido palmitico in posizione 2, grazie ad interventi tecnologici di tipo enzimatico sui grassi di partenza, senza però eguagliare la quota presente nel latte materno.
I pediatri e le industrie alimentari dovrebbero continuare a studiare la composizione e gli effetti dei nutrienti nel latte materno e nelle formule, per riuscire a ottenere migliori risultati funzionali per i neonati. L’aggiunta del β-palmitato al latte è stato uno dei primi obiettivi, così come l’introduzione del DHA, e altre importanti modifiche della quota proteica e glucidica. Anche pensando che le differenze tra bambini allattati al seno e bambini cresciuti con latte formulato possano con il tempo restringersi, oggi non esiste alcuna evidenza scientifica per pensare che un’alimentazione infantile alternativa possa conferire gli stessi benefici dell’allattamento al seno.
Fabiana Rita Fanella
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