Consumare regolarmente latte non ha un’influenza negativa sui livelli di colesterolo, anzi. Questo significa che un alimento così prezioso non dovrebbe essere escluso dalla dieta per prevenire le malattie cardiovascolari, soprattutto nei soggetti a rischio. L’assoluzione del latte arriva da uno studio imponente, pubblicato sull’International Journal of Obesity dai ricercatori delle università di Reading, nel Regno Unito, Australia del Sud e Auckland, in Nuova Zelanda.
Gli scienziati hanno utilizzato i dati di tre grandi indagini (la 1958 British Birth Cohort, lo Health and Retirement study, e la UK Biobank) condotte negli anni scorsi, per un totale di poco meno di due milioni di persone di cui erano stati raccolti molti dati clinici e nutrizionali nel tempo. Per superare i limiti di molte delle ricerche condotte sul tema negli anni passati, gli autori questa volta hanno utilizzato come riferimento un indice genetico, e cioè il gene dell’enzima lattasi, che serve a digerire il lattosio, lo zucchero principale del latte vaccino. O meglio una sua variante che mantiene l’enzima attivo anche in età adulta. Solo chi la possiede, con ogni probabilità, beve latte regolarmente, magari anche in grandi quantità. Chi non la esprime, invece, a causa dei disturbi gastrointestinali di cui soffre se lo consuma, è portato a evitare il latte, oppure sostituire quello vaccino con prodotti diversi, privi di lattosio o vegetali.
Partendo da questi presupposti, e pur considerando che sono presenti alcuni limiti, l’analisi dei dati non lascia dubbi (anche perché ne supera altri degli studi precedenti, per esempio legati al gruppo etnico, all’età, alle dimensioni del campione e così via): chi beve abitualmente latte, anche se ha in media un indice di massa corporeo e un quantitativo di massa grassa leggermente superiori rispetto a quelli di chi non ne consuma, presenta una diminuzione del colesterolo totale, e delle due forme (quello cosiddetto buono e quello cosiddetto cattivo, HDL e LDL). Oltre a tutto questo, i consumatori abituali di latte hanno un rischio cardiovascolare inferiore del 14% e (in base, però, a quanto emerge da uno degli studi e non dagli altri, e quindi con un margine di sicurezza inferiore) di diabete 2 inferiore dell’11% rispetto a chi non beve mai o quasi latte vaccino.
I dati scagionano dunque il latte da qualunque responsabilità sull’aumento di colesterolo. Tuttavia non dicono, per il tipo di studio, se l’effetto ipocolesterolemizzante sia dovuto all’insieme dei grassi contenuti nel latte, oppure a qualche specifico ingrediente: gli studi proseguono.
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Giornalista scientifica