L’altro giorno Catherine Ashton, l’Alto Rappresentante per gli affari esteri dell’UE, ha dato riscontro all’interrogazione di quattro autorevoli eurodeputati italiani su quanto sta ora accadendo in Etiopia. Omicidi, torture e minacce, incendi, deportazioni sono stati documentati da Human Rights Watch (HRW) [1] e dallo Oakland Institute che a sua volta ha lanciato una petizione online [2] diretta al Presidente USA, Barack Obama. Ma per il Ministro degli esteri europeo non c’è ragione di preoccuparsi, niente di dimostrato. Delle due l’una: o i volontari di HRW che hanno rischiato la vita per fare indagini e raccogliere testimonianze sono affetti da allucinazioni collettive, oppure la vicepresidente della Commissione europea nasconde la verità. E se quest’ipotesi fosse reale, perchè? Il land-grabbing esula dall’agenda politica di Ashton, è evidente. Ma c’è dell’altro?

 

Il 10 maggio Ashton ha risposto solo in parte all’interrogazione scritta [3] dei nostri eurodeputati Patrizia Toia, Elisabetta Gardini, Silvia Costa e Sergio Cofferati, che chiedevano informazioni e intervento contro il land-grabbing in Etiopia. Ha spiegato che  “La Commissione è consapevole del fatto che in alcune zone dell’Etiopia sono in corso programmi di reinsediamento, [4] attuati dal governo nel quadro di un programma volto a fornire servizi di base in modo più efficiente”. Almeno di qualcosa ha sentito parlare insomma. Aggiunge che “nel 2011 sono state effettuate visite esplorative di più organismi nelle regioni etiopi Gambella, Benishangul Gumuz e Somali e la delegazione dell’UE riceve relazioni periodiche in merito. Le informazioni raccolte non sembrano avvalorare la tesi di Human Rights Watch, secondo cui il processo di reinsediamento non sta avvenendo in modo volontario ed è accompagnato da violazioni sistematiche e diffuse dei diritti umani”. Il Ministro degli esteri UE quindi crede alle favole che le vengono raccontate dal destinatario degli aiuti, e non ha ragione di dubitare. Nè si preoccupa di verificare nel dettaglio l’attendibilità del rapporto di HRW, non proprio l’ultima delle Ong. Del resto, i pochi giornalisti che hanno provato a spiegare quanto accade in quel Paese sono stati uccisi o incriminati di terrorismo.

 

E la Commissione che fa? Presto detto: “la Commissione osserva questo processo in stretta cooperazione con tutti i membri del gruppo di assistenza dei donatori (DAG) in Etiopia e ha esortato il governo etiope ad attuare tale politica nel modo meno traumatico possibile, evitando di agire con rapidità eccessiva per soddisfare obiettivi arbitrari. I donatori hanno fornito al governo etiope il documento Good Practice Guidelines and Principles Regarding Resettlement sulle buone pratiche internazionali e i principi relativi al reinsediamento”.

 

Il breviario dei diritti umani nelle deportazioni è stato consegnato al dittatore locale, bene. Ma chi controlla se le autorità e le milizie sul territorio rispettano i suggerimenti? Può davvero la Commissione continuare ad accontentarsi delle favole scritte da chi dovrebbe venire controllato, accompagnate di tanto in tanto da qualche visita guidata? Perchè invece non si chiede al governo etiope di mostrare i contratti di cessione dei grandi appezzamenti a investitori stranieri? Perchè non si chiede libero accesso alle aree interessate da parte di osservatori indipendenti, per verificare anzitutto cosa è accaduto alle 70.000 persone oggetto di “ricollocamento” di cui riferisce il rapporto HRW? Perchè non utilizzare un po’ di tecnologia militare – dai satelliti ai droni – per finalità non belliche ma a supporto delle indagini, provvedendo alla mappatura dei territori e alla raccolta di immagini utili a ricostruire, documentare i fatti?

 

Infine ma non da ultimo, rimane irrisolta la questione del land-grabbing che – a dispetto di quanto assume l’Alto Commissario – tocca in maniera profonda i diritti di cittadini privati definitivamente delle terre dei loro avi in nome di enormi speculazioni, talora dietro la maschera di fantomatici programmi di urbanizzazione, in Etiopia e in molti Paesi in via di sviluppo. Esiste ora uno strumento di diritto internazionale i cui principi vanno ben al di là del breviario delle deportazioni, le Linee guida FAO per l’utilizzo responsabile delle terre, delle aree di pesca e delle foreste [5]. Come e quando intendono – la vicepresidente della Commissione europea, il Commissario europeo agli Aiuti e quello per il Commercio – fare in modo che questo documento trovi urgente ed effettiva applicazione? Da parte dei Governi che ricevono aiuti UE anzitutto, ma anche dagli operatori economici e finanziari dell’UE e dai suoi grandi partner commerciali?

Rivolgiamo queste domande a chi ci rappresenta in Italia, in Europa e nel mondo. In attesa di risposte, chiare e semplici come le domande.

 

Dario Dongo

Foto: Photos.com, ec.europa.eu 

Atri articoli sul temasul sito Euractiv:

Etiopia: Ashton risponde a eurodeputati italiani, nega furto terre

 

[1] Land-grabbing: in Etiopia 70.000 persone deportate con la complicità dell’Occidente

[2] Etiopia: il land-grabbing avanza. Una petizione al presidente Obama. In attesa che anche l’UE faccia qualcosa

[3] Rapina delle terre: una buona notizia. Sul caso Etiopia quattro eurodeputati italiani chiedono al vicepresidente della Commissione di intervenire

[4] Etiopia, la rapina delle terre da parte di investitori indiani avanza nonostante la siccità e la fame.

Continua il land-grabbing in Etiopia, guidato da investitori indiani: Obang Metho, direttore del Movimento di solidarietà per la nuova Etiopia, scrive ai “fratelli indiani” per chiedere la fine della rapina

[5] Land Grabbing: la FAO adotta le “Direttive volontarie per la gestione responsabile della terra, dei territori di pesca e delle foreste”. Ora bisogna applicarle

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giancarlo Pometta
giancarlo Pometta
31 Maggio 2012 09:54

ha dell’incredibile, abbiamo la forza degli aiuti umanitari ben ricevuti dal Governo Etiope, e non esigiamo che almeno le guide FAO -Direttive volontarie per la gestione responsabile della terra- siano rispettate.
Raccontiamo favole a 70.000
coltivatori costretti a un esodo da "FURORE" di Steinbeck