Il mensile dell’associazione francese 60 millions de consommateurs di febbraio 2011 dedica un’ampia inchiesta alle nanotecnologie, a firma di Patricia Chiropoulos. Secondo l’autrice, senza troppo rumore, i “nano-food” sono già presenti nei nostri piatti. Anche se ufficialmente l’industria alimentare nega di farvi ricorso, nella pratica le cose sono assai meno lineari.
Questi nuovissimi processi tecnologici strutturano la materia in scala nanometrica (nm), ossia un miliardesimo di metro (un oggetto di 1 nanometro è da 40mila a 80mila volte più sottile di un capello). Ridurre materiali come argento, ossido di titano e altri a queste nanodimensioni conferisce loro nuove proprietà, fluidificanti, stabilizzanti, antibatteriche e così via.
Ma lo stesso meccanismo si riscontra per le sostanze alimentari: additivi ed ingredienti in formato nano servono a rendere le salse più fluide, il cioccolato più croccante e le preparazioni in polvere meno grumose, oppure per prolungare la conservazione dei piatti pronti. Così, per esempio, il chewingum o la crosta del formaggio Brie diventano più candidi con l’aggiunta di biossido di titanio (E171), un additivo usato fin dagli anni Sessanta, e che adesso è disponibile sotto forma di nanoparticelle. L’aggiunta di diossido di silicio (E551) rende fluido il ketchup e impedisce l’adesione del pomodoro al contenitore, nella maionese stabilizza l’emulsione, mentre le tavolette di cioccolato restano più croccanti se rivestite di nanopartcielle di silicio e di titanio. Infine, la stessa sostanta aggiunta agl alimenti in polvere serve da anti-agglomerante: lo zucchero si scioglie invece di appiccicarsi, le polveri dissolte nell’acqua non formano grumi. In alcuni prodotti questo additivo può trovarsi parzialmente sotto forma di nanoparticelle.
Le nanotecnologie negli integratori in pillole permettono anche di migliorare l’assimilazione di vitamine, minerali e omega 3. Infine, incorporate negli imballaggi cambiano colore segnalando una contaminazione batterica. Le nanoparticelle metalliche (zinco, argento…), hanno proprietà antibatteriche e prolugano la conservazione degli alimenti. Nel 2008, la Commissione europea ha autorizzato il nitrito di titanio per la plastica delle bottiglie destinata a entrare in contatto con alimenti.
Secondo l’Associazione nazionale delle industrie alimentari francesi (Ania), «La nanotecnologia non è ancora presente negli alimenti venduti in Europa», mentre per l’Agenzia nazionale della sicurezza sanitaria (Anses) la maggior parte delle possibili applicazioni sono ancora allo stadio della ricerca. Ancora, la lista dei produttori che dovrebbe essere aggiornata regolarmente, messa a punto dalla Commissione europea è al momento vuota, perché nessuno si è iscritto. Secondo Fabrice Nesslany, tossicologo dell’Istituto Pasteur di Lille, «L’industria è ancora piuttosto fredda, perché al momento reclamizzare delle sostanze “nano” nei cibi non ha appeal. Ma i processi che hanno cominciato a fare uso di questa tecnologia, ormai esistono da una quindicina d’anni».
Il giornale francese ha interpellato una ventina di aziende alimentari i cui prodotti potrebbero contenere nanoparticelle come l’E 551. Un terzo non ha risposto, altre, come McDonald’s, hanno dichiaratodi non farne uso o hanno reclamato esigenze di riservatezza. Nestlé ha precisato che «tutti i suoi prodotti sono conformi ai regolamenti che si applicano agli alimenti e agli imballaggi». Per altro, la legislazione europea poco può fare per le nanotecnologie, perché la loro molteplicità di forme, dimensioni e composizione ne rendono difficile una caratterizzazione univoca.
Inizialmente si era stabilito che le nanoparticelle non superassero i 100 nm. Su questa base, l’industria dichiarava di non farne uso nel momento in cui si trattava di aggregati o di particelle leggermente più grandi. Al termine di numerose discussioni, lo scorso ottobre l‘Organizzazione internazionale per la normazione (ISO) ha ufficialmente stabilito che le nanoparticelle sono «tipicamente, ma non esclusivamente sotto i 100 nanometri», comprendendo così anche gli aggregati come il diossido di silicio (E 551) e il biossido di titanio (E 171).
La questione cruciale è, ovviamente, sui possibili rischi per la salute. La materia di dimensioni nanometriche spesso si comporta in modo differente. A questa scala, l’ossido di titano è stato classificato come potenziale cancerogeno, mentre è innocuo quando è usato in forma di grani micrometrici. I tossicologi non sono in grado di stabilire una relazione tra la dose ingerita e il pericolo. Molte sono le domande aperte: le nanoparticelle alimentari passano la barriera intestinale? Che cosa diventano nell’organismo? In effetti, si sa che possono penetrare nelle cellule e accumularsi. In più, ogni nanoparticella ha un differente comportamento a seconda della formulazione del prodotto finito.
Nel marzo del 2010, vista la mancanza di dati sulla “pericolosità potenziale delle nanoparticelle per l’uomo e l’ambiente” un’indagine dell’Afsset sull’esposizione ai nanomateriali ha stabilito un principio di precauzione.
Ci sono vari programmi europei, comme Nanogenetox, che nel giro di un paio d’anni dovrebbero portare all’eleborazione di procedure standard per lo studio di tossicità. In Francia, la priorità viene dara a una dichiarazione obbligatoria per i fabbricanti o gli importatori di nanotecnologie. Dal marzo 2012, questo registro permetterà, nel caso di studi che dimostrino un effetto tossico di una certa nanoparticella, il ritiro dal mercato dei prodotti che la contengano. Per altro, solo l’etichetta potrà dare un’informazione corretta al consumatore, ed è quello che prevede il regolamento europeo sui “nuovi alimenti” attualmente in discussione.
La regolamentazione
Nanoalimenti, nanoingredienti e nanoadditivi alimentari venduti in Europa non sono ancora disciplinati. Basta che una sostanza sia autorizzata nella forma convenzionale perché si possa utilizzare negli alimenti in un’altra forma, senza bisogno di nuove valutazioni. Ma la situazione dovrebbe cambiare.
A luglio 2010, il Parlamento ha votato una revisione del regolamento sui Nuovi alimenti. Si prevede una valutazione e un’autorizzazione preliminare per i nuovi alimenti e gli ingredienti che contengono nanotecnologie. Ogni nanoingrediente approvato sarà menzionato sull’etichetta. Questo testo dovrebbe essere adottato definitivamente nella primavera 2011. Ma la revisione è attualmente sospesa.
Dal gennaio 1010, il nuovo regolamento europeo sugli additivi alimentari obbliga a considerare come nuovo additivo qualsiasi sostanza la cui dimensione sia stata modificata con un processo di nanotecnologia. In più, gli additivi autorizzati prima del gennaio 2009, come l’E 551, saranno oggetto di nuove valutazioni da qui al 2020.
Gli effetti per la salute
Secondo Fabrice Nesslany, tossicologo dell’Istituo Pasteur di Lille, intervistato da 60 millions de consommateurs, «Studi sugli animali e in vitro hanno mostrato che le nanoparticelle possono passare da un organo all’altro e perturbare il sistema immunitario, essere tossiche per l’apparato riproduttivo e cancerogene. Ma oggi non è possibile generalizzare questo pericolo: il comportamento di ogni nanoparticella dipende da parametri specifici (dimensione, condizioni sperimentali, dose d’esposizione… Per quando riguarda gli alimenti, se è possibile stimare la quantità di nanomateriali presenti in certi prodotti, non siamo ancora in grado di stabilire in quale forma sono presenti (solubile o particelle) e nemmeno le quantità realmente assorbite dall’organismo. Non abbiamo ancora metodi di indagine né di misurazione riconosciuti e validati. Da qui, l’impossibilità di pronunciarsi sui rischi sanitari legati alle nanoparticelle alimentari per la popolazione generale. Infine, il loro utilizzo negli integratori pone altre questioni: facilitano l’assimilazione di diversi nutrienti, ma come si comporta una cellula che riceve un afflusso esagerato di queste molecole? Non lo sappiamo».
a cura di Mariateresa Truncellito
© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos
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