Secondo l’Associazione Italiana Gastroenterologi ed Endoscopisti Digestivi Ospedalieri (AIGO) in Italia circa il 5%della popolazione soffre della sindrome dell’intestino irritabile, una percentuale che aumenta fino al 10-20% se ci si riferisce alla popolazione adulta su scala mondiale. I sintomi più comuni includono dolore addominale, gonfiore, costipazione e o diarrea, disturbi che possono durare giorni, settimane ma anche mesi.
Sebbene non se ne conoscano le cause, è stato dimostrato che la sindrome dell’intestino irritabile o Inflammatory Bowel Disease (IBS) può derivare da una combinazione di alterazioni legate alla motilità intestinale (passaggio del cibo nell’intestino troppo veloce o troppo lento), a una sensibilità eccessiva dei nervi presenti nell’intestino, allo stress, ad alterazioni della flora batterica intestinale e alla presenza di più casi nella stessa famiglia. Per le persone con IBS il cibo è una questione centrale e problematica: è stato stimato che fino al 70% dei pazienti associa l’insorgenza o l’inasprimento dei sintomi a determinati alimenti. In questo scenario un approccio alimentare di recente concezione è la dieta a basso contenuto di FODMAP – acronimo di Fermentable Oligo-saccharides, Disaccharides, Mono-saccharides and Polyols –. Si tratta di carboidrati a catena corta scarsamente assorbibili dall’intestino tenue e rapidamente fermentati dai batteri intestinali.
Cosa si mangia con la dieta a basso contenuto di FODMAP
Questa dieta prevede la riduzione di alimenti contenenti monosaccaridi (come il fruttosio), disaccaridi (lattosio), galatto-oligosaccaridi (contenuti nei legumi), frutto-oligosaccaridi (contenuti nei cereali) e polioli (dolcificanti naturali), elementi che possono fermentare a livello del colon e attrarre acqua a livello dell’intestino tenue distendendolo. Per quanto ai pazienti con IBS sia sempre stato consigliato di ridurre il consumo di latticini freschi o di legumi o di alcuni tipi di verdure e di farinacei, la cosiddetta dieta Low FODMAP ha introdotto una restrizione alimentare più completa e globale che prevede la limitazione di diversi cibi quali mele, pere, pesche, susine, albicocche, ciliegie, finocchi, carciofi, peperoni, asparagi, cavolfiore, miele, pane e pasta. Ma come si fa a orientarsi in questo regime alimentare? A rispondere ad alcune domande relative alla dieta a basso contenuto di FODMAP è Laura Rossi, nutrizionista e ricercatrice del Crea – Alimenti e Nutrizione.
La sindrome dell’intestino irritabile colpisce in egual misura gli uomini e le donne?
No, c’è una sensibilità ai disturbi intestinali molto più marcata nella popolazione femminile.
La dieta a basso contenuto di FODMAP prevede di rinunciare a molti cibi. Si tratta di un’eliminazione temporanea oppure è possibile che determinati pazienti non possano più reintrodurre alcuni alimenti?
Normalmente questi tipi di sindromi, allontanando temporaneamente dei prodotti, migliorano. È necessario lasciare all’intestino il tempo di riequilibrarsi, dopo di che i cibi vengono reinseriti con una buona tolleranza. L’inserimento deve essere graduale, dando precedenza a quegli alimenti con un maggiore valore nutrizionale. Per esempio, consiglierei di iniziare a bere il latte e mangiare le mele prima di passare al dolcificante. La regola dovrebbe essere: riportare sulla propria tavola gli alimenti importanti per i loro valori nutrizionali e pensare di abbandonare prodotti come i dolcificanti che tendono a dare un po’ fastidio a tutti.
Per chi soffre della sindrome dell’intestino irritabile pane e pasta possono rappresentare alimenti problematici. Vale lo stesso se si sceglie la variante integrale?
Sì, vale lo stesso. Anzi, per certi aspetti la scelta dell’integrale può essere più critica perché le fibre fermentano nell’intestino. Il problema dei FODMAP sono i carboidrati a catena corta. Pane e pasta sono ricchi di carboidrati complessi, ma in un prodotto non c’è solo un ingrediente: nel pane e nella pasta ci sono anche carboidrati semplici, altrimenti detti a catena corta, che vengono fermentati rapidamente dai batteri intestinali.
Esistono dei cibi che agiscono direttamente nel ridurre la sindrome dell’intestino irritabile?
Sì, assolutamente. In generale è consigliata l’assunzione di alimenti a contenuto proteico, come la carne e il pesce, e quelli senza glutine, come il riso, l’avena, la quinoa… Via libera per i formaggi a pasta dura, è tollerata, portando attenzione, la verdura, è invece più problematica la frutta. Hanno poi degli effetti estremamente positivi i cibi fermentati come lo yogurt o il kefir.
Alcuni dei cibi che fermentano maggiormente nell’intestino sono anche alcuni dei cibi più sani, penso ai legumi, alla verdura come cavolfiore e broccoli, alla frutta. Come ci si deve regolare a riguardo anche laddove non sia presente una vera e propria sindrome?
Abbiamo a disposizione una varietà di frutta e verdura molto ampia, quindi, in generale, consiglierei di evitare il cibo che crea disturbi. I vegetali fanno bene nella loro totalità, non è necessario mangiare un particolare frutto se non è ben tollerato. Detto ciò, dobbiamo fare attenzione nel cercare di capire i nostri sintomi: indicano una situazione d’irritabilità del colon oppure c’è un altro problema? Il senso di non mangiare un alimento dipende anche dal perché lo si elimina.
In generale i legumi sono poco tollerati da tutti, perché sulla buccia contengono oligosaccaridi, zuccheri a catena corta con capacità fermentativa. L’unica soluzione è quella di eliminare le bucce: si può optare per i legumi decorticati presenti in commercio, oppure si possono passare i legumi nel passaverdure – non nel minipimer che trita anche le bucce – in modo che siano tollerati anche da chi ha la sindrome dell’intestino irritabile.
Il veganesimo è conciliabile con questa dieta?
Una persona che segue un regime alimentare vegano, particolarmente ricco di vegetali, come può rispettare la dieta Low FODMAP?
Chi segue una dieta vegana è già limitato nella scelta perché esclude tutte le proteine di derivazione animale. Detto ciò, molte varianti vegane possono essere mangiate da chi soffre di intestino irritabile, perché la soia – e dunque i prodotti a base di soia – è ben tollerata. Inoltre, la componente cerealicola non è esclusa. Una delle criticità può essere l’ulteriore restrizione a una dieta già limitata. Ma sottolineo che c’è una consonanza tra la dieta Low FODMAP e le opzioni vegane.
Secondo lei quella Low FODMAP è una dieta valida?
Se si possono evitare le diete che escludono interi gruppi alimentari, è meglio, ma in realtà la dieta Low FODMAP toglie solo alcuni tipi di frutta e verdura. Quello che consiglio è di fare attenzione alla scelta: per esempio, dovendo limitare il latte a favore delle alternative vegetali, è meglio optare per le bevande vegetali arricchite con il calcio. Se è necessario seguire questo tipo di dieta per una condizione reale, va bene, ma adottarla solo perché si pensa che sia meglio eliminare i cibi che fermentano nell’intestino, non ha alcun senso.
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Buongiorno, grazie per l’articolo. Ci sono esami specifici che rilevano con una certa precisione l’intolleranza ai fodmap?
In ogni caso, visto come si muove un gran numero di persone, sottolineerei l’importanza di non fare da sé diagnosi e cura. Soprattutto in questo periodo in cui vale la moda delle diete low carb, chetogeniche e simili. Basta guardare nei supermercati il fiorire di prodotti High protein (spesso pieni di zuccheri aggiunti, additivi e comunque ultra processati).
Anche nella scelta dei professionisti a cui affidarsi è bene spendere un po’ di tempo, visto che molti non hanno le conoscenze né le competenze adeguate.