L’olio spagnolo rappresenta il 30% della quantità venduta in Italia. Per questo non lascia indifferenti la notizia che una serie di controlli realizzati nel paese iberico abbia evidenziato il 24% di irregolarità tra 770 campioni totali di olio ispezionati. Juan Ramon Izquierdo del Laboratorio Arbitral Agroalimentario (Ministerio de Agricultura, Alimentación y Medio Ambiente) ha presentato i dati raccolti in occasione del Workshop Olive Oil Authentication che si è tenuto a Madrid lo scorso giugno.
Le irregolarità nell’olio spagnolo
Di questi 770 campioni, 351 sono quelli di olio extra vergine di oliva, 85 dei quali hanno evidenziato una o più irregolarità. Nel 54% dei casi i problemi riguardano la qualità e la purezza visto che: «la qualità non corrisponde alla categoria indicata in etichetta – spiega Alberto Grimelli, agronomo, tecnico olivicolo-oleario e direttore di Teatro Naturale – dall’esame organolettico emergono tracce di muffa, morchia oppure riscaldo. In altre parole non è più extra vergine». Il 30% delle irregolarità riguarda diciture sulle etichette non supportate da documentazione adeguata come ad esempio «estrazione a freddo», oltre alla mancanza di indicazione corrette sulla provenienza dell’olio.
Di particolare importanza sono le violazioni relative alla qualità, come la produzione di olio di qualità inferiore ottenuto dalla miscelazione con quello di semi, oppure sottoposto deodorazione (un processo di riscaldamento per eliminare cattivi odori dovuti allo stoccaggio non ottimale delle olive). «Si tratta della contraffazione più difficile da individuare – spiega Grimelli – a causa dell’assenza di metodi analitici sufficienti. L’unica analisi riconosciuta è quella della ricerca degli alchil esteri ma l’Europa ha aumentato fino a 75 mg/Kg il limite permesso, mentre un olio di qualità ne dovrebbe contenere 10-15 mg/kg fino a un massimo di 30 mg/kg. Per fortuna è in corso una revisione dei parametri».
Irregolarità sottostimate
Le irregolarità sono quindi in realtà sottostimate, poiché gli oli deodorati possono sfuggire facilmente ai controlli. Come se non bastasse le autorità spagnole hanno analizzato una quantità di campioni pari a una ispezione ogni 2000 tonnellate di olio, mentre in Italia se ne realizzano il doppio. «I regolamenti europei lasciano a ogni stato membro la scelta del piano dei controlli e il numero. Quindi ciò che viene controllato, le regole da rispettare, i parametri da non trasgredire sono comuni, mentre esiste una variabilità nel numero e nella frequenza affidata a ogni singolo paese». In Italia si fanno più controlli ma sono affidati a molteplici enti che fanno capo a diverse strutture: i NAS rispondono al Ministero della Salute, il Corpo Forestale e la Repressione Frodi al Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e questa situazione rende difficile ottenere dati precisi per poter fare un confronto.
L’olio italiano
Grimelli assicura che il numero di irregolarità registrate in Italia è inferiore rispetto a quello spagnolo. Il dato spagnolo è importante perché l’Italia produce 500 mila tonnellate di olio e ne importa 300 mila dalla Spagna e altrettante complessivamente da Grecia, Tunisia e Marocco. Il consumo interno è pari a 600 mila tonnellate mentre la restante quota di 500 mila viene esportata. L’olio importato supera quindi quello prodotto internamente, arrivando al 53% del totale. Come mai le nostre ispezioni danno esiti migliori? Può dipendere dalla frequenza nei controlli, dalla migliore qualità della percentuale prodotta in Italia, e dalla difficoltà di rintracciare gli oli deodorati con gli attuali mezzi.
L’altro aspetto da sapere è che buona parte dell’olio prodotto in Italia viene miscelato con quello importato dagli altri paesi e poi destinato al consumo interno oppure venduto all’estero. La norma prevede infatti l’obbligo di dichiarare in etichetta che il prodotto proviene da un Paese della Comunità Europea. Questo significa che ciò che viene confezionato e commercializzato in Italia può essere stato prodotto in un altro Stato e poi miscelato con quello prodotto in Italia o addirittura provenire totalmente dalla Spagna o da uno dei Paesi dai quali importiamo. L’olio di qualità elevata, che sia anche italiano, potrebbe quindi non essere presente sulle nostre tavole così spesso come crediamo – a causa della miscelazione con oli importati, delle irregolarità difficili da individuare e di una legge ancora troppo permissiva.
©Riproduzione riservata Foto: Photos.com, “Proceedings. Scientific workshop on olive oil authentication”
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redazione Il Fatto Alimentare
Gent.mo Sig. La Pira,
seguo da anni il Vs giornale ma sono esterrefatto nel leggere questo articolo.
Vorrei un pò di chiarezza:
770 campioni analizzati di cui il 24% (184) irregolari per cosa?
successivamente i 351 campioni da dove escono? fanno parte dei 770?
Quando si parla del 54% con difformità delle caratteristiche organolettiche è lecito ma quando si parla di adulterazione con semi proponendo come tecnica non l’aggiunta ma la deodorizzazione mi lascia perplesso.
I parametri di alchil esteri, contribuiscono a smascherare molti oli di bassa qualità, sono da questa campagna pari a 40 mg/kg e nelle prossime fino a valori di 30.
In Spagna in duemila frantoi si moliscono olive da cui si estraggono circa 1,3 milioni di tonnellate di olio da olive, mentre in Italia su circa 4.000 frantoi si ricava no circa 250.000 tonnellate di olio da olive. Analizzando i controlli alla fonte, in Spagna essi sono rigorosi e massivi.
Le quantità dichiarate fanno sorridere la Grecia, la Tunisia ed il Marocco producono insieme circa 500.000 tonnellate di olio, non penso che le esportino totalmente in Italia.
In Italia un olio da olive di importazione passa numerosi controlli, se ci sono anomalie ben vengano altrimenti se, a norma, non bisogna certo criminalizzare .
Mi piace sempre ricordare, purtroppo da anni, che la grande qualità italiana è formata da più del 50% di olio lampante non commestibile.
Gli italiani nel mondo sono riconosciuti come i migliori selezionatori di materia prima, si fa di tutto per distruggere un lavoro di secoli fatto da persone capaci e di grande rigore professionale. Il made in Italy non è soltanto l’olio puro italiano ma è la capacità di selezionare i migliori e rendere l’italianità unica ed assoluta nel mondo.
Gentile Emilio,
per quanto riguarda la chiarezza dei dati abbiamo provveduto ad allegare il documento del Workshop.
Si tratta comunque di 770 campioni totali, sui quali sono state registate 184 irregolarità complessive.
Entrando poi nei dettagli di questi 770 campioni, 351 sono di olio extravergine di oliva e su questi sono stati individuati 56 casi di violazione per quanto riguarda la qualità e la purezza. In fondo all’articolo può trovare le tabelle (le stesse del documento originale) con i dati in dettaglio.
ma che cosa mangiamo????esiste un ministero della”SALUTE DEI CONSUMATORI”che ci tuteli?????? sapere cosa mangiamo è un diritto!! che fine fanno i furbetti(DELINQUENTI SOCIALI) una volta scoperti??…maledetto dio denaro!