Il ferro assunto sotto forma di integratore in pillole non aiuta a contrastare la caduta dei capelli delle donne. Così si è espresso il Panel on Dietetic Products, Nutrition and Allergies dell’Efsa, in seguito alla richiesta avanzata da Pierre Fabre Dermo-Cosmétique.
L’azienda francese, produttrice di molte linee cosmetiche e di integratori per pelle e capelli, aveva chiesto di inserire in etichetta un’indicazione rivolta alle donne tra i 19 e i 49 anni che soffrono di caduta di capelli, ma la risposta è stata negativa. Nel dossier allegato alla domanda erano stati inseriti cinque studi osservazionali e una revisione, per dimostrare l’esistenza di un nesso tra carenza di ferro e la perdita dei capelli, ma la documentazione non è risultata convincente per gli esperti dell’Efsa.
Nei primi due studi mancava la determinazione del livello di ferritina nel siero (la proteina incaricata di mantenere in equilibrio la riserva di ferro a livello del fegato).
In un terzo studio la ferritina era stata misurata in 418 donne di età tra i 13 e gli 81 anni. Tra queste, 135 avevano una perdita di capelli molto intensa (telogen effluvium), ma la proteina è risultata avere una concentrazione di 55,3 microgrammi per litro giudicato normale, visto che la variazione va da 2 a 300. Quindi non è stato possibile stabilire un nesso tra il valore di ferritina (superiore a 10 microgrammi per litro) e la perdita massiccia di capelli e nemmeno tra andamento del ferro e salute della chioma.
Nel quarto studio è stata misurata la presenza di ferritina ed emogobina in 30 donne di età compresa tra i 18 e i 71 anni che perdevano i capelli. Il confronto è stato fatto con 11 donne con capigliatura “sana”. Il risultato è stato deludente visto che i valori sono stati simili nei due gruppi, e quindi, di nuovo, si è riscontrata l’impossibilità di sostenere che la caduta dei capelli si possa contrastare con il ferro.
Nel quinto studio è stata misurate la concentrazione di ferritina e la saturazione della transferrina su 30 donne “sane” e 30 con telogen effluvium. In questo caso, il risultato è stato diverso: le donne che perdevano i capelli sono risultate le più anemiche, con valori di ferritina e transferrina mediamente più bassi.
L’indagine però presentava alcuni limiti visto che le partecipanti non erano state controllate per verificare elementi fisiologici che avrebbero potuto interferire con la concentrazione di ferro a prescindere dall’apporto dietetico, e altri fattori diversi dal ferro che avrebbero potuto influenzare la caduta dei capelli. La stessa lacuna – giudicata grave dall’Efsa – è emersa negli altri quattro studi.
La conclusione non poteva che essere sfavorevole: al momento non ci sono prove convincenti tra carenza di ferro come causa all’origine di una perdita massiccia di capelli nelle donne in premenopausa. È quindi molto difficile che l’assunzione di questo minerale attraverso un intergatore dietetico possa avere qualche effetto positivo.
Come era da prevedibile, Pierre Fabre ha protestato sostenendo che il ferro può aiutare perché è contenuto nell’emoglobina del sangue, indispensabile per l’attività dei follicoli piliferi, e che una carenza del minerale indebolisce la sintesi di nuovi capelli. Ma questo non è bastato e per ora l’azienda dovrà attendere prima di poter dire che i suoi integratori alimentari restituiscono i capelli a chi li ha perduti.
Agnese Codignola
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