Quando si pensa agli impollinatori, vengono subito in mente gli insetti, dimenticando numerosi altri animali come gli uccelli, alcuni piccoli mammiferi tra cui i pipistrelli e i rettili in particolare le lucertole. Tali specie impollinatrici selvatiche impediscono l’estinzione della maggior parte delle piante a fiore dato che oltre il 75% delle principali colture agrarie e circa il 90% delle piante selvatiche si servono degli organismi animali per riprodursi. L’impollinazione è il processo di trasferimento di granelli di polline dalla parte maschile (antere) a quella femminile (stigma) dei fiori e avviene, oltre che per il trasporto degli animali, anche attraverso quello del vento, dell’acqua e della gravità terrestre.
Insetti impollinatori: non solo api
In Europa la maggior parte degli impollinatori sono insetti, ma non si deve pensare solo alle api mellifere, perché questo ruolo è ricoperto anche dai bombi, dalle farfalle, dalle falene, dai coleotteri e dai ditteri (mosche, mosconi e zanzare). È stato calcolato che in Europa ci siano 2mila specie di api selvatiche che vivono nell’ambiente naturale senza alcuna addomesticazione e che nella sola Italia siano presenti oltre mille specie, di cui si stima che circa 350 si possano trovare all’interno del Grande raccordo anulare di Roma.
Eppure le api selvatiche sono in diminuzione. Secondo un rapporto dell’Unione internazionale per la conservazione della natura – l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa della tutela delle risorse naturali – in Europa oltre un terzo degli insetti è a rischio estinzione, una situazione che rende urgente un cambiamento in tutti i settori dell’economia, in particolare di quello agricolo in cui l’uso di pesticidi rappresenta una reale minaccia alla sopravvivenza di alcuni organismi animali.
L’importanza delle api nell’ecosistema e nella catena alimentare è evidente se si pensa al fatto che, oltre all’impollinazione, questi insetti forniscono anche veri e propri alimenti, come il miele, il polline e la pappa reale. Inoltre, la funzione degli insetti impollinatori nel ciclo alimentare si comprende ancora meglio se si ricorda che un terzo di quello che mangiamo è frutto di impollinazione entomofila. Costanza Geppert, ricercatrice al Dipartimento di Agronomia, animali, alimenti, risorse naturali e ambiente (Dafnae) dell’Università di Padova, si dedica allo studio degli impollinatori ed è lei che ci spiega perché è necessario tutelare l’esistenza di tali animali.
In che modo gli organismi animali impollinatori sono legati alla vita umana?
“Il ruolo principale di questi organismi animali è quello dell’impollinazione, permettere dunque alle piante di riprodursi. Bisogna ricordare che la maggior parte delle piante che coltiviamo ha bisogno dell’impollinazione che ha un effetto non solo sulla quantità ma anche qualità: se un fiore è impollinato male, maturerà un frutto malforme. Dal punto di vista della quantità, ogni coltura risponde in modo diverso. C’è molta frutta comunemente mangiata in Italia che ha una dipendenza strettissima dagli insetti impollinatori, penso alla mela (Malus domestica), al kiwi (Actinidia deliciosa), al melone (Cucumis melo), all’anguria (Citrullus lanatus), ma anche alla vaniglia o – rispetto alla verdura – alla zucca (Cucurbita maxima) e al finocchio (Foeniculum vulgare).”
Ci sono effetti positivi dell’azione degli impollinatori per l’essere umano? E in particolare, quali per l’alimentazione umana?
“Senza impollinatori non si possono riprodurre diversi tipi di piante e mi riferisco anche a quelle legate direttamente alla nostra alimentazione. Fino a poco tempo fa non si sapeva che per produrre la fava di cacao fosse necessaria l’attività impollinatrice di un dittero: senza questo piccolo moscerino non ci sarebbe la cioccolata! Ci sono molti prodotti presenti nella nostra dieta che non sono immediatamente riconducibili all’impollinazione ma che ne dipendono: oltre al cioccolato, si possono ricordare le mandorle o la passata di pomodoro.”
Perché gli impollinatori sono a rischio?
“Per un mix di cause diverse, ma i fattori principali sono la diminuzioni delle aree naturali e l’uso di pesticidi. Il consumo di suolo è un problema enorme per gli insetti impollinatori perché non trovano più un luogo dove fare il nido e vedono ridotte le loro fonti di cibo. Gli insetticidi, invece, incidono non solo sulla mortalità degli insetti, ma modificano anche il loro comportamento tanto che alcuni animali non riescono più a tornare al nido. Inoltre bisogna ricordare che anche i pesticidi non usati direttamente per gli insetti provocano dei danni. Entrambi queste cause sono strettamente riconducibili all’agricoltura intensiva che crea un vero e proprio deserto per la biodiversità.”
Come si adattano gli impollinatori al cambiamento climatico?
“Una forma di adattamento molto comune è la diminuzione di taglia corporea, poiché si riesce a dissipare meglio il calore quando si è più piccoli. Con il cambiamento climatico si assiste all’avanzamento della stagione fenologica degli insetti, cioè variano i loro ritmi biologici in base alla temperatura: essendo più caldo, anticipano alcune azioni come volare o riprodursi. Questo ha un effetto sulle piante perché può esserci una mancata corrispondenza tra il ritmo dell’insetto e quello delle piante. È stato dimostrato, per esempio, come la comparsa delle farfalle fosse in anticipo rispetto alla fioritura delle loro piante ospiti. Infine, tutti gli organismi, insetti compresi, stanno cambiando la loro distribuzione per cercare temperature più fredde: verso i poli o verso quote più alte.”
Che effetto potrebbe avere sull’ecosistema la diminuzione o l’estinzione degli organismi animali impollinatori?
“Non possiamo saperlo con certezza, ma le colture che dipendono più strettamente dagli insetti impollinatori, come la mela, il kiwi e tante altre, non saranno più in grado di produrre il loro frutto, altre ne produrranno in quantità minore o di peggiore qualità. Questo scenario ci vedrà costretti ad affidarci solo a impollinatori domestici, o, addirittura, a intervenire con l’impollinazione a mano. Per noi è un problema grosso, perché moltissime colture dipendono dagli insetti impollinatori. Inoltre è bene ricordare come numerosi studi abbiano dimostrato che per ottenere un’impollinazione ottimale siano necessari tanti impollinatori diversi che riescono a inserirsi nel fiore in modo differente l’uno dall’altro. Pensare dunque che i cosiddetti impollinatori domestici – come l’ape mellifera – possano sopperire alla mancanza di altri insetti selvatici rischia di essere errato.”
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Gli impollinatori svolgono un servizio indispensabile e gratuito (purché le condizioni lo consentano).
In alcune aree dell’Asia gli impollinatori sono praticamente spariti per i motivi menzionati nell’articolo per cui i bambini, in quanto più leggeri, salgono sugli alberi da frutto con contenitori di polline e pennelli per impollinare. I sindacati chiudono un occhio davanti al lavoro minorile (??).
Altre proposte aberranti riguardano l’uso di droni per distribuire il polline nelle specie coltivate dimenticando le moltissime specie spontanee che forniscono cibo ad altre forme di vita.
Soluzioni per niente ecologiche per un servizio ecosistemico che, tutelato, sarebbe GRATIS.
Bellissimo articolo
E che dire dei comuni italiani (tra cui il mio vicino a Milano) che in estate passano di notte a spruzzare sostanze a base di piretro per eliminare le zanzare? Come se gli altri insetti utili fossero al riparo da tali sostanze perchè attivi di giorno (ma ci sono anche impollinatori notturni…). Propagandano gli orti urbani e poi passano nei viali alberati, nei parchi e nei giardini pubblici a diffondere sostanze nocive (perchè altrimenti non si spiegherebbe l’avviso di tenere chiuse le finestre e non lasciare all’esterno animali e vasi di piante eduli). Nessuna notizia sul reale numero di zanzare presenti e dell’impatto del trattamento: l’ignoranza senza fondo di certi amministratori è davvero sconvolgente….