Quali verdure fresche dovrebbero coltivare gli astronauti diretti verso Marte o comunque costretti a rimanere per lunghe settimane nello spazio? In una situazione del genere è necessario tenere conto di innumerevoli esigenze che si sommano. Le richieste nutrizionali specifiche di un organismo soggetto a sollecitazioni fisiche diverse rispetto a quelle terrestri, la necessità di coltivare nel minor spazio possibile e con il minor consumo possibile di acqua, lo smaltimento di ciò che non si mangia, nonché l’accettazione psicologica di verdure che sarebbero sempre le stesse.
La domanda è una delle più importanti tra quelle collegate ai lunghi viaggi spaziali, perché la necessità di consumare frutta e verdura fresche è fondamentale ai fini del mantenimento di un buono stato di salute. Se mandare in orbita piatti pronti studiati per fornire, per esempio, le giuste proteine, non presenta serie difficoltà (e si fa ormai da molti anni), coltivare le verdure è più difficile e pone una serie di quesiti. Per trovare la giusta ricetta, un team di ricercatori provenienti da Australia, Regno Unito e Stati Uniti ha lavorato su una possibile insalata mista.
Innanzitutto, i ricercatori hanno effettuato una prima selezione di cento colture e ne hanno determinato le proprietà nutrizionali come il contenuto di zuccheri, vitamine, grassi, amminoacidi, sali minerali e fibre. Poi hanno valutato, per ciascuna di esse, le risorse necessarie, così come il riutilizzo degli scarti, che, quando in grado di fornire elementi nutritivi, dovrebbero rientrare nel sistema idroponico e, quando inutilizzabili, dovrebbero essere bruciati. Quindi hanno verificato quali verdure fossero migliori per gli esseri umani in condizioni di microgravità, che determina una perdita di densità ossea e di massa muscolare, e a ritmi circadiani stravolti (per quanto si cerchi di mantenerli imponendo orari prefissati, perdono significato nello spazio, e questo incide anche sull’appetito). Le caratteristiche di base, tra l’altro, sono state mutuate da un apposito studio pubblicato dalla NASA nel 2011. Infine, hanno pensato al fatto che l’alimentazione, per gli esseri umani, è aiutata anche da fattori psicologici ed è quindi indispensabile trovare cibi esteticamente gradevoli e con sapori che inducano noia il meno possibile.
Servendosi anche di modelli e simulazioni, alla fine hanno selezionato dieci possibili insalate che soddisfano sufficientemente tutti i requisiti. La vincitrice è un’insalata con sette ingredienti: semi di soia, semi di papavero, orzo, cavolo riccio, arachidi, semi di girasole e patate dolci. Alla fine, gli autori l’hanno fatto assaggiare a quattro volontari, ricavandone giudizi molto positivi.
La ricerca continua, per selezionare varietà che abbiano caratteristiche ulteriormente favorevoli alle missioni spaziali. Queste ricerche, tuttavia, sono molto utili anche per tutta la popolazione generale, perché lo studio di metodologie innovative per la produzione di cibo in condizioni molto difficili (nello spazio non si può cuocere né mantenere il cibo refrigerato), che vanta una storia lunga decenni riassunta in un articolo pubblicato dalla NASA nel 2020, ha ricadute anche sulla produzione alimentari terrestre. Il primo vero esperimento di coltivazione di carne è del 1962.
© Riproduzione riservata Foto: Fotolia, Università di Adelaide
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Giornalista scientifica