Lavare o non lavare l’insalata confezionata? La domanda non è banale perché sui banchi del supermercato si trovano buste e vaschette di cicorino, soncino, lattuga, romana, rucola… pronte da condire e portare a tavola e confezioni dall’aspetto simile, con una scritta che consiglia di lavare il prodotto prima dell’uso. Apparentemente le due confezioni si assomigliano molto ma c’è una differenza sostanziale.

 

Nel primo caso si tratta di buste di insalata di IV gamma, sottoposta a selezione, oltre che a diversi lavaggi e asciugatura, prima di essere confezionata ed etichettata con tanto di data di scadenza. Nel secondo caso si tratta di insalata selezionata e mondata ma non lavata, che costa meno anche perchè non è tenuta a rispettare la catena del freddo. È vero che sulla confezione una scritta invita il consumatore a procedere con i lavaggi, ma spesso la dicitura è poco visibile ed è opzionata in un angolo.

 

Questo è un limite rilevante perché il consumatore non sempre legge le diciture e le somiglianze tra le confezioni possono trarre in inganno. La confusione aumenta quando  le catene di supermercati propongono entrambi i tipi di insalata con il loro marchio. L’insalata di IV gamma è in effetti un prodotto alimentare sottoposto alle norme sanitarie previste nel pacchetto igiene. C’è di più: il 13 maggio 2011 il Parlamento italiano ha varato per la prima volta una normativa (legge 77/2011) sulla produzione e commercializzazione delle insalate in busta, con l’intento di regolamentare un settore privo di disposizioni specifiche.

 

Presto dovrebbe essere approvato il decreto di attuazione che definisce i limiti microbiologici (la legge italiana costituisce il primo intervento normativo a livello europeo). In attesa degli eventi una cosa però è certa, le insalate in busta non vanno lavate prima di portarle a tavola come suggerisce qualcuno, la disinfezione con il cloro e altre sostanze (acido peracetico, biossido di cloro, etc.) fatta in uno dei lavaggi permette al prodotto di mantenere sino alla scadenza una condizione igienica accettabile. La normativa prevede in ogni caso che siano assenti batteri patogeni come Salmonella, Listeria e alcuni tipi di Escherichia coli, mentre non ci sono limiti per la carica batterica totale.

 

Questo concetto è importante perché i batteri nell’insalata in busta ci sono ma non devono procurare il mal di pancia. Per essere più precisi possiamo aggiungere che dopo 3 giorni in frigorifero la carica microbica totale aumenta di 10-100 volte ma generalmente ciò non costituisce un problema. Le analisi condotte negli ultimi anni (Altroconsumo giugno 2008 un test su 14 campioni, De Castelli Zooprofilattico 2011 e anche da Caponigro su Food Microbiology 2010 vedi allegato), confermano il buon livello igienico del prodotto. I risultati evidenziano l’assenza di batteri patogeni per la salute nel 99% dei casi. Quando si riscontrano Escherichia coli si tratta quasi sempre di quantità inferiori alle dosi considerate critiche. 

 

Sono quindi fuori luogo i titoli di alcuni giornali che invitano a lavare le insalate confezionate prima di portarle a tavola, perché enfatizzano la presenza di germi patogeni. È vero i batteri ci sono ma nella generalità dei casi non sono pericolosi e questo è l’aspetto che conta. Anche un recente lavoro condotto a Torino su 100 insalate da Amisano ha individuato in tre campioni l’Escherichia coli, che secondo gli stessi autori non possono definirsi patogeni, non avendo indagato sulla specie. «In questi anni – precisa Vittorio Caponigro, ricercatore del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura presso il Centro di ricerche per l’orticoltura (CRA-ORT) di Pontecagnano (SA) specializzato nello studio dei sistemi di produzione della quarta gamma nella piana Sele dove si coltiva oltre il 50% delle delle insalate baby leaf pronte per l’uso – abbiamo analizzato oltre 20 mila campioni riscontrando poche irregolarità sia rispetto al criterio igiene (Escherichia coli pari o superiore a 1000 in più di due unità campionarie) sia rispetto alla presenza di patogeni.

 

Va altresì detto che la presenza di patogeni è estremamente ridotta se confrontata con prodotti crudi come latticini e carni. Siamo di fronte ad un prodotto che quando viene confezionato risulta igienicamente a posto, ma che presenta diverse criticità se viene interrotta la catena del freddo. Questo è il vero problema che grava sulle insalate. La rottura della catena del freddo d’estate per una-due ore è devastante e si ripercuote sul prodotto che mostra foglie appassite, incrementa lo sviluppo della flora microbica e inficia il livello igienico. Il rispetto rigoroso della catena del freddo è un requisito fondamentale per questo tipo di alimenti privi di additivi e conservanti, da mantenere a temperatura compresa tra 0°C e +4°C.

 

Siamo di fronte ad un prodotto senza conservanti dove il mantenimento della temepratura corretta è fondamentale. «Per prolungare la scadenza e migliorare le condizioni di conservazione – continua Caponigro – si potrebbe far ricorso a soluzioni tecnologiche come imballaggi attivi in grado di modulare l’atmosfera all’interno delle confezioni, ma ciò comporta una lievitazione dei costi sensibile che dovrebbe essere condivisa dalle catene di supermercati, spesso focalizzate solo sul prezzo».

 

Consigli per gli acquisti

– Scegliere produttori e distributori affidabili che indicano sulla confezione oltre alla data di scadenza, quella di raccolta e confezionamento e descrivono il sistema di produzione.

– Consumare l’insalata entro 3-4 giorni dal confezionamento (tenendo conto che la scadenza viene fissata dopo 7 giorni d’inverno e 5 d’estate). Se si tratta di cicorino tagliato sottile è meglio anticipare di un giorno.

– In caso di dubbi si può sempre fare un veloce lavaggio con mezzo bicchiere di aceto bianco diluito in due litri di acqua per un minuto nella centrifuga di casa. Un sistema efficace e indolore, anche se ci sembra un’esagerazione, il bello dell’insalata pronta è che si travasa nel piatto, si condisce e si mangia.

 

Roberto La Pira

Foto: Photos.com

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Raffaella - BabyGreen
Raffaella - BabyGreen
25 Luglio 2012 13:11

Ma la soluzione ideale non potrebbe essere semplicemente di comprare solo insalata fresca, più sana e fino a 2 volte più economica???

alessandro
alessandro
26 Luglio 2012 10:07

ma hai idea di quanto ci vuole a lavare e tagliare un cespo di insalata fresca???
cmq in realtà può arriva a costare fino a 10 volte tanto….

Serena
Serena
27 Luglio 2012 14:26

Io le uso entrambe – sia fresca che confezionata e devo ammettere che sto drasticamente abbandonando la confezionata. Le insalate in busta spesso hanno un pessimo odore muffoso aprendo la confezione, anche quando sono fresche (provate quelle di una nota *Cooperativa* di supermercati italiani e mi direte). Concordo con Alessandro, ci vuole tempo extra per tagliarla e prepararla ma ormai ho adottato qualche trucco pratico: acquaio pieno d’acqua pulita in cucina, tagliere e coltello e un pratico asciugainsalata di plastica, di quelli che si comprano al mercatino. Contenitori con coperchio e via, in frigorifero. L’operazione mi porta via dai 5 ai 10 minuti.
Se voglio un’insalata che duri a lungo, scelgo l’iceberg: è un po’ più insipida della lattuga dura a lungo in frigorifero e lo spreco è quasi zero, le foglie sono tutte in ottima forma e risparmio il tempo di spulciarla.