Ridurre l’inquinamento globale da plastica dell’80% in meno di vent’anni. Utopia? Non secondo il Programma ambientale delle Nazioni Unite (Unep), che il 16 maggio ha pubblicato il rapporto Chiudere il rubinetto: Come il mondo può eliminare l’inquinamento da plastica e creare un’economia circolare, secondo cui, attraverso cambiamenti drastici ma convenienti dal punto di vista economico, questa riduzione è possibile entro il 2040.
Come riferisce il quotidiano britannico The Guardian, per raggiungere quest’obiettivo ambizioso è indispensabile eliminare tutta la plastica non necessaria, come il packaging eccessivo, oltre a aumentare il tasso di riutilizzo e riciclo e a incentivare la sostituzione con materiali più sostenibili. Implementando questi cambiamenti, l’Unep stima che nel 2040 l’inquinamento da plastica potrebbe scendere da 227 milioni di tonnellate a ‘sole’ 40 milioni di tonnellate. L’adozione di questo set di misure, elencate nel rapporto in dettaglio, non eviterebbe solo la dispersione della plastica nell’ambiente, ma si impedirebbe anche l’emissione di 500 milioni di tonnellate di CO2 all’anno.
In particolare, il rapporto calcola che incentivando il riutilizzo della plastica, ad esempio attraverso la diffusione di schemi di vuoto a rendere, l’inquinamento si ridurrebbe del 30% entro il 2040. Un altro 20% si potrebbe raggiungere incrementando il tasso di riciclo, ad esempio attraverso l’adozione di tasse sulla plastica vergine che rendano più conveniente l’uso di materiali riciclati. Infine, la sostituzione degli imballaggi in plastica con packaging alternativi in carta o materiali compostabili potrebbe contribuire alla riduzione dell’inquinamento di un altro 17%.
“Tutti hanno un ruolo da giocare. – scrive nel rapporto Inger Andersen, direttrice esecutiva dell’Unep – I governi possono creare l’ambiente regolatorio per incentivare il cambiamento verso un’economia circolare, e la volontà politica di farlo c’è, con un ampio sostegno sociale. L’industria petrolchimica, i comuni, i raccoglitori informali di rifiuti, i trasformatori della plastica e i principali utilizzatori (come i settori degli imballaggi, del tessile, dei trasporti, della pesca e dell’agricoltura) possono accelerare il riuso e il riciclo e assicurare la sostenibilità delle alternative introdotte sul mercato. Il settore finanziario può giocare un ruolo centrale allineando i flussi di capitale con un’economia della plastica circolare.”
Secondo le stime contenute nel rapporto, per raggiungere l’obiettivo di ridurre del’80% l’inquinamento da plastica sarebbe necessario un investimento di 65 miliardi di dollari l’anno. Una cifra importante, ma che è solo la metà di quanto viene investito nell’industria della plastica e che è solo una briciola rispetto a quanto si potrebbe risparmiare evitando i danni a salute, clima e ambiente e i costi legali associati all’inquinamento: 3 trilioni di dollari.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
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Mario Apicellla
13 Giugno 2023 12:28
Basterebbe imporre ai commercianti, GDO compresa, di ritirare gli imballaggi che i clienti riportano al mittente ed alle aziende produttrici di ritirare gli imballaggi che i commercianti ricevono dal consumatore finale. Si tratta in fin dei conti (conti che non si vogliono fare) di una parte dei costi indiretti (esternalità negative le chiamano oggi) di ogni confezione di acqua, di alimenti, di cianfrusaglie di elettrodomestici, di tutto, che per ora gravano solo sul contribuente mentre se li devono ingoiare i produttori. Nel giro di due mesi la plastica sparirebbe dagli imballaggi, ma gli ambientalisti non lo prevedono, le associazioni dell’agroindustria non vogliono, coldiretti griderebbe allo scandalo, fratelli d’Italia non farebbe mai una legge del genere e noi tutti a giocare al greewatching
Basterebbe imporre ai commercianti, GDO compresa, di ritirare gli imballaggi che i clienti riportano al mittente ed alle aziende produttrici di ritirare gli imballaggi che i commercianti ricevono dal consumatore finale. Si tratta in fin dei conti (conti che non si vogliono fare) di una parte dei costi indiretti (esternalità negative le chiamano oggi) di ogni confezione di acqua, di alimenti, di cianfrusaglie di elettrodomestici, di tutto, che per ora gravano solo sul contribuente mentre se li devono ingoiare i produttori. Nel giro di due mesi la plastica sparirebbe dagli imballaggi, ma gli ambientalisti non lo prevedono, le associazioni dell’agroindustria non vogliono, coldiretti griderebbe allo scandalo, fratelli d’Italia non farebbe mai una legge del genere e noi tutti a giocare al greewatching