Risale ad alcuni giorni fa la notizia di un’intossicazione alimentare verificatasi a seguito di un banchetto nuziale in un ristorante di Maretto, provincia di Asti. A oggi non si conoscono ancora le cause che hanno scatenato disturbi gastrointestinali più o meno gravi in circa un centinaio di invitati. La sola certezza è che si tratti di un focolaio epidemico di una malattia trasmessa dagli alimenti.

In casi come questi, le procedure da attuare sono complesse, ma ben delineate, almeno sulla carta. Secondo le Linee Guida OMS 2008, nel momento in cui arriva in ospedale un nucleo di una stessa unità epidemiologica, il team preposto deve allertare gli organi deputati, che notificano l’evento e attivano la ricerca degli esposti. Si procede così all’indagine epidemiologica, ambientale, e – possibilmente in contemporanea – alle analisi di laboratorio. “Tutto questo, però, non è sicuramente avvenuto tempestivamente”, afferma Cristiana Maurella, dell’Istituto zooprofilattico sperimentale Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria. La situazione ha coinvolto soggetti di ASL diverse, le quali spesso seguono procedure operative poco omogenee, fattore, quest’ultimo, che ne ha complicato il coordinamento. Continua l’esperta “maggiore uniformità e tempestività non potevano prevenire l’evento, ma di certo avrebbero permesso di ottenere risposte chiare in tempi brevi.”

In caso di focolai di intossicazioni, l’Oms ha disposto delle linee guida per condurre le analisi epidemiologiche, ambientali e di laboratorio

A interferire con lo svolgimento delle ricerche vi è poi il mancato ritrovamento delle pietanze servite ai commensali. Per i siti di ristorazione collettiva, in altre parole le mense, la legge obbliga a conservare per 72 ore un “pasto-testimone”, ossia un campione di tutte le pietanze distribuite, al fine di procedere rapidamente alle analisi in caso di non conformità. Nei ristoranti, invece, nonostante l’utenza raggiunta sia spesso altrettanto vasta, è richiesta solo la tracciabilità a monte, vale a dire che il ristoratore ha l’obbligo di individuare e registrare – dal punto di vista documentale – i fornitori e i lotti dei prodotti acquistati. Manca, però, una procedura in grado di assicurare la tracciabilità una volta che le derrate escono dal magazzino: delle fasi di preparazione e somministrazione, in sostanza, non rimane alcuna traccia.

Per questo motivo  l’assessore alla sanità del Piemonte Antonio Saitta ha proposto l’obbligo del pasto-testimone anche per i ristoranti, almeno in occasione di grandi eventi. Questo implica che ogni giorno dovrebbe essere conservata in frigorifero una porzione di ciascuna portata servita. Tuttavia, al contrario delle mense che di norma hanno a disposizione un addetto ai campioni, per i ristoranti tale proposta potrebbe risultare un’incombenza gravosa, visto anche il maggior numero di alternative proposte dal menù.

L’assessore alla sanità del Piemonte ha proposto di introdurre la pratica del pasto testimone anche per i ristoranti, almeno in occasione di grandi eventi

Secondo il parere di Corrado Giannone, tecnologo alimentare presso UL-Conal ed esperto di ristorazione collettiva “la maggior parte dei ristoranti ha condizioni igieniche inadeguate, eppure sarebbe sufficiente seguire anche solo poche semplici procedure, come lavare le mani, controllare la temperatura di conservazione dei prodotti, disinfettare i locali: non sono tante le cose, ma non viene fatto nemmeno quel poco”. Conclude Giannone: “episodi come questi avvengono tutti i giorni, con la differenza che i sintomi possono essere più o meno intensi, a seconda della sensibilità del singolo. Il fatto è che questa volta l’evento è davvero eclatante, con più di cento persone esposte. Fossero state cinque, ci sarebbe stato silenzio”.

Al riguardo, a distanza di pochi giorni dal banchetto nell’astigiano, è stato notificato un altro grave episodio di tossinfezione alimentare che ha coinvolto cinque persone in provincia di Torino. Anche in questo caso, come in molti altri ancora, non si è giunti a conclusioni certe. Solo in Piemonte, secondo il Report MTA (malattie a trasmissione alimentare), nell’arco del 2015 si sono verificati 77 focolai di intossicazioni alimentari, con un totale – verosimilmente sottostimato –  di 335 malati, 152 ricoverati e due decessi. Il caso analizzato rimane quindi solo un esempio di come, in Italia, la coscienza relativa alla sicurezza alimentare sia ancora troppo bassa, mentre la frequenza delle tossinfezioni rimane elevata.

Francesca Pianca

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Daniele
Daniele
1 Ottobre 2017 10:44

Per i siti di ristorazione collettiva, in altre parole le mense, la legge obbliga a conservare per 72 ore un “pasto-testimone” ….. quale legge o dispositivo obbliga la ristorazione collettiva ad avere un “pasto testimone”? Vi prego di indicare la fonte legislativa. Grazie .

Francesca
Francesca
Reply to  Daniele
2 Ottobre 2017 15:25

I riferimenti normativi che impongono alle mense la campionatura rappresentativa del pasto sono consultabili nelle “Linee Guida per la ristorazione collettiva”, emesse dall’assessorato alla Sanità del Piemonte, che applicano le indicazioni del Regolamento di Igiene della regione.
Ma, ancor più importante, ogni struttura di ristorazione collettiva possiede un “Capitolato speciale d’appalto” in cui è possibile trovare precisi riferimenti alla procedura in questione.

MARIO
MARIO
3 Ottobre 2017 12:29

IN EFFETTI C’E’ STATO ANCHE UN MORTO, CHE PARE AVESSE MANGIATO GLI STESSI ALIMENTI DI ALTRI COMMENSALI CHE NON SONO STATI NEPPURE RICOVERATI. IN EFFETTI LE CONTAMINAZIONI ALIMENTARI NON SONO OMOGENEEE ALL’INTERNO DEGLI STESSI ALIMENTI ED IL PROCESSO DI INDAGINE è MOLTO COMPLESSO. PER LA MIA ESPERIENZA LA REGIONE IN QUESTIONE ECCELLE NELLA REDAZIONE DI NORME BUROCRATICHE CONCETTUALMENTE INECCEPIBILI DAL PUNTO DI VISTA TEORICO, MA IL CONTROLLO EFFICACE E LA COMUNICAZIONE CON GLI OPERATORI SONO ASSENTI.

Roberto La Pira
Reply to  MARIO
3 Ottobre 2017 15:32

Le cause di morte della persona coinvolta non sono state ancora accertate