Patatine fritte, ketchup e bibita con ghiaccio di un fast food rovesciate a terra sull'asfalto; concept: junk food, linee guida nutrizionali

Nel 2025 le linee guida ufficiali statunitensi sull’alimentazione saranno aggiornate, come avviene ogni cinque anni. Quelle attuali, infatti, sono in vigore dal 2020. Ma chi elabora le correzioni? Chi partecipa ai panel nei quali si decidono non solo le raccomandazioni, ma anche eventuali valori-soglia, limitazioni per specifici gruppi di età o di persone (per esempio le donne in gravidanza e i neonati), linee guida per i menu di scuole, ospedali e caserme? La risposta è molto più difficile da formulare di quanto ci si potrebbe aspettare, perché l’elenco completo dei consulenti non viene reso pubblico. Tuttavia, il sito di giornalismo scientifico-investigativo Stat News è riuscito a entrare in possesso di diversi documenti secretati, grazie alla legge chiamata Freedom of Information Act, e a comporre quindi almeno in parte il quadro. La documentazione aiuta a comprendere perché vengono prese certe decisioni e quanto le multinazionali del cibo hanno raggiunto un’influenza pervasiva, capace di plasmare anche pronunciamenti che dovrebbero riguardare la salute e nient’altro. E invece.

Secondo quanto scoperto tra gli esperti proposti per l’incarico ci sono: un ricercatore nominato dal National Potato Council, autore di uno studio pagato dall’associazione nel quale si sosteneva che mangiare una porzione di patatine fritte equivale, quanto a effetti sul peso, a consumare la stessa quantità di mandorle; un accademico vicino alla National Coffee Association, il quale sostiene che il caffè riduce il rischio di alcuni tumori; un sostenitore della dieta vegana indicato dall’associazione dei produttori di soia; tre ricercatori che studiano i benefici dell’acqua sostenuti dell’International Bottle Water Association; tre esperti sono stati nominati dall’International Fresh Produce Association, nel cui board siede la catena Walmart; le due associazioni paladine della dieta a base vegetale, il Physician Committee for Responsible Medicine e la Physician Association for Nutrition USA, hanno indicato quattro e cinque esperti, rispettivamente, che hanno dichiarato di voler mettere fine ad anni di strapotere dei produttori di carne e latticini. 

Caffè espresso da macchinetta nella tazzina, con capsule per caffè sullo sfondo
Le associazioni di categoria che rappresentano le industrie del caffè, delle patate e dell’acqua in bottiglia hanno cercato di far nominare esperti a loro vicini nel panel per l’elaborazione delle nuove linee guida alimentari americane

Solo due degli esperti nominati dall’industria, il sostenitore della dieta vegana e l’accademico indicato dall’associazione dei produttori di caffè, sono arrivati a far parte del comitato per la revisione grazie alle pressioni esercitate sulle due agenzie governative che, secondo l’iter classico, indicano i membri, ovvero il Dipartimento dell’agricoltura e il Dipartimento della salute e dei servizi umani. Probabilmente l’origine delle distorsioni sta proprio in questo ovvio conflitto di interessi, come ha sottolineato a Stat anche Marion Nestle, la decana dei nutrizionisti statunitensi dell’Università di New York. Il problema è che le associazioni di produttori non hanno alcun interesse a difendere la salute pubblica e ne hanno molti a promuovere gli alimenti al centro dei loro affari, mentre alcune associazioni come quelle che premono per la dieta vegetariana non sono necessariamente obiettive. 

Molti dei consulenti indicati dai produttori ricoprono incarichi accademici e sono scelti proprio perché ciò conferisce autorevolezza e forza alle candidature, ma anche questa è una realtà che riflette il potere delle multinazionali, nei cui board siedono, molto spesso, docenti e rappresentanti degli atenei che ricevono finanziamenti e sponsorizzazioni da quelle stesse aziende. Inoltre, anche le società scientifiche che indicano gli esperti di riferimento come la Società americana per la nutrizione e l’Accademia di nutrizione e dietetica possono essere dirette emanazioni dei produttori, e in passato sono state più volte messe sotto accusa proprio per aver pronunciato giudizi non basati su dati indipendenti. 

Di fronte a domande specifiche di Stat, National Coffee Association, International Bottled Water Association e National Potato Council hanno dato una risposta evasiva, che rientra in un approccio ben noto. Lo scopo, hanno detto, è assicurarsi che vengano tenute nella giusta considerazione tutte ricerche scientifiche, comprese, evidentemente, quelle che loro stessi hanno pagato. Ma diversi studi degli anni scorsi hanno mostrato che le ricerche sponsorizzate portano molto più spesso di quelle indipendenti a risultati favorevoli agli sponsor.

Patatine fritte in coni di carta di giornale con ketchup e maionese e forchettine compostabili per takeaway o food delivery
Le associazioni di categoria sostengono che il loro scopo sia assicurarsi che vengano tenute nella giusta considerazione tutte ricerche scientifiche

Queste prassi non sono nuove. Nel 2019, prima della stesura definitiva delle linee guida in vigore diverse multinazionali avevano inserito uno o più rappresentanti nello stesso panel, come aveva scoperto allora Politico. Più di recente sono emersi legami indiretti anche con un’esperta di obesità, Fatima Cody Stanford, che è stata nominata dal National Council on Aging, associazione che preme per espandere l’uso degli antidiabetici della classe dell’Ozempic per la perdita di peso e che ha ricevuto finanziamenti dall’industria farmaceutica. Si tratta di una connessione inquietante, anche se Novo Nordisk, principale azienda produttrice di questi farmaci, ha negato qualunque coinvolgimento. Tutto ciò ha fatto chiedere a un senatore dell’Iowa lo stop a tutto il processo di elaborazione delle linee guida, fino a quando un’inchiesta approfondita avrà chiarito i legami indebiti tra membri del panel e aziende, ma probabilmente è tutto l’iter attuale che sarebbe da rivedere.

Lo dimostra il caso macroscopico degli ultraprocessati, oggetto di grandi dibattiti e di un altro articolo di Stat. Di nuovo, grandi produttori come Kellogg’s, General Mills e Hostess, e associazioni come la Consumer Brands Association, il North American Meat Institute, il National Pork Board e le potentissime Corn Refiners Association, che riunisce i produttori di derivati del mais, e la Food and Beverage Issue Alliance, stanno facendo di tutto per sminuire il ruolo degli ultraprocessati in patologie quali l’obesità, il declino cognitivo, il diabete di tipo 2 e alcuni tumori. Gli argomenti sono sempre gli stessi: non ci sarebbero prove sufficienti (per esempio sul ruolo dello zucchero nell’aumento di peso: un grande classico della disinformazione). Inoltre, secondo loro, bisognerebbe rivedere la definizione più usata di ‘alimento ultraprocessato’ (derivata dalla classificazione Nova) che, pur essendo approvata dall’Oms, sarebbe troppo ampia e includerebbe alimenti come il tofu, tutt’altro che pericolosi per la salute. Al contrario, gli alimenti industriali contribuirebbero a ridurre lo spreco, a migliorare l’alimentazione, ad aumentare la sicurezza alimentare e a combattere la fame, essendo accessibili ad ampie fasce di popolazione.

La discussione sugli ultraprocessati è attiva in tutto il mondo, perché la Nova, come tutte le classificazioni, ha alcuni limiti e presta il fianco ad alcune distorsioni. Tuttavia, le prove del fatto che gli alimenti industriali ricchi di additivi, grassi, zuccheri e sale siano nocivi, soprattutto quando, come negli Stati Uniti, rappresentano circa il 60% delle calorie quotidiane, sono ormai molto convincenti. Quello delle lobby sarà un lavoro difficile anche se, probabilmente, porterà a qualche risultato. Di quale entità, lo si capirà quando saranno rese note le nuove linee guida.

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