La questione dell’indicazione obbligatoria sull’etichetta dei prodotti alimentari è uno degli argomenti che all’inizio del 2011 ha riempito pagine di quotidiani e settimanali. In testa al gruppo dei promotori c’era Coldiretti, che sbandierava ai quattro venti l’approvazione di una norma di legge (del tutto inappllicabile) approvata dai due rami del Parlamento.

Il fatto alimentare insieme ad altri siti come Newsfood ha spiegato che si trattava di una legge farsa, di una bufala, ma il battage mediatico ha prevalso. L’Unione Europea fissa l’obbligo di indicare dell’origine in etichetta solo per alcune categorie di alimenti (carne, uova, pesce, frutta, verdura…), senza prevedere norme per tutti gli altri.  Per capire com’è andata a finire questa storia vi proponiamo un bilancio della situazione firmato da Alfredo Clerici tecnologo alimentare, esperto di legislazione alimentare e promotore del gruppo Etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari inaugurato pochi mesi fa su Linkedin.

 

Il primo tentativo casalingo di rendere obbligatoria l’indicazione di origine e provenieneza sull’etichetta dei prodotti alimentari risale a quasi 9 anni or sono (legge 204 del 3 agosto 2004). Il punto qualificante dell’iniziativa, manco a dirlo, era l’obbligo di indicare origine e provenienza dei prodotti:

«Articolo 1 bis: indicazione obbligatoria nell’etichettatura dell’origine dei prodotti alimentari. Al fine di consentire al consumatore finale di compiere scelte consapevoli sulle caratteristiche dei prodotti alimentari posti in vendita, l’etichettatura dei prodotti medesimi deve riportare obbligatoriamente, oltre alle indicazioni di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, l’indicazione del luogo di origine o provenienza…»

 

Dopo una penosa serie di circolari e comunicati, Il DDL della Comunitaria 2007 tentò di abrogare il testo in quanto “in contrasto con la normativa comunitaria”. Dico “tentò” poiché, nella conversione in legge della Comunitaria, l’abrogazione “scomparve”.

(Può sembrare incredibile, ma il suddetto articolo 1 bis è tutt’ora legge dello Stato, tanto è vero che una successiva legge, di cui tra poco parleremo, ne richiede, nuovamente, l’abrogazione).

Chi volesse dettagli li può trovare qui.

 

Passò qualche anno, ma la voglia di tutelare il consumatore covava sotto le ceneri. Arriviamo, così, al secondo atto di questa sconfortante vicenda: il 3 febbraio 2011 nasce la legge n. 4 (Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari) che rimette in ballo, proprio l’obbligo di indicare origine e provenienza.

 

Anche questa volta, però, le cose cominciano subito a farsi complicate.

Per partire, le suddette disposizioni necessitano di decreti attuativi da attivare entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge (6 marzo 2011).

Dato che il successivo 6 maggio nulla accade, il legislatore perde la pazienza ed escogita una soluzione “definitiva”.

Un altro DDL che stabilisce  «I decreti di cui all’articolo 4, comma 3, della legge 3 febbraio 2011, n. 4 [ i succitati “decreti attuativi – N.d.A.], sono emanati entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.»

 

A tutto il 5 dicembre 2012 la “presente legge” non ha ancora visto la luce, dato che il suo DDL, ci informano gli atti parlamentari, si trova “in corso di esame in commissione”.

È dunque, lecito dubitare che a breve succederà qualcosa e diffidare della granitica certezza di uno dei promotori, che un paio di mesi fa, affermava “Al massimo fra 60 giorni su ogni prodotto alimentare venduto nel nostro Paese i consumatori troveranno il luogo di produzione, l’azienda produttrice la data, la veridicità del contenuto…”

 

Alfredo Clerici

Foto: Photos.com

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Luigi Tozzi
Luigi Tozzi
5 Gennaio 2013 11:12

E’ in corso in questi mesi un grande dibattito tra la Commissione europea e i portatori d’interesse sui prossimi atti delegati che la Commissione stessa dovrà pubblicare per rendere effettivo il regolamento generale sull’etichettatura del dicembre 2011. Tuttavia nella modifica dei regolamenti sull’Organizzazione Comune del Mercato (OCM), quindi per prodotti agricoli e loro derivati, è prevista l’introduzione dell’obbligo dell’origine agricola delle materie prime. Tale modifiche sono sotto l’egida della DGAGRI, molto più aperta all’indicazione dell’origine della materia agricola della DGSANCO. Aspetterei qualche mese prima di scrivere che l’indicazione dell’origine obbligatoria degli ingredienti è solo un’invenzione italiana.
Anche per questo i DM italiani non sono usciti.

alfredo clerici
alfredo clerici
7 Gennaio 2013 16:16

Il mio commento alle osservazioni del dott. Tozzi è inserito nella pagina del mio gruppo di linkedin segnalata nell’articolo.
A. Clerici