“L’immagine ha il solo scopo di presentare il prodotto”. Siamo così abituati a leggere questa frase sulle confezioni di surgelati, scatolette o altri alimenti che quasi non ci facciamo più caso. Ma basta riflettere un attimo per rendersi conto che spesso la differenza tra l’immagine proposta dall’azienda e il contenuto è davvero incolmabile. Non si tratta solo di mostrare il cibo sotto la sua luce migliore – come farebbe un pasticcere nella sua vetrina o un fruttivendolo sul banco – ma di una vera e propria arte per rivisitare il prodotto.

 

Gli alimenti da fotografare sono infatti trasformati, ricorrendo anche a stratagemmi pur di farli apparire più freschi e appetibili. Tutto questo avviene anche se nel decreto legislativo 109/92 che recepisce una direttiva europea, si dice che etichette e confezioni non devono trarre in inganno il consumatore. Si tratta di una norma spesso ignorata – anche perché le sanzioni sono minime – o comunque aggirata con frasi ad effetto.

 

 

Quali sono i trucchi dei fotografi specializzati? Polli o gamberi crudi laccati con olio o caramello per farli apparire più vivaci e succulenti, panini fotografati prima di scaldarli per far sembrare più appetitose insalata e formaggi, verdure fresche aggiunti appena prima di scattare la foto, immagini in cui risaltano ingredienti pregiati come carne o pesce che nella realtà scarseggiano. Questi e altri trucchi sono mostrati in un video svizzero, che racconta i segreti delle foto alimentari, ma anche quelle usate dalle riviste di cucina, che poi ci fanno disperare perché il piatto «non è venuto come nella foto!». Queste immagini, ricordano gli esperti, sono marketing, pubblicità, e non informazione: per sapere cosa c’è davvero dentro un alimento confezionato quello che fa fede è l’elenco degli ingredienti.

 

Gli svizzeri non sono gli unici a occuparsi dell’argomento. In Germania è diventato un libro il progetto Werbung gegen realitaet (pubblicità contro realtà) che mette a nudo salse minestre snack e piatti pronti, alcuni venduti anche in Italia, confrontando le immagini ufficiali con quello che realmente esce da scatole e barattoli. In Francia, un sito analogo attivo da anni si chiama “Non contractuelles“.

 

Negli Stati Uniti c’è  un sito che mette a confronto le pubblicità dei fast food più popolari con immagini reali di panini e nachos, mentre Food in real life presenta una serie di specialità pronte di gusto americano, commentate con ironia – «se mia madre cucinasse così mangerei sempre fuori» – osserva lo scrittore valutando una pietanza che si presenta “cucinata come farebbe la mamma”. A completare il sito, una lista d’onore con le specialità che propongono le immagini più realistiche, e la lista nera delle interpretazioni più fantasiose: «forse si sono dimenticati di metterci il tacchino» scrive l’autore recensendo una preparazione surgelata di “medaglioni di tacchino arrosto”.

 

In Canada è stata la stessa direttrice di un ristorante McDonald’s a rendere pubblico attraverso un video caricato su Youtube, come vengono create le immagini promozionali dei loro panini.

 

Anche Ilfattoalimentare si è occupato dell’argomento e Gianna Ferretti qualche tempo fa aveva lanciato un invito ai lettori del suo blog, Trashfood, perché arricchissero la galleria di immagini.

Un invito che rilanciamo volentieri ai lettori de Ilfattoalimentare: vi mostreremo le nostre immagini ma abbiamo bisogno del vostro contributo. Le foto migliori che arrivano in redazione saranno pubblicate, inviatele a questo indirizzo: ilfattoalimentare@ilfattoalimentare.it

 

Paola Emilia Cicerone

Foto: Thewvsr.com, Photos-non-contractuelles.fr, Pundo3000.com