home restaurant
Gli home restaurant sono una forma alternativa di ristorazione nelle abitazioni private

L’Antitrust ha espresso un parere sul disegno di legge che disciplina l’attività di ristorazione in abitazione private, i cosiddetti home restaurant, approvato dalla Camera e attualmente all’esame della commissione industria del Senato.Nel testo si dice che  il provvedimento introduce limitazioni “non giustificate”  e restrittive della concorrenza all’esercizio di questa attività.

Tra le norme contestate, l’Antitrust indica quelle relative all’obbligo di prenotare il servizio solo attraverso piattaforme digitali, che esclude ogni possibilità di rapporto diretto e riduce l’offerta dei servizi di ristorazione per i clienti meno avvezzi all’uso di sistemi digitali/elettronici di acquisto. Si creerebbe così una discriminazione con i ristoratori tradizionali, che, oltre a poter promuovere la propria attività e ricevere prenotazioni mediante siti internet, mantengono la possibilità di avere un contatto diretto con la clientela. Analoghe considerazioni, secondo l’Antitrust, valgono rispetto all’obbligo di fatto imposto di pagare la prestazione prima di averne beneficiato, nella misura in cui si prevede che le transazioni avvengano esclusivamente mediante le piattaforme digitali.

L’Antitrust definisce poi “del tutto ingiustificata” la fissazione del numero massimo di coperti (500) che possono essere allestiti annualmente e del reddito massimo (5.000 euro) che l’attività di home restaurant può generare. Ugualmente priva di motivazioni e ingiustificatamente restrittiva viene ritenuta l’esclusione delle attività di B&B e Case Vacanza in forma non imprenditoriale, e della locazione dalla possibilità di ampliare l’offerta di servizi extra-alberghieri con quella del servizio di home restaurant. Su questo punto, l’Antitrust era stata interpellata anche da Gaetano Campolo, amministratore della GC restaurant & management srl e fondatore di Home Restaurant Hotel.

home restaurant
L’Antitrust contesta l’obbligo di prenotare il servizio solo attraverso piattaforme digitali

Secondo l’Antitrust, “l’insieme dei vincoli e delle limitazioni all’attività di home restaurant sopra descritto si pone, dunque, fuori dal quadro tracciato dai principi europei della concorrenza”. L’autorità ricorda che la Commissione europea ha invitato gli Stati membri a favorire lo sviluppo della cosiddetta sharing economy o economia della condivisione, “capace di creare nuove opportunità sia per i consumatori, che possono beneficiare di un ampliamento dell’offerta di servizi e di prezzi inferiori, sia per i nuovi operatori, agevolati da forme di lavoro flessibile e da nuove fonti di reddito. Nel contempo, proprio nell’ottica di favorirne lo sviluppo, la Commissione ha ricordato che restrizioni in termini di accesso al mercato possono essere previste, secondo il diritto europeo, soltanto se sono non discriminatorie, giustificate da un ben individuato «motivo imperativo d’interesse generale», proporzionate e necessarie. Inoltre, la regolamentazione delle attività svolte nel quadro dell’economia collaborativa, nel tener conto delle specificità del servizio innovativo offerto, non deve «privilegiare un modello di impresa a scapito di altri»”.

In conclusione, secondo l’Antitrust, nessuna delle misure previste, risulta necessaria e proporzionata per perseguire gli obiettivi dichiarati dall’art. 1 del disegno di legge e cioè la trasparenza, la tutela dei consumatori, la leale concorrenza e la tutela della salute, nell’ambito dell’economia della condivisione. Infatti, questi obiettivi sono già tutelati da altre normative e, in particolare, eventuali obiettivi di tutela della salute dei fruitori sono comunque sufficientemente garantiti dall’obbligo di rispettare le norme sull’igiene degli alimenti e dagli obblighi di copertura assicurativa.

Quindi, secondo l’Antitrust, il disegno di legge che disciplina l’attività di home restaurant “appare nel suo complesso idoneo a limitare indebitamente una modalità emergente di offerta alternativa del servizio di ristorazione e, nella misura in cui prevede obblighi che normalmente non sono posti a carico degli operatori tradizionali, risulta discriminare gli operatori di home restaurant, a favore dei primi, senza rispettare il test di proporzionalità, necessarietà delle misure restrittive rispetto al perseguimento di specifici obiettivi imperativi di interesse generale, come invece richiesto a livello europeo”.

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Nicola Santangelo
13 Aprile 2017 13:44

L’Agcm non poteva esprimersi diversamente. La normativa sugli home restaurant in questione è un pessimo tentativo di disciplinare una nuova attività legata alla sharing economy. L’intervento del legislatore, infatti, va a condizionare negativamente la nascita e lo sviluppo di questa nuova forma di business. Come scrivo nel mio libro dal titolo “Home restaurant e social eating. Guida all’attività di ristorazione in abitazione privata”, è giusto che si vada a colmare quel vuoto normativo attualmente vigente all’interno del quale potrebbe insediarsi il sommerso e che attualmente potrebbe essere elemento di concorrenza sleale. Tuttavia questo intervento va fatto senza penalizzare i nuovi imprenditori. Il limite dei ricavi annui o del numero dei coperti rappresentano indubbiamente un limite alla libertà d’impresa, diritto tutelato dalla nostra Costituzione.

Nicola Santangelo
http://www.lavoroimpresa.com/lavoro-imprenditoria/art/1089-home-restaurant-social-eating-guida-attivit%C3%A0-ristorazione-abitazione-p