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Questo articolo di Giovanni Ballarini  è ripreso dal sito dell’Accademia dei Georgofili.

Non solo per il maiale, ma anche per i bovini bisogna dire che non si butta via nulla. Fin dall’antichità si sono creati usi specifici per ogni parte, anche se il valore nutrizionale del muscolo è costante, qualunque sia la sua origine: quarti anteriori o posteriori, tagli di prima, seconda o terza scelta. Dai quarti posteriori ancora oggi si ottengono preparazioni gastronomiche di pregio, mentre da quelli anteriori un tempo si preparavano ragù, lessi e bolliti, puoi caduti in disuso.

In Italia sono allevati circa un milione e quattrocentomila bovini da latte e nell’Unione Europea sono circa ventitré milioni. Sono animali selezionati per la produzione di elevate quantità di latte e che dopo aver prodotto tra i trecentomila e in quattrocentomila litri, a fine carriera sono inviati al macello con un’età media di cinque, sei anni e pagati anche un quarto rispetto agli animali da carne. In Italia si tratta di oltre trecentomila animali ogni anno con una non disprezzabile produzione di carne.

Con la macellazione, dalle bovine da latte si ottengono carni che per genetica, età, tipo di alimentazione e metodi di allevamento sono magre e che rimangono dure nonostante la frollatura (leggi articolo). Pur essendo sicure, sane e nutrienti questi tagli non sono adatti alle odierne richieste gastronomiche di bistecche al sangue, arrosti, stufati, grigliate e altre similari prestazioni. Non possono competere con le qualità gastronomiche degli animali da carne, ma hanno il pregio di un prezzo sensibilmente inferiore, perché tutto il costo dell’allevamento di questi animali è remunerato dalla vendita del latte. Da qui il successo di questo prodotto che con appropriate lavorazioni viene trasformato in hamburger, molto diffusi soprattutto nei fast food.

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La miscela degli hamburger deve essere composta di magro (70-80%) e grasso (20-30%)

Le carni, fresche o congelate, sono lavorate con macchine specializzate che suddividono i muscoli in piccolissime parti che, senza farne uscire i succhi, sono assemblate in un reticolo formando gli hamburger di forma e spessore adatti alla cottura sulla griglia. Dopo la verifica dello spessore ed eliminazione di eventuali imperfezioni di forma, sono surgelati e la catena del freddo è mantenuta fino alla cottura nei ristoranti, con controlli durante il percorso. La miscela deve essere composta di magro (70-80%) e grasso (20-30%) per avere sapore e morbidezza. C’è chi preferisce la grana fine e chi grossolana, ma non troppo, altrimenti rischia di non stare insieme e sbriciolarsi. La macinatura è essenziale perché si tratta di tagli duri e produce un reticolo che sulla griglia permette il passaggio del calore durante la cottura. Perché l’hamburger rimanga morbido bisogna che fra una particella di carne e l’altra vi sia uno spazio nel quale possano espandersi i succhi e sciogliersi il grasso, rendendo l’insieme succulento.

La cottura al sangue è poco indicata ed è una buona norma effettuare una cottura media, con una temperatura minima al cuore di 65-70° gradi (qui si può vedere un video con dei consigli di cottura). Non schiacciare con la paletta l’hamburger sulla piastra pensando di accelerare la cottura o formare una crosticina, perché l’unico effetto è eliminare gli umori e farlo diventare duro e asciutto.

Non schiacciare con la paletta l’hamburger sulla piastra perché l’unico effetto è farlo diventare duro e asciutto

L’attuale, innegabile successo di questo alimento deriva da quattro ordini di fattori. Il primo è il costo limitato della carne di parti e tagli gastronomicamente poco pregiati, in buona parte proveniente da bovini da latte a fine carriera. Il secondo elemento è di assicurare un sia pur limitato reddito agli allevatori di bovine da latte a fine carriera. Il terzo fattore consiste nell’aver inventato e messo a punto una tecnica di preparazione dell’hamburger con la quale la carne è ridotta in piccole particelle, superando il problema della durezza e al tempo stesso formando una struttura reticolare che durante la cottura permette l’uniforme penetrazione del calore. Infine l’industrializzazione della ristorazione rapida mette a disposizione di tutti una preparazione a base di carne, in una presentazione facile da mangiare con un vantaggioso rapporto tra prezzo e qualità.

Giovanni Ballarini, da Georgofili INFO

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Pasquale
Pasquale
22 Agosto 2017 17:54

Lunga vita al Prof. Ballarini che da sempre scrive cose colte ed esprime pareri equilibrati senza cadere in tentazioni e derive di ogni tipo

Angelo
Angelo
23 Agosto 2017 20:51

Il dato sulla produzione di latte per capo mi sembra eccessivo, dovrebbe attestarsi sui 35.000 – 40.000 litri prodotti nell’arco dell’intera carriera produttiva