Egregio dott. La Pira,
ho letto con molta attenzione il suo articolo il merito alla nostra attività di produttori di gelato. Non scendo nel merito delle sue opinioni personali circa la qualità del gelato – opinioni che rispetto -, ma desidero fare alcune precisazioni a beneficio dei vostri lettori.
A differenza di quanto lei afferma, il processo che prevede la produzione della miscela nel nostro laboratorio centralizzato di Mappano e la successiva mantecazione in gelateria, non compromette assolutamente la struttura del gelato. Non è questa la sede per specificare tutti i fattori che in realtà vanno a definire tale struttura, ma desidero invitarla fin da ora a visitare una nostra gelateria, in modo che lei stesso possa correggere quanto ha scritto.
Trovo del tutto fuori luogo il paragone con il piatto di spaghetti precotti e la prego di considerare che la sequenza di produzione della miscela liquida, relativa conservazione a temperatura controllata e successiva mantecazione è comune ad ogni gelateria italiana.
A differenza di quanto lei scrive, inoltre, Grom non dichiara di non usare additivi in generale, ma afferma chiaramente di non utilizzare additivi chimici: la farina di semi di carrube è infatti ottenuta grazie alla macinazione dei semi – appunto – contenuti nelle stesse carrube: un processo meccanico che si differenzia nettamente dai processi ben più aggressivi con i quali normalmente si producono gli additivi comunemente utilizzati nel gelato, come le carragenine o la gomma di guar, che lei stesso cita.
Il desiderio di non utilizzare emulsionanti è, inoltre, legato alla volontà di produrre un gelato che sia il più naturale possibile. E l’assenza di emulsionanti non ha alcuna relazione con la formazione di cristalli di ghiaccio, ma incide solo sulla quantità di aria incorporata nel gelato durante il processo di mantecazione.
La scelta dell’utilizzo del banco con il pozzetto è, desidero specificarlo, di natura tecnica: in questo modo il freddo viene trasmesso al gelato grazie al liquido contenuto nello stesso bancone e non grazie alla ventilazione di aria, come avviene nel caso dei gelati contenuti in vetrina. Il primo è un modo più “delicato e gentile” di ottenere la temperatura di -12° alla quale normalmente il gelato viene servito.
Sarà un piacere per me, in occasione della sua eventuale visita in gelateria, fare insieme a lei una degustazione “cieca”, confrontando il gelato di Grom con quello delle sue gelaterie preferite. Sarà certamente un’occasione per imparare e per migliorare ulteriormente la qualità del nostro prodotto. In attesa di incontrarla in uno dei nostri negozi, la ringrazio per avermi concesso questo spazio e ringrazio i lettori per l’attenzione.
Guido Martinetti
Foto: Grom, ritratto di Martinetti di Viola Berlanda
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Vedete, il punto non è tanto il fatto che la miscela sia congelata, la frutta pastorizzata etc. In Italia purtroppo siamo piuttosto indietro riguardo la trasformazione di certi alimenti. Si pensi solo che tutti quelli che processano grossi quantitativi di frutta usano ancora trattamenti termici, ossia tecnologie vecchie di cent’anni e più. Nell’ultima azienda che ho visitato si vantavano di essere l’eccellenza italiana, mostrandomi celle di stoccaggio del surgelato in ATM (atmosfera modificata). Roba di trent’anni fa. Ma innovare costa e soprattutto non conviene laddove c’è un substrato culturale fortemente condizionato dal finto artigianale, che ormai impera da alcuni decenni. Allora il modello vincente oggi è ascrivibile a poche e consolidate regole produttive e di marketing, ossia dare l’idea di produrre il gelato come una volta. Sì, ma quale volta? Il problema non è fare il gelato come lo fai, per me va benissimo, anche se trovo tutto il modello meritevole di critica e dai risultati mediocri sotto vari aspetti, a cominciare da quello strutturale. Ciò che infastidisce è che la gente venga indotta a pensare che stia mangiando un gelato sostenibile (sostenibile?) e dai connotati artigianali. Infastidisce quest’aura di esclusività mentre si legge adagi del tipo:
"Quando annate non favorevoli alla produzione di Pistacchio a Bronte (come nel 2007, quando il raccolto è crollato del 70% a causa della siccità ) GROM – invece che ingannare i propri consumatori e farsi coinvolgere dalla distorsione di un mercato che, guarda caso, vende fino a 20 volte la quantità di Pistacchio raccolta nella splendida cittadina Siciliana di Bronte – preferisce rivolgersi alla nobile terra di origine di questo frutto antichissimo: la Siria. "
Ora a parte il fatto che nel 2007 di pistacchi di Bronte ne sono stati raccolti 31070 quintali, che i portainnesti usati dagli agricoltori sono molto resistenti alla siccità , problema costante in quelle aree così come in Siria, che i problemi di contraffazione se si vuole si superano…insomma non è che tutti quelli che dicono di produrre/vendere/distribuire/trasformare pistacchio di Bronte ingannano i propri consumatori…insieme a tutto questo dovrebbe essere chiaro che il pistacchio della nobile Siria costa circa un terzo di quello siciliano DOP autentico…Ecco, forse qualche commento di stizza che leggo è comprensibile, magari da parte del consumatore avveduto o dell’artigiano, il vero artigiano, che si vede un po’ scosso nella sua professione. E a leggere gli strafalcioni scientifici di Martinetti, direi anche scosso nella sua professionalità .
Molto Bene! Chiaro e diretto come sempre. Aggiungo solo che tutto ciò che scrive La Pira è contenuto nel libro, quindi dichiarato dagli stessi autori senza inganni o mistificazioni. Insomma lo Scoop è inesistente.
Bentornato Guido!
Egregi signori, non entro troppo nel merito tecnico perchè appunto non è questa la sede, non ne avrei d’altra parte lo spazio nè il tempo. Da, diciamo, esperto del settore da venti anni, ci tengo però a fare un paio di precisazioni. Mi trovo d’accordo con il dottore La Pira riguardo alle conclusioni, anche se ritengo l’articolo impreciso in alcune parti. Tuttavia credo che le puntualizzazioni fornite da Martinetti siano un poco fuorvianti. Non è vero che la struttura in questo tipo di filiera non ne risente, e senza scendere nel dettaglio della termodinamica e cinetica della miscela, basti considerare le modalità con la quale questa viene conservata e trasportata nel luogo di mantecazione. Ma ciò è un dettaglio secondario rispetto al vero tratto distintivo di un laboratorio tradizionale di gelato autenticamente artigianale e naturale: tutti gli ingredienti freschi vengono processati e trasformati in gelato in un tempo relativamente breve. Questo significa, ad esempio, che io posso spremere dei limoni freschi e vendere il sorbetto in giornata. Ciò non è possibile nel modello centralizzato di Grom, dove occorre adottare tutta una serie di accorgimenti tecnologici che tuttavia non garantiscono la qualità raggiungibile da un vero laboratorio artigianale di gelato naturale. Questo a mio parere è un gap, ben coperto da una sapiente strategia di marketing, che potrebbe però essere minimizzato dall’implementazione di una tecnologia alternativa, pressochè sconosciuta in Italia e comunque allo stato delle cose fortemente antieconomica. Termino con un’ulteriore precisazione: non è vero che gli emulsionanti non hanno effetto sulla dimensione dei cristalli, lo hanno, anche se indirettamente. Casomai possono essere evitati se con un’opportuna formulazione e produzione si raggiunge un gradiente ottimale di instabilità per la genesi del network lipidico. Non mi dilungo ulteriormente. Cordiali saluti.
Il paragone con gli spaghetti precotti è azzeccatissimo, non facciamo assurdi giri di parole per ignorarlo.
Che Grom sia il Mc Donald’s dei gelati è ormai voce più che diffusa.
Non prendiamo in giro la gente: la assurda durezza dei gelati con la palese tipica durezza del ghiaccio all’interno sono ormai un marchio distintivo di Grom, che vive solo grazie ad una fasulla campagna pubblicitaria che prende per il naso i clienti proponendo l’alta qualità di un gelato industriale. Altro che artigianale: Grom è un degno concorrente di Algida e Motta, non certo delle gelaterie.
Invito Martinetti ad andare a Bologna, a provare il gelato di Grom e quello vicino della Funivia in Piazza Cavour.
E si vergogni.
Effettivamente La Pira ogni tanto si lascia prendere dalla "sindrome di altroconsumo"… ma almeno qui è possibile un sano e costruttivo dialogo.
GROM più che una gelateria è una gioielleria. Premetto che non capisco nulla di produzione di gelato, ma sono una assidua frequentatrice di gelaterie; nelle ottime gelaterie artigianli della mia città (Rovigo) il gelato costa qualsi la metà del rinomato (ma solo di nome)gelato GRO, la scelta è pertanto ovvia. per di più non mi fido se non vedo la vaschetta del gelato…
Tralasciando chi richiede atti di contrizione degni della Santa Inquisizione, eventualmente al posto di Grom andrei ad indagare se i miei conisti di Bologna lavorano bene il gelato (visto che nella mia gelateria i cristalli di ghiaccio non ci sono), mi sembra molto interessante il commento di Fabio. Potrebbe essere utile approfondire con un tecnico del settore certi aspetti della filiera produttiva e della misteriosa tecnologia alternativa oggi antieconomica, domani chissà . Magari svelare qualcosa in più non sarebbe male….ora che ci ha incuriosito.
Nell’ottica di un sano e costruttivo dialogo, appunto!
Rispondo in particolare a Fama Volat. Per quanto mi riguarda Grom fa benissimo a vendere il suo gelato così come l’ha concepito. Non mi esprimo in merito alla qualità che sicuramente in certe situazioni è superiore a quello che si riscontra in molte gelaterie sedicenti artigianali, come fa notare Francesco. Attenzione solo a non fare confusione sui termini "naturale", "chimico", "artificiale", etc. C’è una precisa legge, una volta tanto, sull’uso di questa terminologia, ma non viene quasi mai rispettata. Ciò che invece lascia perplessi, ma è comprensibile, è la tenace e martellante perorazione circa il presunto connotato artigianale di tale prodotto, quando in realtà non c’è. E non ci può essere fintanto si tiene centralizzata buona parte della produzione. Non c’è nulla di "velenoso" in questo, anche se, ripeto, la qualità è inferiore rispetto ad un gelato ben prodotto e consumato in giornata, a partire da ingredienti freschi. Senza cadere nell’illazione, ma rimanendo nel campo delle ipotesi,e visto che conosco abbastanza bene i modelli produttivi italiani, posso asserire con una certa fondatezza che le miscele vengono abbattute a temperature di divere decine di gradi sotto lo zero prima di essere distribuite e quindi mantecate. Ciò comporta tutta una serie di problematiche strutturali da risolvere e misure da prendere, specie da chi poi deve mantecare queste miscele. Ci sono del resto dei precisi rapporti tra decadimento di un alimento, qualità sensoriale e nutrizionale, e anche a temperature molto basse non si garantisce il mantenimento ottimale di tutti i parametri. La tecnologia di cui parlo non è stata ancora implementata, anche se a livello sperimentale si è fatta un bel po’ di ricerca specie nei laboratori della Unilever, che attualmente rappresentano la punta di diamante della ricerca sul gelato, assieme ad alcune università Usa. Mi dispiace non poter appronfondire il discorso, ma una delle mie occupazioni è la consulenza per industrie e artigianato, ossia vengo pagato per questo, o almeno dovrei 🙂
Termino col dire che la mia valutazione sui costi è puramente spannometrica, non sono un imprenditore e tale aspetto esula dalle mie competenze, quindi potrei sbagliarmi in rapporto ai volumi di produzione di un Grom.
Complimenti al Sig.Martinetti per la dialettica, ma indichi ai suoi clienti se intende come temperatura controllata la surgelazione della miscela liquida e la successiva decongelazione e mantecazione, in modo tale da essere trasparente e non impreciso. Ã
@ Andrea
aggiungerei almeno anche quello di via Castiglione…
Abito a Milano, vicinissimo ad una gelateria di Grom. Ho un bimbo di 22 mesi a cui do (spesso in estate) il gelato come merenda. Da mamma mi preoccupo di quello che mangia per cui parlo con i gelatai che lavorano vicino a casa mia e qualcuno mi ha anche fatto vedere il laboratorio. Puliti, e con latte, panna, burro e frutta fresca nei frigoriferi. Uno compra la frutta dal mio stesso fruttivendolo. Grom non e’ male, sinceramente non strepitoso, ma se conosci chi il gelato lo fa davvero fresco ogni mattina con lo stesso latte e la stessa frutta che compri tu, mi sembra gia’ di principio meglio.
grazie a Guido Martinetti che ha avuto il merito di fare e distribuire in molti punti, io sono a Treviso, un gelato buono, con ingredienti naturali e digeribilissimo. Purtroppo nella mia zona non ci sono, o per lo meno non sono riuscito ancora a trovare altrettanta qualità naturale nelle varie gelaterie "artigianali", tutte usano preparati e varie amenità chimiche. Sarebbe davvero utile che chi le conosce le segnali, grazie, Francesco
Wow, mi sembrano incredibili i messaggi dei bolognesi, sembra quasi che andiamo in gelaterie diverse. Io vivo a Torino e in tutti i Grom in cui sono andato non ho mai riscontrato tali "anomalie".. Forse lì c’è qualche problema.. E il paragone con McDonald’s scusate ma mi pare quantomeno eccessivo. Che tra l’altro sarebbe bello sapere da dove arrivano queste voci note a tutti.
Non so nelle altre città in Italia, ma qui a Milano Grom ha prezzi allineati con quelli delle altre gelaterie, non è sicuramente il più economico, ma neanche il più costoso. In secondo luogo, quando chi vi serve il gelato è abile nell’effettuare il rimescolamento manuale e ci impiega il tempo necessario, il gelato è soffice e assolutamente godibile. Purtroppo, a volte, capita che l’adetto non dedichi il tempo necessario a questa operazione (vuoi per disattenzione, vuoi per smaltire la coda). In questi casi il gelato che viene servito risulta sicuramente troppo compatto e meno piacevole. Consiglierei a Martinetti di fare più attenzione al suo personale, ai clienti insoddisfatti di provare a tornare in un orario non di punta e al dott. La Pira di accettare la sfida di Martinetti, se vuole davvero dare credibilità a ciò che che scrive.
Sergio, il fatto di rimestarlo è segno che la struttura non è appropriata. Un buon gelato non solo non necessita di tale accorgimento, ma deve essere evitato, pena la conseguente e progressiva destrutturazione. Il gelato è un delicato sistema colloidale di bolle d’aria intrappolate in un network di grassi, più lo maneggi più lo rovini. Evidentemente partendo da una certa struttura diciamo non corretta, questo deve essere lavorato per essere spatolato a dovere.
A me sembrano sempre troppo aggressivi commenti e accostamenti a catene come McDonald’s o gelato industriale concorrente diretto di Algida o cose del genere, forse a molti italiani manca proprio il senso di rispetto per gli altri . Comunque per quello che mi riguarda nella mia zona a cavallo tra la provinca di Vercelli ed Alessandria Grom è il migliore in fatto di qualità del gelato , io ho visitato sia Mura Mura che parte del laboratorio di Mappano per motivi di lavoro e vi posso dire che la frutta è proprio quella di Mura Mura e che la lavorazione farebbe impallidire moltissimi altri laboratori che si blagano tanto con l’aggettivo qualità ed artigianalità .
Non è che ci voglia poi molto a capire che catene come Grom vanno benissimo per pubblicizzare il gelato italiano all’estero, ma in Italia, dove se la devono battere con decine di piccole gelaterie (quelle si) davvero artigianali, nel lungo periodo si riveleranno insostenibili.
Conosco davvero decine di gelaterie a Roma con prodotti assolutamente artigianali e preparati in giornata con ingredienti sanissimi e ne stanno sorgendo come funghi.
Stessa cosa per Eataly: per ora a Roma c’è gente disposta a spendere 13 Euro per un piatto di cacio e pepe (che per carità , a New York è preziosissimo), ma fra qualche tempo si capirà l’assurdità di spendere questa cifra quando la trattoria accanto ti vende lo stesso piatto, forse più genuino e sano, alla metà del prezzo.
Mi sembra di capire che uno dei maggiori spunti di critica sia il presuto congelamento della miscela per la spedizione dallo stabilimento di Mappano ai punti vendita. Ora ho riletto il libro e si parla di pastorizzazione e confezionamento della miscela liquida. Rammento anche un’intervista de Il Sole 24H in cui Federico Grom precisava che "..il nostro gelato ha una percentuale di frutta superiore a quella stabilità dall’autorità americana. Il che significa che la miscela liquida che esportiamo è considerata alla stregua di una marmellata." Ora sembrerebbe che la miscela pastorizzata sia conservata certo in frigo (come il latte fresco pastorizzato che dura 6 giorni) ma non necessariamente congelata.
Quindi vorrei capire da dove proviene la notizia che Grom congela la miscela?
A mio avviso un gelato artigianale è fatto usando le migliori materie prime, nessun additivo chimico ma fatto nella stessa sede della vendita, o â
mil paragone con mcdonald’s è veramente risibile, al limite si può fare con qualcosa tipo Gourmet Burger, insomma, una catena che fa prodotti di qualità e che ovviamente, per insuperabili limiti logistici, non potrà mai raggiungere i livelli di un gelato artigianale a bassa produzione fatto con tutti i crismi, questo è scontato, non ha senso ed è solamente ozioso stare ad argomentare che ‘il gelataio sotto casa che compra gli ingerdienti al mercato biologico e fa 7 gusti ha un gelato migliore etc…’. ma che c’entra? il punto è che Grom al tempo stesso può tranquillamente stagliarsi sopra la maggioranza delle gelaterie pseudoartigianali italiane, ed offrire un prodotto di qualità . Se riusciamo a capire questo e la smettiamo di portare avanti polemiche idiote, allora si può discutere degli aspetti tecnici, che invece son molto interessanti e potenzialmente problematici