L’Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare egiziana annuncia un atteso giro di vite: quello sugli acidi grassi trans (TFA). Eliminati da anni dall’alimentazione dei cittadini europei, nordamericani, brasiliani, cileni, indiani, sudafricani e di altri Paesi, questi grassi sono ancora troppo presenti nella dieta degli abitanti di numerosi Paesi a un livello di sviluppo medio e basso, che stentano a eliminarli. Le aziende, gli importatori e i produttori avranno ora 12 mesi per sostituire i TFA con altri grassi e ridurne la concentrazione al di sotto del limite di 2 grammi ogni 100 grammi, indicato dall’Oms.
La notizia, ripresa da FoodNavigator, è di particolare importanza, sia perché l’Egitto è uno dei massimi consumatori di acidi grassi trans, sia perché in questo modo si fa un passo avanti verso l’obiettivo lanciato dall’Organizzazione mondiale della sanità nel 2019 attraverso l’iniziativa REPLACE, che prevede la totale eliminazione dei TFA in tutto il mondo entro il 2023.
In Egitto si stima che oggi il 34% degli alimenti contenga grassi trans in concentrazioni superiori al limite indicato dall’Oms, con una presenza particolarmente elevata nei prodotti tradizionali e di consumo quotidiano. Ma questo utilizzo dei TFA comporta un prezzo elevatissimo per la salute degli egiziani, che sono sempre molto in alto nella classifica dei 16 paesi più colpiti dai decessi per patologie cardiovascolari causate dall’assunzione di grassi trans. Per tale motivo, e dopo molti rinvii, il paese sembra aver imboccato la direzione giusta, che sarà valida anche per i prodotti importati. Per raggiungere l’obiettivo, oltre al limite imposto, sarà incentivato l’utilizzo di grassi alternativi, nella speranza che l’iniziativa serva da esempio per altri paesi africani, i più restii a eliminare i grassi trans.
Secondo gli aggiornamenti dell’iniziativa REPLACE, comunque, la scadenza del 2023 non sarà rispettata, ma non sembra essere del tutto fuori dalla realtà. Tra gli ultimi paesi che hanno implementato normative specifiche vi sono l’India, le Filippine, l’Ucraina e il Bangladesh, mentre altri paesi come il Messico, lo Sri Lanka e la Nigeria sarebbero sul punto di farlo, modificando così i fattori di rischio di centinaia di milioni di persone. Nel 2020, nonostante la pandemia, il numero di paesi che hanno adottato limiti e restrizioni è triplicato rispetto all’anno precedente: un ottimo segnale, anche se, al momento, solo il 42,6% della popolazione mondiale, pari a circa 3 miliardi di persone, è ‘protetta’ dai grassi trans e resta quindi molto da fare.
E lo schema di REPLACE aiuta a capire come agire. La sigla è infatti un acronimo: REview (raccogliere tutti i dati necessari per definire la situazione di un Paese e, quindi, immaginare come muoversi); Promote (definire quali sono i grassi migliori e come promuoverne efficacemente l’utilizzo); Legislate (scrivere delle norme che siano applicabili e utili); Assess (valutare nel tempo gli interventi); Create (rendere le persone consapevoli dei rischi dei grassi trans) ed Enforce (ottimizzare e rafforzare le norme introdotte). Applicando questo metodo e facendosi aiutare dalla stessa Oms, che ha investito persone e mezzi sull’iniziativa, si può arrivare al target grassi trans zero, perché, come ha sottolineato lo stesso direttore Ghebreyesus, non hanno nulla di positivo per la salute umana, sono tossici e non devono avere posto nell’alimentazione, anche perché comportano costi elevatissimi per i sistemi sanitari e per questo vanno eliminati.
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Giornalista scientifica
E’ assurdo e inconcepibile nel 2023, che tante grandi Nazioni permettano di usare comunemente i grassi che provocano tante patologie, così come critico la scelta della Ferrero di usare comunemente nei suoi prodotti, che per lo più si rivolgono ai bambini l’olio di palma