Panetti di burro su un foglio di carta oleata sopra un piatto di legno, con coltello; concept: grassi saturi, colesterolo

I grassi vegetali ricchi di acidi grassi polinsaturi come l’olio extravergine di oliva sono migliori, dal punto di vista della salute, rispetto a quelli animali, come il burro, composti prevalentemente da acidi grassi saturi. Sostituire questi ultimi con i primi significa modificare il proprio quadro lipidico, e migliorare così gli indici di rischio di diverse malattie. Lo conferma, ancora una volta, e in modo assai convincente, un grande studio che ha coinvolto diverse università europee, appena pubblicato su Nature Medicine. In esso si è messo a punto un metodo con relativo punteggio per valutare l’effetto dei grassi della dieta sul profilo lipidico, e gli studiosi hanno poi applicato il punteggio a tre grandi studi di popolazione degli anni scorsi.

Grassi saturi e polinsaturi nelle linee guida

I risultati sono stati tutti convergenti, e ciò rappresenta una conferma che dovrebbe rafforzare le attuali linee guida e aiutare a formularne di nuove. Molte di esse già oggi prevedono quasi sempre il consiglio di prediligere i grassi vegetali, ma non sempre le indicazioni sono sostenute da prove statisticamente molto forti; da ora, tutto ciò potrebbe cambiare.

La sperimentazione controllata sui volontari

Nella prima parte dello studio, coordinata dall’Università di Reading, in Gran Bretagna, 113 volontari sono stati invitati a seguire, per 16 settimane, una dieta ricca di grassi animali saturi oppure una con acidi grassi insaturi di origine vegetale. Quindi, di tutti i partecipanti si è analizzato il profilo del lipidoma, cioè dell’insieme dei grassi presenti nel sangue e, in particolare, l’andamento di 45 di essi.

Poi, in base a quanto osservato, gli studiosi hanno messo a punto un punteggio chiamato multilipidico o MLS (da multi-lipid score), nel quale a una dieta basata sui grassi vegetali “buoni” corrisponde un MLS alto, che indica una situazione positiva, dal punto di vista dei vari grassi del sangue, e viceversa. L’MLS è stato poi applicato a tre grandi studi di popolazione.

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Molte linee guida già oggi prevedono quasi sempre il consiglio di prediligere i grassi vegetali

Gli studi di popolazione

I tre gradi studi erano:

1. Il German EPIC-Potsdam study – un ramo del grande studio europeo EPIC che ha messo a confronto la dieta cosiddetta nordica, quella mediterranea e il rischio di malattie croniche su 27.500 persone seguite per dieci anni;

2. Il Nurses’ Health Studies – Lo studio delle infermiere di Harvard, che ha indagato i principali fattori di rischio di malattie croniche in oltre 280.000 donne seguite a partire dalla fine degli anni settanta;

3.Il PREDIMED trial – Primary Prevention of Cardiovascular Disease with a Mediterranean Diet Supplemented with Extra-Virgin Olive Oil or Nuts, condotto in Spagna su circa 7.500 persone a elevato rischio cardiovascolare, e incentrato sul ruolo della dieta mediterranea, dell’olio extravergine di oliva e su quello dei frutti a guscio.

I risultati di tutti e tre, letti attraverso il punteggio, hanno confermato che a un MLS alto corrisponde una riduzione di malattie quali gli ictus e le altre patologie cerebrovascolari, degli infarti e delle malattie cardiovascolari, di quelle metaboliche e del diabete di tipo 2 (la protezione nei confronti di quest’ultimo è risultata particolarmente evidente in PREDIMED). E tutto ciò dimostra che cambiare il profilo dei propri grassi con abitudini alimentari corrette ha effetti reali sui rischi di alcune delle principali patologie non trasmissibili.

Una certezza – concludono i ricercatori – che dovrebbe essere recepita anche nelle linee guida.

© Riproduzione riservata. Foto: Depositphotos.com

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Mario Delfini
Mario Delfini
7 Agosto 2024 11:09

Due problemi: 1) Si parte con il presupposto che avare il colesterolo basso é positivo, mentre questo non é mai stato stabilito con certezza. Infatti le statine stanno facendo disastri da anni. 2) Si applica questo punteggio basato su ipotesi non provate su vecchi studi epidemiologici, cioé non affidabili dal punto di vista nutrizionale (chiedetevi una domanda: cosa avete mangiato la scorsa settimana a pranzo? o un mese fa? – poi immaginate dover rispondere ad un questionario per stabilire che dieta utilizzate…)
E poi se vedi il nome di Walter C Willett tra gli autori, sai giá che il pregiudizio é forte.
Studio con livello di certezza bassissima quindi, ma senza dubbio sará utilizzato per spingere le stesse idee che circolano da anni ed anno portato a livelli di obesitá, diabete e malattie piú alti della storia.

Mario Delfini
Mario Delfini
8 Agosto 2024 13:10

Voglio ricordare che studi di un certo tipo, specie se pubblicati da certe fonti/autori, vanno sempre presi “cum grano salis”.
C’é una chiara campagna in corso per demonizzare la carne rossa e i prodotti animali in genere, ma se guardiamo le statistiche sul declino di grassi saturi nella nostra dieta dal “Seven Countries Study” in poi, nonché il corrispondente aumento nel consumo di carboidrati, la correlazione con l’aumento di obesitá e malattie relative non puó essere ignorata. Non credo che perseverare nella stessa direzione potrá dare dei grandi risultati. Mi dispiace che voi non siate altrettanto scettici. La scienza non é certezza, ma metodo, dubbio. Siamo lontanissimi dall’aver capito come funziona il nostro corpo, quindi prendere posizioni dogmatiche su nutrizione e medicina in genere non é giustificabile.
Saluti!

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