Farina integrale, chicchi di frumento e spighe; concept: grano, grani antichi

Grani e farine (italiani e non solo) sono da tempo oggetto di frequenti mistificazioni, false credenze e immotivate demonizzazioni favorite per scopi commerciali e – talvolta – politici (leggi qui l’articolo sul piano straordinario grano duro), che hanno un effetto diretto sull’opinione pubblica e – sempre più spesso – ricadute sulle preferenze di acquisto e sulle abitudini alimentari dei consumatori, nonché sulla loro salute.

Per fare luce sul fenomeno, svelare le ambiguità dei messaggi del marketing e smentire da un punto di vista scientifico le false notizie che corrono sul web, l’Associazione Industriali Mugnai d’Italia (Italmopa), insieme alla rivista di settore Molini d’Italia e al sito infofarine.it ha organizzato, nell’ambito del Salone Internazionale della Gelateria, Pasticceria, Panificazione Artigianale e Caffè di Rimini (Sigep 2024), una conferenza dal titolo “Farine tra verità e mistificazioni: contrastare le notizie ingannevoli attraverso la conoscenza scientifica”.

Grani antichi, farine e bufale: parola all’esperto

In vista dell’evento, patrocinato dal Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Tecnologi Alimentari, abbiamo chiesto al Prof. Luigi Cattivelli, direttore del Centro di Ricerca Genomica e Bioinformatica del CREA, di anticiparci alcuni contenuti del suo intervento e di delineare una panoramica delle più clamorose bufale o delle false credenze maggiormente condivise sul web in fatto di grani, farine e prodotti derivati.

Autore del libro Pane nostro – Grani, farine ed altre bugie (ed. Il Mulino, 2023), Cattivelli spiega che alla base delle errate credenze che investono oggi i prodotti a base di frumento c’è una scarsa conoscenza storica, scientifica e antropologica di cosa sia davvero il grano e di ciò che ha significato per l’umanità da più di 10mila anni. Un primo errore di fondo è quello di credere che sia vantaggioso per l’essere umano ridurre o eliminare del tutto l’assunzione di glutine. “In assenza di patologie o intolleranze alimentari diagnosticate, il glutine, la proteina contenuta nel frumento, non è dannoso ed eliminarlo dalla dieta senza motivo non comporta benefici nutrizionali. Il frumento è alla base della Dieta Mediterranea ed oggi rappresenta il 20% delle kcal consumate globalmente”.

Uomo prepara impasto per pane o pizza su un tavolo infarinato
In assenza di patologie o intolleranze alimentari diagnosticate, il glutine non è dannoso

Il glutine

Il glutine è una proteina presente in tutti i tipi di frumento, in quantità variabili legate al terreno di crescita (in particolare alla quantità di azoto). “Le paste italiane presentano un contenuto di proteine che va dal 12 al 15%, – spiega l’esperto. – In questa percentuale rientra anche il glutine, principale componente proteica dei semi di frumento, nonché responsabile delle caratteristiche organolettiche dei prodotti derivati dalla lavorazione di semole e farine, per esempio la capacità della pasta di mantenersi ‘al dente’ dopo la cottura”.

Eppure il glutine è oggi al centro di un’ingiustificata demonizzazione che ha portato a scelte discutibili in fatto di consumo alimentare di frumento e a un revival dei grani antichi, basato sulla fallace attribuzione di caratteristiche nutrizionali positive (quali appunto il minor contenuto di glutine) che  –nell’immaginario collettivo – li renderebbero più sani e digeribili rispetto ai frumenti moderni. “In realtà – spiega Cattivelli – è esattamente il contrario: rispetto ai frumenti antichi, quelli moderni hanno meno proteine e quindi anche meno glutine, ma si tratta di un glutine con una composizione e proprietà tecnologiche diverse che ne assicurano una maggiore ‘forza’, coerentemente con la crescente predilezione dei consumatori per pani soffici e paste con elevata tenuta alla cottura”. In più esistono ormai processi industriali che standardizzano la quantità di proteine presenti nei derivati del grano, indipendentemente dal frumento di origine.

I grani non sono tutti uguali

Un altro errore fondamentale consiste nel considerare i frumenti come se fossero tutti uguali, limitandosi a distinguere e contrapporre grani moderni e grani antichi. “Innanzi tutto – spiega l’esperto – bisogna riconoscere che sia tra i grani antichi sia tra i grani moderni esistono specie e sottospecie coltivate o selvatiche, geneticamente diverse e dotate di caratteristiche specifiche, tra cui un diverso contenuto di glutine, sia dal punto di vista quantitativo sia dal punto di vista qualitativo. In più si deve considerare che non esiste alcuna evidenza scientifica che consenta di attribuire ai grani antichi caratteristiche positive così conclamate da renderli superiori alle varietà moderne. Anche perché, se così fosse, nulla impedirebbe di riprodurre tali peculiarità anche nei grani moderni, attraverso avvalorate tecniche di selezione genetica”.

Set di prodotti con carboidrati complessi su sfondo di legno pane pasta tortellini
Non ci sono prove scientifiche che i grani antichi abbiano caratteristiche tali da renderli superiori a quelli moderni

Questa osservazione porta con sé altri interrogativi: quanti anni deve avere un grano per essere considerato ‘antico’? L’attribuzione di antichità va riferita alla specie o alla varietà? Varietà moderne di specie antiche (come le recenti varietà di farro monococco o Triticum monococcum, il primo frumento coltivato nel neolitico circa 12mila anni fa) come devono essere classificate? E un nuovo cereale come il Tritordeum (“la specie botanica più recente del Pianeta, nata circa 50 anni fa dall’incrocio tra una varietà di grano duro e un orzo selvatico”), seguendo una logica per cui la data nascita fa la differenza, dovrebbe essere considerato negativamente per la sua ‘giovane età’?

Come si definiscono i grani antichi?

Di fatto l’unica caratteristica che differenza tutti i frumenti duri e teneri antichi (selezionati fino agli anni ’50) da quelli moderni (selezionati a partire dagli anni ’60) è l’altezza della pianta che impatta direttamente sulla capacità produttiva. I frumenti moderni sono più bassi di quelli antichi (70-80 cm contro i 140-180 cm di un tempo), molto più produttivi, più resistenti alle intemperie e più facili da raccogliere. In più sono anche maggiormente resistenti alle malattie (soprattutto fungine) anche in assenza di fitofarmaci, sono in grado di avvantaggiarsi dell’uso dei fertilizzanti e più adatti all’ambiente di coltivazione.

I grani antichi sono come le auto d’epoca: secondo Cattivelli “rappresentano la storia dell’agricoltura e hanno un valore culturale. Non vanno abbandonati ma neppure mistificati né utilizzati come termini di paragone da preferire alle varietà di grano moderne. Piuttosto, alla luce delle recenti scoperte scientifiche, andrebbero preferite le versioni integrali dei grani, tanto antichi quanto moderni”. È infatti dimostrato che un consumo quotidiano di cereali integrali assicura all’organismo il giusto apporto di fibre e antiossidanti, in grado di assicurare una corretta regolazione di diverse funzioni fisiologiche, in particolare il buon funzionamento del tratto gastrointestinale e un’efficace attività antiossidante per la prevenzione o la cura di diverse malattie cronico-degenerative.

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Paolo Rossi
Paolo Rossi
26 Gennaio 2024 10:44

Totalmente d’accordo. ho letto il libro del Prof.Cattivelli e lo trovo di una chiarezza estrema. le credenze diffuse sul cibo, la contrapposizione tra “naturale” e “chimico”, (l’agricoltura non è “naturale” per definizione dalla sua invenzione, le trasformazioni delle materie prime per creare dei prodotti alimentari si basano su reazioni chimiche), stanno generando effetti deleteri.

Osvaldo F
Osvaldo F
26 Gennaio 2024 16:24

Provate a fare leggere questo articolo nel corso della trasmissione Geo di Rai3, se ci riuscite… Su questi temi hanno una vera “divinazione” per quelle che l’autore ci suggerisce bufale o da quelle parti.
Al di là delle questioni scientifiche, sul piano logico mi dà molto fastidio che gli agricoltori moderni siano accusati di misfatti come se l’utilizzo di grani più bassi e con caratteristiche tecnologiche specifiche non fosse stato il naturale risultato di esigenze reali, da una parte il problema della caduta a terra dei grani alti, dall’altra la ricerca di grani più adatti per certi usi. Ad un agricoltore cosa cambia produrre 70 quintali di grano X o di grano Y? Ovviamente coltiverà quello più vendibile, quindi più richiesto. Semmai il suo problema è sui 70, cioè avere grani che gli fanno 70 invece di 40 o 30, e magari i 40 o 30 sono dovuti al fatto che il grano, alto, si accascia…

Alberto R.
Alberto R.
Reply to  Osvaldo F
28 Gennaio 2024 23:09

Spingono per quelli meno produttivi perché il WEF vuole che la gente diventi sempre più povera e non abbia neanche i soldi per mangiare. Per lo stesso motivo stanno demonizzando il glifosato, che non fa niente.

gianni
gianni
27 Gennaio 2024 19:36

La celiachia è una malattia multifattoriale, per il cui sviluppo sono obbligatori due fattori: il glutine e la predisposizione genetica.
Nonostante questa sicurezza solo il 3% della popolazione mondiale portatrice della predisposizione genetica e che consuma glutine sviluppa questa patologia nel corso della vita.
Cosa vuol dire? C’è qualcuno che può spiegare? Questa ” predisposizione genetica ” è una etichetta per tutti i misteri, da dove origina?

Molto più assertivi invece gli esperti……….
“Non ci sono prove scientifiche sufficienti per ritenere che le varietà di grano coltivate circa un secolo fa, recentemente reintrodotte in commercio, abbiano proprietà nutrizionali che le rendono preferibili ai grani moderni e che siano adatte ai soggetti celiaci.”

Nella diagnostica differenziale, oltre alla celiachia, vanno considerate la sensibilità al glutine e le forme di allergia al grano. Alcune persone che lamentano disturbi in rapporto al consumo di pane o pasta, una volta esclusa la celiachia, potrebbero avere altre forme di allergia a una delle 5 proteine del grano (non al glutine), che sono molto più frequenti di quanto si pensi, e sicuramente molto più frequenti della stessa celiachia severa.
Si parla sempre soprattutto di glutine ma fra le proteine del grano troviamo glutenine, gliadine, albumine e globuline.
Quindi per i celiaci riconosciuti niente glutine ne antico ne moderno, nemmeno poche cellule ma questo è fatto accertato.
I misteri iniziali restano e sconosciuto è il nesso tra la malattia severa e NCGS data la somiglianza dei sintomi, ammesso che esista.

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8224613/
—-La mancanza di studi epidemiologici NCGS in molte popolazioni può essere principalmente attribuita al recente riconoscimento della malattia da parte della comunità scientifica e alla mancanza di biomarcatori sensibili e riproducibili per la sua diagnosi.
Inoltre, l’assenza di un adeguato approccio di diagnosi da utilizzare nella pratica clinica complica l’identificazione dei casi NCGS ————–
Per il signor C. non esiste anche la sensibilità al glutine non celiaca NCGS? Eppure interessa un numero molto superiore di soggetti.
Una patologia caratterizzata dall’assenza di celiachia e allergia al grano nei pazienti che innescano risposte sintomatiche riproducibili al consumo di alimenti contenenti glutine. Vale a dire un insieme di sintomi assai fastidiosi e debilitanti che abbassano la qualità della vita dei sofferenti. Queste persone non reagiscono a poche cellule di glutine come i celiaci ma mal sopportano razioni normali.
A causa della mancanza di biomarcatori sensibili e riproducibili per la diagnosi di NCGS la malattia è quasi assente nei discorsi degli esperti sia di cereali che di malattie, perchè dovrebbero ammettere che l’ argomento non è ancora sufficientemente compreso, nemmeno la celiachia è ben compresa nonostante l’estrema pericolosità dei suoi effetti ( mi risultano dibattiti interessantissimi all’ist. Gemelli ).
Sarà una dimenticanza, meglio per il signor C. parlare di storia geografia e qualità del terreno, giocare con le parole antico e moderno, e non enfatizzare la sua presenza nel gruppo dei panificatori.

Anche qualcun altro parla…………….
https://www.semanticscholar.org/paper/A-Durum-Wheat-Variety-Based-Product-Is-Effective-in-Ianiro-Rizzatti/7f2ee01fb7c0ad9612d99ca5eb0ef2073e4b72ed
Ianiro, G.; Rizzatti, G.; Napoli, M.; Matteo, M.V.; Rinninella, E.; Mora, V.; Fanali, C.; Leonetti, A.; Benedettelli, S.; Mele, M.C.; Cammarota, G.; Gasbarrini, A. A Durum Wheat Variety-Based Product Is Effective in Reducing Symptoms in Patients with Non-Celiac Gluten Sensitivity: A Double-Blind Randomized Cross-Over Trial. Nutrients 2019, 11, 712
Per completezza di informazione e per dimostrare un lato positivo……….

A proposito dell’ alimento controverso:
Si tratta di un insieme di varietà del grano, tra cui Tumminia, Saragolla, Senatore Cappelli, Russello, Bidì, Biancolilla, Ardito, Maiorca e Perciasacchi e altri, caratterizzate dall’avere un fusto più alto e radici più ampie e profonde.
Coltivate nei primi decenni del secolo scorso, sono quasi del tutto scomparse in quanto, producendo rese troppo basse, sono risultate poco adatte alle coltivazioni intensive, proprio come correttamente ci ricorda il signor Osvaldo.

A proposito di valori, non riconosciuti dal signo C., ma si sa le controversie non esistono solo qui:
https://www.ilgiornaledelcibo.it/grani-antichi-intervista-spisni/
—-La taglia alta è la caratteristica più immediata per riconoscerli in campo. I grani moderni hanno subito un processo selettivo, detto nanizzazione, che ha ridotto notevolmente le dimensioni delle piante.
I grani antichi, diversamente da quelli moderni, non sono stati selezionati per la composizione in gliadine e glutenine, per questo hanno un glutine “debole” e un valore di capacità panificabile (W) inferiore a 100. Ciò significa che le farine da essi ottenute possono assorbire meno del 50% del loro peso in acqua e la realizzazione di prodotti lievitati risulta più complessa.
Come illustra il professore, le proprietà nutrizionali dei grani antichi sono numerose:
Il contenuto proteico è superiore rispetto a quello dei grani moderni.
Il loro amido è diverso e l’indice glicemico è più basso, anche a parità di molitura, aspetto importante per ridurre l’impatto glicemico dei pasti e i picchi di insulina.
La densità di micronutrienti è superiore e la qualità dei polifenoli risulta molto più variata, pur avendo quantitativi complessivamente simili. Spiccano anche i livelli e la gamma degli antiossidanti, tra i quali il selenio, presente in dosi 2-3 volte superiori a quelle dei grani moderni.
I grani antichi sono ricchi di carotenoidi, anche in questo caso espressi in una grande variabilità. Da segnalare è l’apporto di luteina, sostanza importante per la salute degli occhi e impiegata anche negli integratori. Non a caso, la si utilizza nella terapia delle degenerazioni maculari senili, la forma più frequente di degradazione della retina. Essendo termostabile, la luteina si mantiene anche dopo la panificazione e la cottura.
Il professor Spisni sottolinea quanto sia sbagliato affermare che tutti i grani sono uguali, come un’interpretazione superficiale di due ricerche pubblicate nel 2018, rispettivamente su Food Research International e su Scientific Reports, porterebbe a pensare. Questi lavori, incentrati su singoli aspetti proteici e botanici, non spostano__ l’evidenza degli studi clinici condotti sull’uomo, che dimostrano un’azione infiammatoria notevolmente inferiore per i grani antichi, sottoposti a indagini su pazienti affetti da sindrome dell’intestino irritabile, patologie cardiovascolari, diabete di tipo 2 e steatosi epatica_____.
I grani antichi contengono percentuali di glutine analoghe a quelle dei grani moderni, ma nei primi la diversa struttura di questa proteina determina una migliore digeribilità. Nei grani teneri con maggiore capacità panificabile, l’indice W può arrivare a raggiungere un valore di 300-400, una tenacità paragonabile a quella della gomma da masticare, a fronte di un indice di 80-90 per le varietà pre-industrializzazione. Per questo motivo, il pane fatto coi grani antichi tende molto di più a sbriciolarsi, perché la rete del glutine è meno elastica e meno compatta. Gli enzimi intestinali, però, riescono a digerirla più facilmente.

Il dibattito continuerà, ma di nuovo cancellate la parola “bufala”, è fuori luogo.

giova
giova
Reply to  gianni
13 Febbraio 2024 09:17

Anche alcuni medici sostengono questo punto di vista e senza esami di laboratorio di verifica per allergie o intolleranze, ne consigliano l’uso.

Carla
Carla
28 Gennaio 2024 12:50

Produrre i grani moderni implica sempre più usare sementi con interventi di laboratorio come ad esempio la loro altezza. Sulle NBT il CREA lavora molto.
Ma utilizzare queste sementi implica:
-Diserbare moltissimo i terreni pre e post semina perché le erbe spontanee vanno eliminate .
– Concimare moltissimo pre -semina,levata a volte anche oltre perché è con le concimazioni che si fanno proteine e glutine alti.
– diserbi ,concimazioni modificano l vitalità del terreno quindi sono necessari almeno un paio di trattamenti insetticidi e fungicidi.
Quanti interessi in gioco.
Con I grani della tradizione lavori il terreno,semini e raccogli. La loro altezza li protegge dalle erbe spontanee ,che non hanno il sopravvento ed il loro apparato radicale molto più sviluppato gli permette di trovare tutti gli elementi nutritivi nelle profondità del terreno.
Si chiamano popolazioni evolutive perché evolvono secondo le condizioni climatiche del luogo in cui sono prodotti.
In merito alle caratteristiche nutrizionali ,alle patologie correlate lascerei la parola ai medici .
I

gianni
gianni
30 Gennaio 2024 10:02

Uno studio preliminare svolto presso Policlinico Universitario A. Gemelli ha dimostrato in modo evidente che i pazienti con sensibilità al glutine non celiaca (NCGS) hanno riscontrato sintomi gastrointestinali ed extra-intestinali significativamente inferiori dopo aver mangiato la varietà di grano S……… C…….. rispetto a un grano commerciale standard*

“Significativamente” significa che la statistica assicura l’impossibilità che tali dati siano casuali e non legati alle premesse dello studio.
Questa non è una bufala.

https://www.policlinicogemelli.it/news-eventi/intolleranza-al-glutine-e-se-dipendesse-da-come-viene-prodotto-oggi-il-grano-e-non-dal-glutine/

Laura Maria
Laura Maria
1 Febbraio 2024 15:53

Da tempo mi chiedo per quale ragione, quand’ero bambina ( vari decenni fa), una pastina , prodotta da un’ importante ditta, tuttora in attività, fosse presentata come fornita di qualità superiori perché ” pastina glutinata B.” E’ chiaro che in presenza di intolleranze vada evitato il glutine, ma sarà un problema così diffuso?

fedora teodoro
fedora teodoro
10 Febbraio 2024 11:23

i vostri articoli sono spesso interessanti. Grazie

Andrea G.
Andrea G.
11 Febbraio 2024 00:08

Il problema principale non è il glutine o il grano tenero o il grano duro, ma l’utilizzo di grano tenero tipo 00, che provoca secondo me un effetto di rilascio massiccio di insulina per mettere il glucosio nelle cellule e mettere al riparo il ph del sangue da sbalzi nel suo intervallo ” normale ”

Le farine 00 non erano usate in modo massiccio fino a 40 anni fa, l’agricoltura della rivoluzione agricola presumibilmente usava farine 3 e forse 2 dei parametri attuali, mentre la diminuzione della lunghezza dello stelo del grano tenero data nel secondo dopoguerra (varietà Creso), la selezione di varietà di grano più proteico è ancora più moderna, mentre per il grano duro (varietà Senatore Cappelli) dei primi del 900 è ancora oggi indicata come un plus, e sicuramente merita un ottimo voto sulla mia digestione.

Sara
Sara
Reply to  Andrea G.
11 Febbraio 2024 20:55

Io ho trovato molto interessante il libro di Monia Caramma sui grani antichi, dove tra l’altro sostiene che la varietà grano duro Senatore Cappelli in realtà appartiene ai grani moderni…