Granarolo ha deciso di non produrre più latte fresco per ridurre gli sprechi e ormai nei banchi frigorifero dei supermercati si trova solo il nuovo latte pastorizzato a temperatura elevata, che si differenzia dal fresco perché dura 10 giorni anziché 6. La decisione riguarda oltre che il marchio Granarolo, anche quello della Centrale del latte di Milano e della Centrale del latte di Calabria. La differenza può sembrare marginale, ma si tratta di un prolungamento di oltre il 60% della shelf-life. L’ipotesi di modificare la linea di produzione del latte fresco ha cominciato a prendere forma nel 2020 dopo i primi mesi di pandemia (leggi approfondimento), quando la gente andava con meno frequenza al supermercato e preferiva acquistare latte a lunga conservazione con una scadenza a circa 90 giorni, per evitare di trovarsi nel frigorifero confezioni scadute. In un contesto di maggiore attenzione all’ambiente e di calo del potere d’acquisto delle famiglie, la scelta di Granarolo di non produrre più il latte con la scadenza a sei giorni, ha l’obiettivo di ridurre gli sprechi. Infatti, una parte rilevante del latte fresco scade nei banchi frigo prima ancora di essere venduta oppure nei frigoriferi di casa prima di essere consumata.
Un altro motivo per cui Granarolo ha deciso si prolungare l’intervallo di consumo sino a 10 giorni è che le persone preferiscono acquistare latte con la scadenza più lontana nel tempo. Per assecondare questa tendenza le catene di supermercati hanno l’abitudine di ritirare dai banchi frigorifero le confezioni di latte prima della scadenza riportata sull’etichetta. Si tratta di una consuetudine che incide sul prezzo di vendita, visto che l’onere dei resi e del successivo smaltimento viene gestito dal produttore o dal distributore. L’aspetto critico è che per motivi logistici solo una parte di questo latte (ancora in ottime condizioni di conservazione), viene recuperato e destinato alle associazioni del volontariato. La rimanente quota viene destinata all’alimentazione animale, mentre la bottiglia finisce nel circuito di recupero del pet.
L’Italia è l’unico Paese europeo ad avere stabilito per legge oltre 20 anni fa (legge 3 agosto 2004, n. 204) la scadenza del latte fresco a distanza di sei giorni dal confezionamento (la legge precedente n°169 era del 3 maggio 1969) e fissava un intervallo di quattro giorni). Nel 2023 avere una disposizione legislativa che impone per il latte fresco pastorizzato la scadenza dopo sei giorni è una regola superata dai fatti. Oggi i sistemi di raccolta nelle stalle sono migliorati, il latte munto passa direttamente nei serbatoi refrigerati e da qui alla cisterna del camion senza venire a contatto con l’ambiente esterno. La catena del freddo funziona e il latte, quando il prodotto arriva nelle centrali di confezionamento, ha una carica batterica bassa, e con la pastorizzazione si mantiene più a lungo.
Siamo gli unici in Europa ad avere una normativa così rigida. La legge comunitaria prevede giustamente che la durata dei prodotti alimentari venga stabilita dal produttore. Il periodo è correlato alle caratteristiche delle materie prime, al tipo di ingredienti, al sistema di confezionamento e di distribuzione. Solo il produttore conosce questi elementi e solo lui è in grado di valutare correttamente qual è la scadenza di prodotti come la pasta fresca, il formaggio fresco, la mozzarella, l’insalata pronta, lo yogurt… Basta utilizzare un diverso materiale per la confezione o un sistema di produzione con qualche grado in più durante la pastorizzazione come nel caso del latte per modificare shelf-life. I produttori di insalata pronta in busta ad esempio cambiano la scadenza in relazione al tipo di prodotto, alle caratteristiche (foglie tagliate o intere) e anche in funzione della stagione riducendo la durata d’estate quando fa caldo. Capire perché la stessa regola non vale per il latte fresco è difficile. Il ministero della Salute ha respinto la proposta di liberalizzare la data del latte fresco senza fornire risposte adeguate.
Il risultato è che Granarolo, volendo ridurre lo spreco e la quantità di latte fresco ancora in ottime condizioni indirizzato ad altro rispetto all’alimentazione umana, ha deciso di alzare di qualche grado la temperatura di pastorizzazione e di allungare la scadenza. Questo vuol dire non poter più scrivere sulla confezione “latte fresco pastorizzato di alta qualità”. La frase è stata sostituita con “latte pastorizzato a temperatura elevata ottenuto da latte crudo per l’alta qualità”. Si tratta della stessa materia prima, proveniente da allevamenti italiani, con la stessa quantità di proteine, grassi e carboidrati. Anche la presenza di calcio non è cambiata e le variazioni di gusto praticamente non ci sono.
Un altro elemento interessante è che le nuove bottiglie di plastica usate da Granarolo contengono il 13% in meno di plastica, e il tappo usa un sistema di apertura innovativo, per cui rimane attaccato alla confezione e impiega il 30% in meno di materia prima. Tutto ciò secondo Granarolo consente un risparmio di 355mila kg di plastica ogni anno. Il bilancio finale della vicenda non emoziona, visto che la principale azienda di latte in Italia ha deciso di rinunciare alla parola fresco. Si tratta di una scelta difficile, ma quasi necessaria di fronte alla miopia di un legislatore che fatica a seguire i miglioramenti della filiera e che conosce poco le nuove tecnologie. Non c’è da meravigliarsi se alla fine la direzione da seguire risulta quasi un percorso obbligato
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Beh è pastorizzato a temperature più elevate, quindi come il microfiltrato che all’assaggio non sa di niente, non ha il sapore del latte.
Non bisogna fare confusione, questo latte è praticamente identico a quello di prima e il gusto non è cambiato
Si ma invece di pastorizzare a 72’C a quanti gradi pastorizzano?
Granarolo non lo dice, un’ipotesi potrebbe essere un incremento della temperatura sino a 80°C (anziché
72°C) mantenendo lo stesso tempo di pastorizzazione (15 secondi)
Sicuro che il latte lavorato a più alta temperatura e mantenuto in frigo per più giorni conservi la stessa quantità di proteine e vitamine?
L’incremento di temperatura è minimo come pure l’aumento del tempo di pastorizzazione. In queste condizioni le differenze possono interessare in modo marginale solo alcune vitamine termolabili.
La temperatura di pastorizzazione non ha alcuna influenza sul contenuto di proteine, a meno che non si arrivi a temperatura altissime (vedi UHT). In tal caso alcune proteine vanno incontro a denaturazione perdendo in parte il loro valore biologico. Nell’ articolo però si parla di una variazione di pochi gradi, sufficiente a garantire una maggior durata senza intaccare in alcun modo le proteine
Sono d’accordo. Il prezzo del latte fresco ormai è troppo alto e rimane invenduto. Basta sprechi alimentari. Poi chi proprio vuole il latte fresco può andare a prenderlo da una fattoria. Aiuta i produttori locali e combatte lo spreco
Le differenze fa questo tipo di latte che si mantiene 10 giorni e quello fresco che si mantiene 6 sono davvero minime. Le differenze più sostanziali riguardano il minor impiego di plastica per il tappo e di pet per la bottiglia.
Meno ristorni meno plastica e packaging, tutto il resto per il normal consumatore è impercettibile
Vedo dai commenti un po di confusione.
Il latte alimentare “DOP” è il latte fresco alta qualità che presenta dei parametri qualitativi e un sistema di controllo e raccolta più restrittivo rispetto agli altri latti.
Il latte fresco nacque con l’intento di distribuire alla popolazione locale un prodotto freschissimo e di qualità da parte delle Centrali del Latte e da parte di altre piccole Cooperative locali
È proprio la corta scadenza che favorisce una distribuzione locale a filiera corta di un latte prodotto dalle migliori stalle del territorio.
Effettivamente togliendo tutti i vincoli restrittivi di qualità del fresco e allungando la scadenza a piacimento si potrebbe portare il latte in tutta Italia e oltre forse creando qualche problema ai piccoli produttori locali.
E non aggiungo altro.
Il latte che Granarolo utilizzava prima e che utilizza anche adesso è di Alta qualità. Non è cambiato nulla. La scadenza è un’indicazione che può stabilire solo il produttore in base alla filiera, alle caratteristiche del latte di partenza, alla carica microbica, al sistema di trasporto e di confezionamento. Questo concetto vale giustamente per tutti i prodotti alimentari e non si capisce perché il latte (e le uova) debbano fare eccezione. Si tratta d’un non senso.Il discorso dei produttori locali non trova un riscontro logico. Anche le latterie locali dovrebbero fissare la scadenza liberamente in funzione delle caratteristiche del latte.
mi scusi, penso di avere capito il senso ma per le persone meno a conoscenza dei fatti farei notare che il latte “DOP” non esiste, prima che qualcuno si metta a cercarlo sugli scaffali.
In ogni caso, l’Alta Qualità è di fatto un’invenzione Italiana di carattere esclusivamente protezionistico che di fatto limitasse l’ingresso e la lavorazione di latte straniero a scapito di quello locale italiano (che tra l’altro in quegli anni procedeva a deroghe sul rispetto dei parametri sanitari stabiliti in sede comunitaria)
Il discorso legato al sistema di controllo più restrittivo è relativo, i parametri di riferimento sono oramai desueti e lontani da quelli reali (se si dovesse fare alta qualità con 100.000 di carica…)
Per assurdo il vero problema è che ora come ora la durata del latte va tranquillamente oltre la data obbligatoria anche con una pastorizzazione standard ma per il produttore non è possibile intervenire a causa dell’imposizione della normativa.
Interessante. Quindi vuol dire che passare dai 6 giorni imposti dalla legge ai 10 scelti da Granarolo significa avere sfruttato il margine di alcuni giorni offerto dal fatto che la qualità del latte è buona. Altri giorni sono venuti dall’aumento della temperatura di pastorizzazione.
Buongiorno,
ma le proprietà organolettiche del latte che metteranno in commercio saranno le stesse, del latte fresco. Dall’immagine che proponete e dalle scritte che si vedono sembra che per prolungare la durata del latte alzino la temperatura di pastorizzazione, a che temperatura si arriverà? Quanto sarà vicina a quella del latte UHT a lunga conservazione? Tra i metodi che utilizzeranno per prolungare la durata del latte ci sarà anche la microfiltrazione? come nel latte blu? e anche in questo caso cosa comporterà in termini di diminuzione o mantenimento delle proprietà organolettiche rispetto al latte fresco alta qualità?
L’incremento di 3-4 gradi della temperatura di pastorizzazione e l’aumento di pochi secondi del tempo necessario non incidono in modo significativo sulle caratteristiche organolettiche del latte tanto che i consumatori non ne avvertono la differenza. Anche a livello nutrizionale le variazioni sono secondarie e marginali. Il latte microfiltrato e anche quello Uht subiscono un trattamento molto più incisivo che ne modifica il profilo nutrizionale e organolettico.
Caro Roberto, concordo sul fatto che tra fresco pastorizzato e pastorizzato a temperatura elevata (quantomeno per quello di Granarolo) sia praticamente impossibile distinguere differenze, però non è da te denigrare il microfiltrato che quanto a trattamento termico non differisce sostanzialmente dal pastorizzato alto!
Nessuna denigrazione, ma il microfiltrato è un latte che ha subito un trattamento più invasivo che viene percepito anche al gusto
È lo stesso ministero che abbiamo avuto negli ultimi anni, non penso che il cambio di un ministro riesca a far virare il comportamento di un’elefantiaca struttura autoreferenziale come un qualsiasi ministero censorio può essere
Dott. La Pira, il suo articolo appare come un messaggio promozionale a Granarolo. Le informazioni che riporta non sono veritiere. L’aumento della coppia tempo temperatura di pastorizzazione comporta un aumento della dentaturazione delle siero proteine. Scrivere che le differenze non sono significative è oggettivamente falso.
Certo che le differenze esistono ma non sono significative, e poi è assurdo che i produttori di latte non possano stabilire la scadenza come avviene per tutti i prodotti alimentare freschi.
Gli sprechi si riducono anche con confezioni adeguate ai consumi. Perchè da oltre tre anni Granarolo ha ritirato dagli scaffali la confezione da mezzo litro di latte biologico? Perchè una nota catena di supermercati non mette sugli scaffali confezioni di latte da mezzo litro?
Per quanto riguarda la plastica, Granarolo poteva muoversi prima per ridurre la plastca, come ha fatto oltre dieci anni fa una nota casa di acqua minerale.
Ci abitueremo? Certo, anche se “Il bilancio finale della vicenda non emoziona, visto che la principale azienda di latte in Italia ha deciso di rinunciare alla parola fresco”.
E quando parliamo di fresco ci riferiamo sempre – per qualunque alimento non trasformato – ad alimenti ricchi di proprietà nutritive, di fattori protettivi, insomma di qualità organolettiche e di gusto; che hanno visto nel corso dei decenni tali cambiamenti nei processi produttivi da rendere i prodotti sempre meno vicini all’ … originale.
Ben vengano dunque le perplessità di chi mi ha preceduto nei commenti.
Ritengo che le confezioni da mezzo litro non si trovano perché non si vendono, e non si vendono perché non costano la metà di un litro, ma molto di più. Lo so di sicuro visto che a volte il mezzo litro mi farebbe comodo, quindi guardo i prezzi. Stasera ho preso il fresco da litro, 1,70 circa, ho guardato il mezzo litro ed era ad 1,40… Anche perché il costo di imbottigliamento e del packaging probabilmente non differisce, anzi, cambiare il tipo di cartone da imbottigliare per quantitativi minimi rispetto al litro, mi sa che quella fase gli costa più che per il litro, o comunque siamo lì
Vedo che la discussione che pervade questo sito è di tipo tecnico ma per me è abbastanza scontata e ha un suo fondamento dalla notte dei tempi.
La evito perché sono uno specialista del settore, anche se parlo a titolo personale, ma non vorrei dilungarmi.
Quello che manca nell’articolo è l’altra faccia della medaglia cioè l’approfondimento sugli altri rischi etici, commerciali economici, territoriali che varrebbe la pena approfondire se non altro per dovere di cronaca e per avere una visione completa.
Per quanto riguarda le uova sarebbe interessante intervistare i piccoli e medi produttori e i centri di imballaggio.
Perlomeno chi non ha ancora chiuso.
Molti sono alla canna del gas.
E il prezzo di vendita subirà anch’egli una rimodulazione al ribasso ? Se si ridurranno gli sprechi una parte del beneficio deve essere trasferita al consumatore. Come una parte al produttore, una al distributore etc.
Già, però il problema è di tutt’altra natura e verità. Germania: temperature di conservazione dei prodotti lattiero-caseari: max +7 °C. Germania: la più alta incidenza % in 27 Paesi (e più) di malattie associate a consumo di prodotti lattiero’-caseari a temperature superiori ai +4°C. Con decessi. Sarà un caso? Sono tutti dati dell’EFSA. La scelta di Granarolo ovviamente è di tutt’altra motivazione. Bisognerà riparlarne almeno fra un anno..Sarà
Grazie per l’informazione.
“Latte pastorizzato a temperatura elevata ottenuto da latte crudo per l’alta qualità”: sapete indicare a quale alta temperatura si fa riferimento?
Se Granarolo con il suo prodotto “Alta Qualità” faceva riferimento al processo di pastorizzazione che lasciava integre o quasi le caratteristiche originarie del latte crudo, il termine “alta qualità” alla fine della frase che nel vs articolo è indicata come presente in etichetta (ma non visibile nelle immagini pubblicate) a che cosa si riferisce? Al latte crudo di partenza?
Grazie e cordiali saluti
Adriano
Sull’etichetta compare la frase “da latte crudo per l’alta qualità” e una spiegazione che recita così, “Questo latte proviene da allevamenti che producono latte crudo per l’alta qualità della nostra filiera ….È ottenuto da latte crudo per l’alta qualità (conforme al Decreto Ministeriale 185/91) che, anche in seguito al trattamento di pastorizzazione a temperatura elevata a cui è sottoposto, conserva la stessa quantità di proteine del latte crudo per l’alta qualità di partenza”
E’ un cambiamento ineccepibile; la lotta allo spreco alimentare e la salvaguardia dell’ambiente passano anche da questi piccoli cambiamenti. Il latte è un alimento nobile, non va sprecato; basterebbe anche sottoporlo a bollitura qualora si stia in prossimità della data di scadenza, per utilizzarlo tal quale o come ingrediente in qualche preparazione. Credo anche che l’imposizione di un automatico calo del prezzo con l’avvicinarsi della scadenza (in modo che alla cassa si possa usufruire di una decurtazione del prezzo quanto più vicina sia la scadenza) sia un modo per ridurre l’invenduto e consentire anche a fasce meno abbienti il consumo, entro poco tempo, di alimenti di elevato valore nutrizionale
Comprendo il suo intento, ma si metta dalla parte del venditore, una complicazione logistica mica da poco, se non altro nella predisposizione dei cartellini del prezzo. E poi come gestisce questa diversità di incasso rispetto al prezzo che deve pagare al fornitore? La vedo parecchio complicata.
Ma perchè non mantenere una piccola produzione di nicchia? Cosi si ridurrebbe lo spreco e i consumatori più esigenti continuerebbero a trovare il vero latte “fresco” nei supermercati. La verità che si cela dietro a certe politiche e che prevalgono solo gli interessi industriali / commerciali , non certo offrire la vera qualità al consumatore : che bello avere dei prodotti che possono rimanere sugli scaffali o nei magazzini per anni! La natura però segue ancora il suo ciclo ……..
Eh, vi ricordate i tempi in cui si trovavano i chioschetti di latte fresco che imponevano la bollitura prima del consumo? Adesso sono spariti ormai dappertutto perché non c’è abbastanza sensibilità a quel tipo di consumo ma vi é la necessità di acquistare un latte pronto per il consumo.
La massaia di un tempo che era anche mamma magari aveva anche il tempo, cultura contadina e voglia di farlo bollire; oggigiorno no, purtroppo.
Vedo molti commenti tecnici, io ne faccio uno da consumatrice di latte fresco: amavo il sapore del latte della Centrale. Non è vero che non è cambiato. Adesso sa di latte UHT. Mi sono buttata sul Latte Milano, che esiste ancora fresco.
Ma non diciamo che quello della Centrale è lo stesso di prima. Sprecheranno meno, indubbiamente… ma forse hanno perso anche clienti. Sicuro una cliente in meno ce l’hanno: io. Ed è una scelta che mi dispiace molto.
Perché non adeguarsi alle normative europee??
A seguito di questo articolo mi sono interessato al latte fresco, iniziando ad usarlo. Stasera in fase di acquisto in un negozio diverso ho notato due cose: intanto la marea di tipi di latte nel banco frigo… Bisogna capire, poi magari uno capisce, allora inizia a prendere solo “quello” e campa felice.
Poi ho visto una cosa che vi chiedo se avete una risposta, tanto per capire. Sto parlando del banco frigo eh, tutti prodotti messi li. In genere mi aspetto una scadenza massima sui 10 giorni dal giorno di acquisto. Stasera il latte che ho preso, che dovrebbe essere quello fresco, scade il 23/3, quindi qualche giorno in più. Ma la sorpresa è stata su un’altra confezione, riportante come scadenza il 24/4: ma che razza di latte “fresco” si tratta? Grazie
Il latte fresco scade 6 giorni dopo il confezionamento. Se dura di più non si può definire fresco
Mi spiace ma io avverto nettamente la differenza di gusto e spero che in futuro si possa trovare ancora latte fresco..
Sul mercato ci sono ancora molte aziende locali che propongono latte fresco di alta qualità. La scelta di Granarolo è stata influenzata anche dal dover gestire una distribuzione a livello nazionale che comporta tempi maggiori per la logistica, oltre alla volontà di ridurre gli spechi
Capisco il punto, ma il latte purtroppo non ha lo stesso sapore di prima, ho smesso di comparlo in favore di altri marchi che producono latte fresco