Negli ultimi giorni si è diffusa la voce che il Ministero della salute avrebbe approvato la dicitura “senza lattosio” per il Gorgonzola. In realtà le cose non stanno proprio così. Stefano Fontana, il direttore del Consorzio per la tutela del Gorgonzola DOP precisa che «è ancora in corso uno studio dettagliato relativo ad una campionatura molto ampia, ottenuto con metodiche molto sensibili e dunque utili per definire con maggiore accuratezza quale quantitativo massimo si possa intendere con il termine tracce».
La finta notizia girata in rete è probabilmente nata perché a partire dal 20 luglio 2016 il Ministero della salute – in attesa di una normativa comunitaria – ha approvato una norma che permette a tutti i prodotti “senza lattosio” di riportare la dicitura in etichetta. La nota del Ministero ha stabilito che un formaggio può essere etichettato con la scritta “senza lattosio”, quando contiene meno di 0,1 grammi di zucchero del latte ogni 100 grammi o 100 millilitri. Il Consorzio, precisa Fontana, conta di terminare la ricerca entro la fine del 2016 o, al più tardi, nei primi mesi del 2017. A questo punto sarà trasmesso un dossier al Ministero della salute con i risultati. Solo in seguito all’esame del dossier si potrà decidere se sarà possibile scrivere sull’etichetta del Gorgonzola che il formaggio è “naturalmente privo di lattosio”, e permettere così un’informazione corretta al consumatore.
È noto, soprattutto agli intolleranti meglio informati, che nel Gorgonzola adeguatamente lavorato e stagionato il lattosio non si trova o è presente solo in tracce. I livelli molto bassi sono dovuti alla fermentazione del lattosio da parte di batteri lattici che si sviluppano durante la maturazione. L’operazione è simile a quella dello yogurt, dove i batteri usano il lattosio come fonte di nutrimento trasformando così lo zucchero in acido lattico. In attesa dei risultati possiamo considerare le informazioni circolate in rete in questi giorni anticipazioni prive di validi riscontri.
Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
Il “SENZA LATTOSIO” nei formaggi, specie in quelli fermentati e stagionati assomiglia molto alle scritte NO TAV che si leggono sui muri. Dal punto di vista nutrizionale non ha significato, mentre nel 99,9% delle intolleranze (che non sono allergie dove una traccia può avere grande importanza) la naturale ridottissima quantità di lattosio residuo è salutisticamente insignificante. Parimenti anche in altri prodotti caseari, visto che è dimostrato come la stragrande maggioranza della popolazione intollerante al lattosio possa tranquillamente assumere un bicchiere di latte al giorno, l’indicazione “senza lattosio” oltre ad obbligare a costose tecnologie con utilizzo di enzimi risulta ampliamente superflua. Il Ministero della salute dovrebbe tenere in conto tali evidenze dimostrate scientificamente per non INDURRE IN ERRORE DANNOSO I CONSUMATORI.
Non concordo sull’informazione che nello yogurt ci siano tracce residuali di lattosio, come negli stagionati.
Infatti la quantità residua di lattosio dipende dal grado e dal tempo di fermentazione, compreso anche la data di scadenza del prodotto prima del consumo e mediamente il contenuto è la metà di quello presente nel latte.
Se nel gorgonzola ben stagionato residuano solo tracce di lattosio, è senz’altro una bella notizia che va confermata con tutti i prodotti in vendita, perché in caso contrario il produttore dovrà indicarne l’assenza a norma di legge, come nei prodotti delattosati.
Non concordo nemmeno con Costante che la stragrande maggioranza degli intolleranti possa consumare un bicchiere di latte al giorno, perché se così fosse, quella stragrande maggioranza non sarebbe per nulla intollerante, se in grado di digerire quella quantità di lattosio senza avere sintomi collegati.
Probabilmente non è partito il commento che avevo fatto qualche giorno fa.
Lo ripropongo: nell’articolo c’è qualcosa che non mi torna riguardo alla possibilità di mettere in etichetta il claim “naturalmente privo di lattosio”.
Secondo quanto si legge sul sito del Ministero
http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?lingua=italiano&id=4465&area=Alimenti%20particolari%20e%20integratori&menu=dietetici
dalla lettura dell’ultimo paragrafo, mi sembra di capire che tale dicitura sia prevista per i prodotti che non contengono ingredienti lattei, quindi non per il gorgonzola.
E’ un’interpretazione errata mia o un “refuso” dell’articolo?
Grazie
Secondo il mio parere l’ultimo paragrafo non dice che l’indicazione “naturalmente privo di lattosio” sia esclusiva per i prodotti con ingredienti non lattei, ma che la possono utilizzare come per i formaggi stagionati in oggetto.
Per il discorso di Costanzo ritengo che è doveroso, ormai arrivati a questo grado di informazione, indicare nei latticini i diversi “residui” di lattosio perché c’è molto allarmismo e confusione.
Ben venga quindi il “naturalmente privo” se questo può aiutare a far ritornare le persone impaurite a mangiare i vari formaggi stagionati, perché non tutti sono in grado di interpretare l’etichetta nutrizionale alla voce “di cui zuccheri”; contando il fatto che il formaggio si vende anche come taglio fresco al banco che non riporta indicazioni nutrizionali.
La storia del bicchiere di latte (125 mL? cioè 5-6 g di lattosio) che tutti possono bere mi sembra priva di accuratezza, forse ha senso come quantità diluita nell’arco della giornata, fattostà che vi sono persone molto sensibili che vanno tutelate, ed altre che devono capire che soglia possono digerire.
Con un minimo di logica pensare che un formaggio più o meno stagionato, sia “naturalmente privo di lattosio”, mi sembra proprio una forzatura.
Naturalmente privo, significa senza in origine e non a ridotto o ridottissimo quantitativo residuale dopo un processo di stagionatura o fermentazione; il che vale anche per i delattosati che hanno subito un processo enzimatico, peraltro analogo alla fermentazione con sviluppo di enzimi endogeni.
Che sia una forzatura ok, ma mi pare un modo immediato di informare il consumatore sul contenuto di lattosio.
Alcune aziende già lo fanno (es. formaggio tipo grana) riuscendo così a riacquistare la fiducia di chi è spaventato dal lattosio.