Un apparecchio per misurare la quantità di glutine presente nel cibo glutine sembra un’ottima idea, per chi soffre di celiachia. Un problema, è opportuno ricordarlo, diverso dall’allergia al frumento e anche dalla generica ipersensibilità alle proteine contenute nel frumento e in altri cereali. La celiachia è infatti una malattia autoimmune che interessa circa l’1% della popolazione mondiale.
Oggi il mercato offre però un’ampia scelta di prodotti senza glutine, e il problema principale per i celiaci sono i rischi di contaminazione. Le ipotesi sono tante: alimenti cotti in pentole che hanno ospitato in precedenza cereali con glutine e non sono state accuratamente lavate; ingestione di piccole quantità di glutine mangiando fuori casa o da amici. Per situazioni come queste è stato realizzato Nima, un apparecchio portatile ideato dalla startup americana Sensor lab in vendita tra qualche mese anche in Italia. Secondo gli ideatori, Nima è in grado di rilevare la presenza di 20ppm (parti per milione) di glutine in un alimento, una quantità corrispondente a 20 mg/Kg. Si tratta di un valore massimo utilizzato come riferimento dalla maggior parte degli organismi certificatori per etichettare un alimento come privo di glutine o “gluten free”. Per correttezza va detto che l’assunzione di ridotte quantità di glutine è comunque dannosa per chi soffre di celiachia, anche in assenza di sintomi. “Non esistono forme leggere di celiachia – spiegano i responsabili dell’Associazione Italiana Celiachia (Aic) – e paradossalmente chi presenta sintomi meno gravi corre rischi anche maggiori, perché rischia di consumare inavvertitamente alimenti dannosi. L’unico possibile trattamento è una dieta rigorosamente senza glutine”. Si tratta di un regime alimentare che non è un vezzo , ma una necessità per tutte le persone con questo problema. La moda di consumare cibo senza glutine anche da parte di persone normali, rischia di banalizzare questa patologia .
Nei confronti di dispositivi come Nima, l’Associazione assume per ora un atteggiamento molto prudente. “Strumenti di questo genere esistono già sul mercato, anche se in forma diversa.Il rischio è che rappresentino una fonte di allarmismo e di confusione per i celiaci”. Secondo l’associazione, il compito di eseguire le analisi di rischio sugli alimenti deve essere affidato ai produttori e alle autorità preposte ai controlli, e non dal singolo cittadino come avviene per gli altri prodotti. Oltre ai rischi legati a possibili errori nell’utilizzo, la diffusione di test di autoanalisi può far pensare che la sicurezza dei celiaci dipenda da questi apparecchi, anziché essere una responsabilità dei produttori e dei ristoratori”.
Il mercato dei test “fai da te” resta comunque promettente, tanto che Nima ha battuto in velocità un analogo progetto italiano, nato dai ricercatori del CNRS di Napoli: “In fase sperimentale – spiega Maria Grazia Esposito, la ricercatrice che ha seguito gli studi di fattibilità del progetto – la metodica da noi scelta si è rivelata efficace, ma gli americani erano molto più avanti di noi, e potevano contare su una situazione più favorevole dal punto di vista imprenditoriale”. Non è possibile dunque valutare l’efficacia del prototipo, “anche se non escludiamo di riprendere il progetto, visto che il nostro apparecchio potrebbe essere utilizzato per altri tipi di analisi. Negli Stati Uniti per esempio c’è molto interesse per la rilevazione di tracce di arachidi”.
© Riproduzione riservata. Foto: 6SensorLabs
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giornalista scientifica
A me sembra che serva veramente tanto ai celiaci. Se vai al ristorante e ti dicono che quel cibo è senza glutine che fai? Ecco questo è il problema che viene risolto da questo dispositivo. Poi non è tanto il fidarsi o il non fidarsi in quanto alcuni ristoranti o pizzerie anche molto costosi ti dicono che quel cibo è senza glutine e poi usano il dado oppure bollono il cibo nell’acqua dove è stato bollita la pasta. L’unica vera garanzia è quella che in cucina ci sia un celiaco che si cura e che ti può dire cosa è mangiabile.In mancanza di qualsiasi sicurezza quando si va a mangiare fuori è bene testare la parola dei ristoratori con questo apparecchio.
Complimenti per l’articolo, che è ben equilibrato tra la presentazione di una possibile opportunità e la preoccupazione di un possibile uso improprio, e nel contempo circostanzia in modo semplice il problema dei malati ed i dubbi dell’AIC.
Cosa dire: il prodotto potrebbe essere veramente utile per tutte quelle circostanze dubbie, che come alternativa hanno il digiuno.
La mia posizione è però scettica, e riprende quella dell’associazione: sotto i 20ppm non vuol dire “senza glutine”, e anche poco glutine può attivare il meccanismo dell’autoimmunità. Inoltre mi piacerebbe capire se l’apparecchietto riuscirà ad analizzare l’intera pietanza, o solo piccoli campioni della stessa. Mi spiego meglio: se c’è stata contaminazione accidentale, non è detto che l’intero piatto sia contaminato. In questo caso l’apparecchietto mi sarà utile o no? MAH!
Buongiorno Sig. Marco, i 20ppm sono il limite legale per poter dichiarare un prodotto “senza glutine”. Questo limite è stato considerato sicuro per i celiaci secondo il principio di precauzione sancito dalla UE nel Reg 178/2002.
http://www.celiachia.it/dieta/Dieta.aspx?SS=182&M=698
In merito all’apparecchio condivido anche io le Sue perplessità circa il “campionamento” e la validità del risultato.
In merito all’affidabilità del campionamento, vorrei far notare che anche i produttori di alimenti per celiaci fanno analisi campionando parti del prodotto, non essendo praticamente possibile analizzare tutto il lotto.
Naturalmente ogni passaggio della filiera produttiva, a partire dalle materie prime, subiranno lo stesso controllo, ma non essendoci nulla di assoluto, neanche in questo caso è possibile per nessuno, garantire l’assoluta certezza che la totalità di prodotto sia senza glutine. Siamo nell’ambito delle probabilità statistiche, come per ogni cosa umana.
Condivido pienamente il commento di Sandro, anche perché chi è veramente celiaco non può fidarsi troppo della buona fede del cuoco.
Con tutte le precauzioni del caso, non potrà mai garantire l’assenza di glutine nei suoi piatti, fatto salvo chi ha un reparto cucina dedicato ed un controllo perfetto sull’origine delle materie prime impiegate, i trasporti, lo stoccaggio e la manipolazione finale, servizio del cameriere compreso!!
Non condivido i dubbi e le perplessità per l’utilità di questo strumento portatile, se efficiente, perché il celiaco non ha altri mezzi per proteggersi, oltre alla fiducia nelle etichette dei produttori di alimenti preconfezionati e la buona volontà dei cuochi. Poco per un grave problema alimentare come questo.