I due erbicidi più utilizzati al mondo, il glifosato e il 2,4-D (acido 2,4-diclorofenossiacetico), non solo sono presenti in quasi tutti gli esseri umani, ma minacciano seriamente lo sviluppo cognitivo e comportamentale dei ragazzi. E ciò potrebbe spiegare perché un adolescente su cinque e un giovane su quattro abbia un disturbo mentale quale ansia, depressione, eccesso di impulsività o di aggressività e deficit dell’apprendimento, e perché l’incidenza di questo tipo di malattie sia in continua crescita. A queste conclusioni giunge uno studio chiamato Espina, iniziato nel 2008 in una località rurale dell’Ecuador, il cantone Pedro Moncayo, con lo scopo di valutare l’effetto di decine di composti chimici ampiamente utilizzati in agricoltura e non solo, come gli Pfas, i Pcb, i ritardanti di fiamma Pbde (polibromodifenileteri), il repellente per insetti Deet (dietiltoluamide), e poi gli insetticidi organoclorurati, organofosfati, piretroidi, carbamato e neonicotinoidi, il fungicida ditiocarbammato e appunto gli erbicidi glifosato e 2,4-D. Lo studio è sostenuto da centri di ricerca statunitensi, quali il National Institute of Environmental Health Sciences e il National Institute of Occupational Safety and Health, ed è condotto dai ricercatori dell’Università della California di San Diego.
Come riferito su Environmental Health Perspectives in questo caso i dati riguardano circa 500 bambini e ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 17 anni sottoposti a una serie di test ed esami nel 2016, in particolare per quanto riguarda l’esposizione a glifosato, 2,4-D e Deet e le loro prestazioni cognitive, misurate con cinque parametri diversi.
Glifosato e 2,4D: i risultati dello studio
Innanzitutto, è emerso quanto già osservato in altre indagini analoghe, e cioè la pervasività delle sostanze più usate: il 98% dei ragazzi aveva nelle urine glifosato, e il 66% il 2,4-D. Il fatto non stupisce, soprattutto in Paesi come l’Ecuador. Da quando, nel 1996, sono state introdotte piante geneticamente modificate che resistono al glifosato e poi, nel 2014, piante che resistono al 2,4-D, l’impiego di entrambi è aumentato esponenzialmente e non è azzardato pensare che la stragrande maggioranza degli abitanti assuma queste molecole sia direttamente attraverso il cibo, che dall’acqua e in generale dall’ambiente.
Inoltre, per quanto riguarda la relazione con i test neurologici, a concentrazioni più elevate di 2,4-D è corrisposto un peggioramento statisticamente significativo nell’ambito del controllo, dell’inibizione, della memoria, dell’apprendimento e del linguaggio, a quelle di glifosato uno scadimento della percezione sociale, mentre per il Deet non sono emerse associazioni statisticamente significative con deficit neurocomportamentali
L’Europa deve ancora prendere una decisione sul glifosato
Da notare che, secondo l’agenzia dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per la ricerca sul cancro, la Iarc, sia il glifosato che il 2,4-D sono, rispettivamente, probabilmente e potenzialmente cancerogeni, e gli effetti sullo sviluppo del cervello si vanno dunque a somare a quelli sul rischio oncologico. Tutto ciò non è stato comunque sufficiente per far prendere all’Europa la decisione che decine di associazioni ambientaliste e di consumatori, insieme a esperti di tutto il mondo stanno aspettando, almeno sul glifosato: il bando e non, come vogliono molte lobby di coltivatori e produttori, il prolungamento dell’autorizzazione all’uso per altri dieci anni. La votazione che si è svolta il 13 ottobre non ha portato alla necessaria maggioranza qualificata, e tutto è stato pertanto rimandato al 14-15 dicembre. Resta da vedere se i politici europei, in scadenza di mandato e in molti casi in campagna elettorale, saranno più inclini ad assecondare le opinioni degli esperti di salute pubblica e quelle dei consumatori, generalmente contrarie al rinnovo, oppure le lobby dei produttori e dei coltivatori tradizionali.
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Giornalista scientifica
Notizia sconfortante e spero che nuovi studi dimostrino l’infondatezza del nesso di causalità tra le sostanze impiegate in agricoltura e la salute mentale dei 500 bambini oggetto dello studio.
Mi chiedo anche se, vista la diffusione dell’utilizzo anche da noi degli erbicidi glifosato e 2,4-D, il miele biologico in vendita venga controllato sotto questo aspetto.
https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_dettaglioPNI_2415_allegati_allegati_itemName_0_allegato.pdf
Almeno fino al 2018/2019 non risulta che il glifosato sia tra le sostanze cercate nel miele in Italia.
D’altronde è riportato qui
https://ilfattoalimentare.it/risarciti-produttori-miele-bio-contaminato-glifosato.html
che le ricerche si muovono in Europa ma siamo ancora ben lontano non solo dal cercare sistematicamente ma dal riconoscere il problema, nonostante in Usa e Canada per esempio esistano evidenze che la presenza capillare della sostanza nel miele esiste, eccome…….nel vero bio le percentuali sono probabilmente soltanto inferiori se allevatori e vicini sono sinceri.
Nel senso che vediamo la realtà, microplastiche e pesticidi, ma riteniamo non sia un problema di cui avere fretta di preoccuparsi, gli affari di qualcuno sono molto più importanti.
Non ho intenzione di masticare i concetti per uso altrui riguardo alla sicurezza e alla geopolitica intra ed extraEU ma, se qualcuno vuole, si vada a vedere gli studi in corso all’istituto Ramazzini, c’è abbondanza di materiale per trasformare i sospetti in certezze.