Le persone schizzinose o selettive nel mangiare sono coloro che provano repulsione verso molti alimenti, sia familiari che nuovi. Dal 2013, negli Stati Uniti, per i casi più gravi (associati a perdita di peso e carenze nutrizionali), considerati di pertinenza psichiatrica, esiste una definizione specifica: disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione del cibo (Arfid). Nella stragrande maggioranza dei casi, però, il rifiuto del cibo interessa i bambini che fanno più fatica degli altri a imparare a mangiare, e scompare con l’età. A volte, invece, rimane, e condiziona il modo di alimentarsi anche negli anni successivi all’infanzia. Ora due studi aiutano a comprendere meglio le caratteristiche di adolescenti e giovani schizzinosi, e quali sono le strategie più efficaci per cercare di correggere questo rapporto con il cibo non equilibrato.
Nel primo, uscito all’inizio di ottobre su Journal of Nutrition Education and Behavior, i ricercatori della Bowling Green State University, negli Stati Uniti, hanno chiesto a circa 500 studenti di college di definire il proprio rapporto con il cibo, e hanno così scoperto un primo dato interessante: il 40% di loro si è dichiarato schizzinoso nel mangiare, una percentuale superiore alle attese che fa capire come il fenomeno sia probabilmente molto più diffuso di quanto non dicano le stime ufficiali. Di questi, circa il 65% ha affermato di mangiare sempre gli stessi alimenti, meno di dieci in totale, con poche fibre e verdure: un altro dato significativo.
Analizzando poi i rapporti sociali, gli autori hanno fatto emergere che le persone selettive sono anche spesso vittima di ansie sociali e fobie, si sentono in difficoltà quando devono mangiare insieme ad altri, pensano eccessivamente a ciò che mangeranno nel prossimo pasto, e hanno in generale una qualità di vita peggiore rispetto a quella dei coetanei che mangiano senza stress. D’altro canto, apprezzano particolarmente i cibi semplici e considerano andare al ristorante come, al tempo stesso, una sfida e un’opportunità. Tutto ciò dipinge un quadro complesso per gli adulti schizzinosi nel mangiare, nel quale molto dipende dal contesto sociale, dall’età e dalle relazioni instaurate con i coetanei, che possono essere di aiuto oppure, al contrario, aggravare il disagio.
Se si vuole intervenire, oltre a tenere conto di queste variabili, può essere utile l’esito del secondo studio, condotto dai ricercatori della Duke University di Durham, negli Stati Uniti, e uscito a novembre sull’ International Journal of Eating Disorders, relativo all’esperienza che gli adulti schizzinosi affermano di aver vissuto da bambini. Nello specifico, gli autori, che hanno iniziato a lavorare sul tema più di dieci anni fa con i primi sondaggi, hanno chiesto a 19.200 persone che si definivano schizzinosi o selettivi di raccontare la propria esperienza, e hanno poi suddiviso in partecipanti in due grandi categorie: i veri e propri malati di Arfid e coloro che avevano un rifiuto del cibo meno invalidante. Quindi hanno analizzato i racconti con uno specifico programma di intelligenza artificiale, capace di interpretare termini ricorrenti e sfumature emotive. I ricercatori hanno così visto com oltre l’80% di chi riferiva di aver vissuto esperienze utili durante l’infanzia, riportava un atteggiamento costruttivo e flessibile dei genitori, un contesto in cui erano state svolte lezioni sulle caratteristiche nutrizionali degli alimenti o sui benefici di un’alimentazione equilibrata e completa, il coinvolgimento nella preparazione o la partecipazione a iniziative relative al cibo come, per esempio, la conoscenza di cucine etniche e altre iniziative ugualmente costruttive.
In altri termini, chi pensava di essere stato davvero aiutato, in molti casi riferiva attività e comportamenti positivi, considerati tali anche se il rifiuto del cibo era ancora presente nell’età adulta. Del tutto inutili, quando non dannosi, erano invece considerati gli atteggiamenti punitivi o coercitivi avuti dai genitori durante l’infanzia: non avevano portato ad alcun passo in avanti ed erano ricordati come traumatici, in alcuni casi. Da notare come alcune delle persone schizzinose hanno affermato che certi cibi, per loro, non solo erano disgustosi, ma del tutto repellenti, e che essere posti di fronte a essi, magari con l’ordine di mangiarli, li aveva fatti sentire senza scampo.
Non c’è quindi una modalità unica per aiutare queste persone ad avere un rapporto meno problematico con il cibo: è necessario tenere conto della specificità della persona e della realtà in cui vive, e ricorrere sempre a strumenti propositivi, evitando ogni forma di coercizione o discriminazione.
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Giornalista scientifica
Cercare l’origine di un disagio dell’adulto nelle sue esperienze infantili è una tecnica consolidata, ma nel caso della “schizzinosità” nei confronti di alimenti può essere fuorviante… quanti adulti rifiutano con orrore o cercano con ansia cibi normalissimi perché semplicemente amano o odiano il loro gusto, o semplicemente perché sono esaltati o demonizzati dai media nei quali vivono immersi?
Un adulto non vuol neppure vedere in foto i broccoli perché da bambino sua madre li metteva su alle nove e li faceva bollire per ore impuzzando l’intero condominio, oppure semplicemente li trova sgradevoli al palato?
Un vegano rifiuta la carne perché da bambino sua madre lo obbligava a inghiottire dello stopposissimo petto di pollo “perché ti fa bene”, o perché l’influencer di turno esalta la moda del rifiuto dei prodotti animali?
L’adulto che consuma solo un ristretto panel di cibi lo fa perché “autosvezzato” sin da lattante a scegliere tra le poche preparazioni che si facevano in casa per via degli orari lavorativi, o perché sui media sempre e solo vede esaltare quei cibi nelle pubblicità e nei talkshow?
Un adulto che aborre le ostriche perché a 6 anni si è fatto il tifo con febbre a 41° dopo averle consumate si ricorderà veramente il collegamento o semplicemente applicherà la normale repulsione verso qualunque boccone freddo e viscido tentiamo di infilarci in bocca?
Mi pare che nell’articolo vengano gravemente sottostimate le influenze mediatiche delle diete di moda che vengono proposte ossessivamente, quanti di noi avevano mai sentito parlare di sushi fino a pochi decenni fa e poi per anni si sono preecipitatri a consumarlo in massa come se fosse la nuova manna?
Quanti di noi hanno consumato per metà della loro vita salumi, cacciagione, pollame arrostito e bistecche al sangue e poi sotto la martellante propaganda mediatica “verde” si sono creati dei complessi di colpa e hanno iniziato a demonizzare e rifiutare i prodotti animali?