Fast Food

Multiracial friends using smartphone against wall at university college backyard - Young people addicted by mobile smart phone - Technology concept with always connected millennials - Filter imageNemmeno i giovani della Generazione Z, quelli degli scioperi per il clima per intenderci, riescono ad evitare di sprecare il cibo. Uno spreco che, secondo uno studio, sarebbe dovuto in larga parte a scelte alimentari impulsive e molto diversificate, guidate dalla paura di perdersi esperienze – gastronomiche e sociali – condivise dai propri pari, una forma di ansia sociale nota con l’acronimo Fomo (dall’inglese fear of missing out).

È quanto sostengono i ricercatori dell’Università di Reading, sulla base dei risultati preliminari di Cook Clever, un progetto finanziato dall’Istituto europeo per l’innovazione e la tecnologia EIT Food, un organismo indipendente dell’Unione europea. Per questo studio, sono stati intervistati giovani tra i 18 e i 25 anni (i più “grandi” tra gli appartenenti alla Generazione Z) sulle loro abitudini alimentari, scoprendo che molti di essi avevano provato questa forma di ansia sociale, voglie improvvise e la sensazione di dover assaggiare cibi sempre nuovi. A tutto ciò, si aggiungono poi lo scarso interesse per il consumo e il riciclo degli avanzi e per la pianificazione dei pasti. Gli ingredienti perfetti per lo spreco alimentare.

Argentina street food, traditional choripan sandwich with chorizo sausage, tomato, goat cheese, and chimichurri sauce at a street food market
Tra i giovani della Generazione Z, la paura di perdere esperienze e il desiderio di provare piatti sempre nuovi può contribuire allo spreco alimentare

Le iniziative messe in campo finora per ridurre lo spreco di cibo a livello domestico, come frigoriferi comuni e app di food sharing, non hanno infatti tenuto conto delle differenze nel comportamento alimentare delle diverse fasce d’età. “Quello che abbiamo scoperto dai nostri studi con la Generazione Z – spiega Natalie Masento, ricercatrice in Psicologia applicata a capo del progetto – è che hanno specifiche spinte e abitudini per quanto riguarda il cibo. Vogliono piatti nuovi ed eccitanti e si oppongono con forza agli inviti di sfruttare di più gli avanzi. Questo ha delle implicazioni nel momento in cui pensiamo a come coinvolgerli in comportamenti che producono meno sprechi”.

Tradizionalmente – prosegue Masento – si è posta l’attenzione sulla pianificazione dei pasti e sull’uso di ingredienti e avanzi, ma questo approccio potrebbe non essere il modo migliore per incoraggiare i giovani della Generazione Z a ridurre il proprio spreco di cibo se vogliono qualcosa di impulsivo e nuovo ad ogni pasto.” I partecipanti, infatti, hanno anche sottolineato che il loro stile di vita – cucine in comune con coinquilini, la difficoltà a fare la spesa quando non si possiede un’auto e ritmi frenetici – rende più difficile cucinare e mantenere abitudini alimentari regolari e, dall’altro lato, rende più convenienti e accessibili opzioni come la consegna a domicilio o l’acquisto di cibo d’asporto rientrando a casa.

Attualmente, circa un terzo del cibo prodotto nel mondo viene sprecato. E questo spreco contribuisce all’8% delle emissioni di gas climalteranti prodotte dall’attività umana, addirittura più dei trasporti. “Con la Generazione Z dipinta come la generazione della sostenibilità – afferma Lilly Da Gama, ricercatrice specializzata nello spreco alimentare –  ci saremmo aspettati di vedere un maggiore livello di coinvolgimento nell’attivismo domestico, come cercare di ridurre lo spreco alimentare. C’è un certo di livello di consapevolezza verso il problema, tuttavia questi risultati suggeriscono che una miriade di desideri personali, preferenze e problemi quotidiani impediscono un coinvolgimento superiore

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Mauro
Mauro
12 Dicembre 2020 21:49

Io sarei più drastico e anziché di “scarso interesse per il consumo e il riciclo degli avanzi e per la pianificazione dei pasti” parlerei di “mancanza di educazione alimentare.

Perché è certo che se “circa un terzo del cibo prodotto nel mondo viene sprecato” questo avviene solo nei paesi che data l’abbondanza hanno rinunciato a insegnare ai ragazzi a regolarsi nelle loro scelte, non è che sprechino il cibo perché vogliono provare i noodles birmani alla papaya ma perché nessuno ha spiegato loro come adeguare i propri acquisti alla propria capacità di consumo.

Non è il cibo nuovo o strano di per sè che induce allo spreco, ma il non rendersi conto (perché nessuno glielo ha mai insegnato) che se compri una pizza grande probabilmente non la finirai, e che è meglio sceglierne una piccola e casomai dopo aggiungerci qualcosa se ancora hai appetito (“fame” ce l’ha solo chi il cibo non ce l’ha proprio e certo non lo spreca).

E in questo la colpa ce l’hanno le generazioni precedenti, che a cascata hanno demotivato il risparmio del cibo come se fosse taccagneria, mentre in tempi non tanto lontani era la normalità, se a fine pasto ancora ti sentivi non sazio mangiavi un frutto in più, e si imparava a cucinare ciò che si sarebbe mangiato, non “8 porzioni” perché quella è la ricetta trovata in rete anche se in casa siete in due.

La scuola in questo fa quello che può, e ai bambini si insegna a rispettare il cibo, ma questi buoni insegnamenti vengono sistematicamente distrutti a casa da genitori che come non sanno più usare il congiuntivo neppure hanno idea di cosa sia l’economia domestica.