Nonostante la crisi economica e finanziaria degli ultimi anni, in Italia il numero di gelaterie è in crescita. Da quando ha preso piede l’idea del gelato come business, favorita dal fenomeno Grom, si è registrato un fiorire di catene in franchising, che spesso però nascondono una scarsa attenzione alla “cultura” del prodotto, oppure una “re-interpretazione” da parte dell’industria un prodotto artigianale.
Alla fine risulta difficile distinguere i professionisti “veri” dai negozi e dalle catene che di artigianale hanno solo la facciata. La legge non aiuta perchè nel nostro Paese, famoso in tutto il mondo anche per questo prodotto gastronomico, non esiste un disciplinare accettato e condiviso su cosa deve essere un cono artigianale. Mentre ciò accade, le associazioni di categoria da tempo non rappresentano che loro stesse, e l’industria dei semilavorati prospera e i gusti si appiattiscono.
Chi ci rimette sono i consumatori che non sanno più distinguere tra un gelato artigianale ed uno che lo “imita”. Il mercato è diviso in due grandi schieramenti, il 90% (e forse di più) delle gelaterie utilizza semilavorati e prodotti ad alta grammatura per preparare gelati belli, stabili e colorati. Dall’altra parte c’è un’esigua minoranza di Artigiani (con la A maiuscola) che cerca di proporre un prodotto tradizionale, lavorando sulla creazione di ricette, utilizzando ingredienti della filiera corta, freschi, di stagione, rinunciando a gonfiare e colorare il prodotto per renderlo più bello in vaschetta. Questi personaggi sono considerati “estremisti” o “integralisti”, perché vogliono essere indipendenti da un’industria che cerca di omologare il gusto.
In tale scenario si sono inserite le catene di gelaterie che si caratterizano perchè comunicano con molta abilità l’unicità del loro prodotto e la naturalità delle materie prime… Provate a immaginare una trasformazione progressiva di tutti i ristoranti italiani in fast food o in locali collegati ad una catena con piatti precotti e riscaldati al momento. Se da un lato si ottimizza la velocità del servizio e si definisce uno standard di gusto omogeneo, dall’altro si abbassa la specializzazione dei singoli cuochi e si perde la ricchezza e la varietà gastronomica, come è successo in altri Paesi, dove l’industria alimentare è diventata egemone rispetto all’artigiano e alla sua “peculiarità”.
Fare il gelato artigianale è un’arte che va appresa. Non si può sostituire la conoscenza con un sacchetto di polveri pronte a cui aggiungere acqua o con una miscela preparata da mettere nel mantecatore per fare “il gelato come una volta”… Una volta il gelatiere non faceva così; sceglieva le materie prime seguendo le logiche di prossimità, gusto, conoscenza di chi le produceva. Le bilanciava secondo il suo “savoir faire”, la sua conoscenza o (più recentemente) tramite gli studi della materia. Produceva poco e tutti i giorni.
Il problema della bontà o artigianalità di un gelato non dipende dalla presenza o meno di stabilizzanti, il problema è che pochi gelatieri conoscono la tecnica per costruirsi delle ricette, mentre altri si affidano ai fornitori di prodotti e semilavorati. Poi c’è un gruppo che esalta la bontà del gelato in funzione dell’assenza di stabilizzanti.
Chi dice di non usare stabilizzanti, chiamandoli per maggiore effetto mediatico “additivi chimici”, prende in giro il consumatore con giochi di parole ad effetto. Gli stabilizzanti alimentari ormai da tempo non vengono più definiti “chimici”, perché questa parola è priva di significato. Ogni cosa in natura è “chimica”. Gli stabilizzanti usati nella preparazione di dolci e gelati sono in massima parte prodotti vegetali, come i semi di carruba o di guar, ridotti in polvere e usati come addensanti perché hanno delle utili proprietà fisiche. Quindi non sono “chimici” nel senso che non sono prodotti “di sintesi (chimica)”. La maggior parte non ha neppure una dose massima giornaliera da rispettare, poiché non sono tossici per l’organismo.
Usare messaggi che denigrano l’utilizzo di questi additivi è efficace ma così facendo si gioca emotivamente sulla mancanza di informazione del consumatore medio (ma anche di molti produttori).
Per fare un gelato oltre agli stabilizzanti ci vuole latte, zucchero, panna, frutta (fresca o secca), cacao… tutti prodotti che il bravo gelatiere può procurarsi e dosare in autonomia nel proprio laboratorio. Non usare emulsionanti è possibile ma si deve ricorrere a speciali macchinari che attraverso la micronizzazione delle particelle della miscela permettono un’emulsione meccanica (più instabile).
Se in tempi brevi l’esigua quantità di artigiani non aumenta e non si torna a valorizzare il prodotto e le materie prime il cono di qualità non ha certo un grande futuro.
Bruno Albo
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Basterebbe dare il “titolo” di gelateria artigianale a chi lo produce naturalmente e senza liofolizzati o concentrati. Ci dovrebbero essere continui controlli sulla qualità ed evitare che le grandi catene in franchising si fregiano di tale titolo. Ma, purtroppo, stiamo in Italia.
Questo articolo sfocia dal fatto che chi scrive confonde il termine artigianale con autartico. E’ evidente come l’uso di ingredienti singoli a discapito dei semilavorati non sia una discriminante tra artigiano ed industria. Anzi, è proprio caratteristica dell’industria l’uso di ingredienti singoli ed un forte controllo della filiera. Algida non usa basi per gelato, e così nemmeno Grom. Si fanno tutto in casa (Grom si coltiva anche le fragole dice…). Quindi ha ragione Grom? No, l’artigiano è chi produce secondo la propria maestria nel proprio punto vendita. Ma la maestria non sta semplicemente in quanti grammi vengono messi nel pastorizzatore o se si coltiva i pistacchi. La differenza tra artigiano ed industria è l’unicità dell’offerta. Chiedete a Grom di farvi una torta nocciola IGP e pistacchio di Bronte. O delle monoporzioni per cena. O degli stecchi. O un gusto secondo il vostro desiderio (che ne so…al gelso per una serata siciliana). Non lo farà, perchè Grom non è un artigiano ma un industria. L’artigiano è chi declina un prodotto secondo la sua fantasia e maestria. Per fare la miscela da gelato non ci vuole un genio. Ovvio, serve una buona preparazione alimentare e qualche conoscenza di base che si impara studiando. Ma gli ingredienti sono latte, panna, zuccheri e poco altro (compresi gli stabilizzanti e, spesso, gli emulsionanti, che male non fanno). Il genio è chi poi sa trasformare e declinare quella ricetta in tanti gusti e forme, come un sarto fa coi tessuti (semilavorati), un falegname con le assi (semilavorati) e un pizzaiolo con le passate e le mozzarelle che compra fuori.
Il “gelato di una volta”, vi assicuro, era poco buono e con scarsità di gusti. Chi lo vuole ancora oggi o è un nostalgico smemorato o vuole giocare su marketing emozionale che, prima o poi, stancherà tutti.
Autartico non esiste, forse autarchico. Comunque il punto è proprio sul termine artigiano e artigianale che oggi, come dice giustamente Grom, non significa nulla, poiché non ne esiste una definizione condivisa. Sigh!
Senza dimenticare però che un prodotto artigianale non è per definizione buono o di qualità: molto dipende dalle materie prime, che forse le catene di alta qualità come Grom o Rivareno riescono a procurarsi proprio grazie all’organizzazione che c’è dietro. certo ci sarà chi fa il gelato con le uova del contadino o la frutta dell’orto, ma di solito non avverte di questo il consumatore.. le gelaterie ” bio” che si propongono come tali credo ottengano buoni risultati proprio perché non pretendono la fiducia ” cieca” del consumatore e forniscono informazioni sulle materie prime utilizzate
Ci vuole una legge di tutela che distingua in modo chiaro e netto il gelato artigianale dagli altri e i successivi controlli. Il punto é: cos’é un gelato artigianale?
E’ evidente che la definizione di “artigianale” ognuno la ricama come meglio gli torno comodo a seconda di ciò che fa o della tesi che vuole sostenere.
Non si potrebbe semplicemente accettare che esiste il gelato buono/non buono? Potrei essere in grado di produrre industrialmente un gelato alla nocciola e al pistacchio eccellenti pur con i limiti della standardizzazione. Non personalizzabile, ma pur sempre eccellente. Non vedo perchè questo debba essere considerato meno degno di altri, che magari sono in grado di farmi pure una torta di gelato nocciola e pistacchio su misura, ma “meno buoni” al palato. No alla demonizzazione assoluta dell’industria, e allo stesso modo, no all’incensazione assoluta dell’artigiano.
Perchè la standardizzazione è un limite secondo lei?
Limiti di offerta intendo, riprendendo il discorso di Fabrizio quando sostiene che Grom a differenza di un artigiano, non potrebbe fare esclusivamente per me, una torta nocciole IGP e pistacchio di Bronte. Ed’ vero che non lo può fare, ma ciò non significa che non possa comunque fare gelati eccellenti. Preciso che Grom è solo un esempio, non ho mai assaggiato i loro prodotti quindi non posso esprimermi.
e che dire anche di altre categorie di prodotti alimentari ad esempio le birre …
La vera domanda che il consumatore (specie di questi tempi) dovrebbe porsi è se un gelato “industriale di marca” (AKA non “da discount”) che costa (vaschette da 500 g – 1 kg acquistate in GDO) 4-5 euro al kg, “vale” davvero 5-6-7 volte meno di un “artigianale” che a quel prezzo ti offre 2 striminziti coni da passeggio (se va bene)
Maurizio, ognuno faccia pure i propri conti, ma hai idea di quanto costa solo la panna FRESCA al litro (che l’ industria ovviamente non utilizza)? a me costa €5,40 + IVA !!!!!!!
e permettimi di dirti che nella mia gelateria, un cono striminzito come dici tu da 2€ pesa all’incirca 100gr e a parità di peso, costa meno di un cornetto algida che paghi €2,10/ €2,30 per 85/90 gr di latte reidratato e grassi vegetali !!!
e il mio è fresco tutti i giorni!!!!
voglio solo aggiungere che imparare a leggere le etichette e le liste degli ingredienti può insegnarci a scegliere meglio ed avere la consapevolezza di cosa vogliamo mangiare!!
Un saluto, da un Artigiano “integralista”
Non trovo che il paragone sia corretto. E’ fuorviante fare il paragone col costo del cornetto algida acquistato al bar piuttosto che con quello che si acquista normalmente al supermercato che viene a costare circa 0,50 centesimi l’uno nella confezione da 6 (almeno per i prezzi che ho visto io). Dico che è fuorviante, perchè il prodotto è lo stesso, nei 2,10 che cita lei c’è il l’enorme ricarico del bar analogamente alla differenza che c’è tra acquistare una lattina al supermercato o consumarla al bar.
Ma probabilmente Maurizio intendeva anche un’altra cosa: io non sono un gelatiere, quindi non so se la panna per il gelato deve avere requisiti particolari, però ad un’azienda la panna fresca costa tranquillamente la metà di quello che dice lei (l’iva la scaricate entrambi quindi non conta). Applicando questa logica a tutti gli ingredienti, un gelato industriale verrebbe a costare decisamente meno. A parità di qualità di ingredienti. E’ chiaro che un gelato non è fatto dei soli ingredienti, ma la domanda di Maurizio, sulla base di questo ragionamento mi sembra legittima. Devo dire però che non trovo correttissimo nemmeno il paragone che fa Maurizio, perchè sarebbe stato più giusto paragonare i prezzi della vaschetta industriale da 1kg con 1kg di gelato artigianale sfuso, non con 2 coni…Questo senza nulla togliere al suo gelato (e a quello dei tanti bravi artigiani del settore) che sarà sicuramente buonissimo, ma per dire che l’argomento a mio parere andrebbe sviscerato in modo meno semplicistico da una parte e dall’altra
Che c’entra l’IVA? Quella la compensi con l’IVA a debito. Mi lasciano sempre perplessi gli imprenditori che si lamentano dell’IVA sugli acquisti …
Rispondo ai due post di Alessandro.
Il gelato artigianale (ottenuto per mantecazione) non è adatto alla distribuzione industriale, per diversi motivi: in primo luogo perché ha un termine di conservazione molto breve, poi perché ha una temperatura di servizio più bassa di quella dei freezer casalinghi (da meno 12° a meno 14°, contro i meno 18° gradi e oltre dei freezer), infine perché ha un peso specifico troppo elevato per essere economico (in altri termini, contiene poca aria). Il gelato industriale è pensato per essere conservato a lungo e rimanere morbido a temperature inferiori e ha bisogno di parecchi additivi che gli consentano queste performance. Basta confrontare la lista degli ingredienti pubblicata sul sito di Grom (che prendo come esempio giusto perché la stragrande maggioranza dei gelatieri artigianali non ne fanno menzione sui loro siti web) con quella di un qualsiasi gelato industriale per rendersene conto.
Ossignore… Ma suvvia, se scrivete qualcosa abbiate almeno la decenza di pensare prima di mettere le dita sulla tastiera. Le gelaterie più care d’Italia vendono a 20 euro al kg, cioè AL MASSIMO 4 volte rispetto ai gelati della GDO, altro che 5, 6 o 7 volte. E ti servono una coppetta di prodotto fresco, con tovagliolo e cucchiaino, che puoi mangiare subito, magari in centro città o nella piazza del paese, comodamente seduto nei tavolini della gelateria.
Sarebbe come confrontare una lasagna presa al ristorante con una lasagna presa nel banco frigo di un supermercato… Dai, cerchiamo di essere seri.
Ecco, sarebbe tutto più costruttivo se anche chi richiama gli altri di pensare, usasse per se lo stesso consiglio. Che c’entra il cucchiaino, il tovagliolo e la piazza del paese? il confronto è tra vaschetta GDO e vaschetta DA ASPORTO della gelateria, su! Maurizio a mio parere ha sbagliato il paragone e l’entità del confronto, ma il concetto di fondo è che non necessariamente non usare i semilavorati significa avere un prodotto di qualità e valore superiore.
Una risposta di sintesi. Veramente le gelaterie artigianali tra le MENO care di Italia vendono il gelato a 20 euro al kg.
Nel Nord puo’ arrivare “tranquillamente” a 30 euro.
Alessandro. Il mio ragionamento “terra terra” è che con 4-5 euro puoi scegliere tra 1 kg (e piu’) di gelato industriale acquistato al supermercato e 2 piccoli coni presi in gelateria.
La mia prosaica domanda era se “l’italiano medio” di questi tempi preferisce fare la prima o la seconda scelta.
Che poi anche “solo” i 20 euro al kg del gelato artigianale siano giustificati ANCHE dall’enorme superiorità della qualità degli ingredienti … può essere.
Ma questa differenza del 400% si percepisce davvero ?
A mio avviso la figura del gelataio (o gelatiere) artigianale è un po’ mitizzata. Fare un gelato molto buono e con ingredienti naturali (ovvero, ricavati da prodotti naturali con trasformazioni fisiche e non chimiche – la chimica si fa nel laboratorio di gelateria) è difficile, ma alla fine si tratta di affinare le ricette. Sempre che non si voglia stupire a tutti i costi il consumatore con ricette estrose che – nella maggior parte dei casi – vengono provate una volta e poi abbandonate a favore dei gusti più classici. Così come credo che chi utilizza semilavorati in modo intensivo stia in qualche modo “truffando” i propri clienti, sono convinto che i ‘maestri gelatieri’ li prendano in giro, esattamente come gran parte degli chef blasonati.
Vorrei aggiungere una considerazione sugli additivi “naturali”. La farina di semi di carrube, ad esempio, non è un alimento privo di controindicazioni perché il suo potere addensante si manifesta anche una volta ingerita. La farina di semi di guar ha anch’essa controindicazioni e non dovrebbe essere utilizzata allegramente.
Il fatto è che si pretende di aggiungere al gelato ingredienti che lo rendono intrinsecamente instabile (il gelato è tecnicamente una schiuma), per cui diventa necessario compensare con addensanti e stabilizzanti. Non mi stupisco quindi che il gelato “cantucci e vinsanto” debba essere consistentemente “aiutato” a star su, mi chiedo però che senso abbia fare un gelato simile.
@Andrea: credo (magari sbagliando) di aver compreso il significato alla base dell’intervento di Maurizio ed in parte lo condivido. Non essendo un gelatiere nè un esperto, mi rendo perfettamente conto che il gelato industriale e quello artigianale siano diversi per natura. Basta un banale assaggio per rendersene conto. Tuttavia, quello che cerco di sostenere è che può esistere un eccellente gelato industriale così come esiste un eccellente gelato artigianale. E per contro un pessimo gelato industriale e un pessimo gelato artigianale. Quindi nel confronto tra un eccellenza industriale e un pessimo prodotto artigianale non vedo perchè si debba preferire il secondo in virtù della sua artigianalità. Sarebbe come dire di preferire un tavolino fatto artigianalmente da un falegname con una gamba più corta delle altre (il tavolo, non il falegname!) ad un tavolo IKEA con le gambe perfette. E se posso capire che per verti versi il paragone industriale / artigianale può non reggere, lo stesso ragionamento lo posso applicare a chi usa i semilavorati. Ci possono essere pessimi artigiani e ottimi “utilizzatori di semilavorati”…
Alessandro, da gelataio artigiano mi trovo d’accordo con te!! Per deformazione professionale, ho la tendenza ad assaggiare, quando mi capita, la “concorrenza” e mio malgrado a volte l’artigianalità è solo nelle insegne….
Ho assaggiato anche quello di Grom e mi duole dirlo, ma pur non essendo eccelso (specie sulla frutta che non utilizza fresca)è molto meglio di molti miei “colleghi” che fanno del gelato il businnes di stagione.
Io sono trent’anni che lo faccio con grande passione, cercando sempre di imparare e migliorare, ma non ho mai ceduto alla tentazione di mettere in vetrina gusti come il puffo, cookie, rocher, la soia ect., che avrebbero di certo aumentato gli incassi e forse la clientela, ma di sicuro non la mia professionalità!!
Le diatribe su emulsionanti, stabilizzanti ect. non mi interessano più di tanto, appena posso non li utilizzo!
Il problema è che ormai l’artigiano (e non solo il gelataio!!) nel nostro paese, è considerato colui che fa in piccolo quello che l’industria fa in grande, perciò molte volte il prezzo dei nostri prodotti viene considerato esagerato, da elite.
Ma non piacerebbe a tutti vedere nelle nostre città, ancora tante botteghe di calzolai, fabbri, panettieri, sarti e falegnami al posto di discount, fai da te, take away, fast food, sushi e sale da gioco????!!!
Un saluto dal solito “artigiano integralista”
…GRAZIE…DA UN SEMPLICE GELATIERE….CHE PRODUCE ARTIGIANALMENTE GUSTI MA COME SEMPLICEMENTE DEVONO ESSER FATTI…STAMANE PER PRODURRE IL GUSTO YOGURT…HO IMPIEGATO MEZZA ORA..IL SORBETTO AL MELONE….IL SORBETTO PESCA….AL MERCATO….DAL MIO FRUTTIVENDOLO DI FIDUCIA…..LUKA
No, non può esistere un “eccellente” gelato industriale così come non esiste un “eccellente” mobile Ikea. Questo non vuol dire né demonizzare il gelato industriale né l’Ikea, tutt’altro, tanto è vero che mi capita di mangiare gelati industriali e possiedo qualche oggetto Ikea.
D’altro canto, esiste il pessimo gelato artigianale, anzi direi che delle trentaduemila gelaterie artigianali solo pochissime migliaia offrono prodotti superiori – ad esempio – a quello di Grom.
Riguardo ai semilavorati, io sono un po’ talebano, soprattutto da quando ho potuto verificare, entrando nei laboratori di qualche gelatiere eccellente, che se ne può fare a meno. A patto di non voler fare per forza gelati con inclusioni particolari o ingredienti così anticongelanti da richiedere un “rinforzo”.
Opinabile. Per i mobili IKEA va inteso cosa si intende per eccellente.
Se è per la funzione che devono svolgere è più che eccellente.
Se poi uno invece che nella Billy, i libri puoi permetterti di metterli in un’antica libreria in noce massello che costa 30 volte tanto… tanto meglio.
Tornando ai gelati resta la questione quantità/qualità.
A parità di budget, meglio una pallina o una coppa ?
Maurizio, qual è la funzione del gelato? Per me è un cibo, gradevole ed edonista se vuoi, ma pur sempre un cibo. Come tale, dovrebbe possedere caratteristiche nutrizionali intrinseche e non solo essere “gradevole”. Lo so benissimo che il Cornetto Algida è “buono”, così come lo sono i 4 Salti in padella. Sono però entrambi prodotti ‘poveri’ sia dal punto di vista nutrizionale sia da quello organolettico.
Tornando ai gelati, per me a parità di spesa meglio la pallina della coppa. In primis perché così ingurgiti meno calorie, poi perché ti nutri meglio e infine perché il gusto non è comparabile (posto che il gelato artigianale sia buono come dovrebbe). Per me è anche una questione di educazione al gusto: un fiordilatte fatto come si deve (e sono in pochissimi a farlo, purtroppo) ti fa capire quanto povero sia il Cornetto. Altro che cuore di panna.
Andrea. Ripeto. La mia è partita da una considerazione di carattere economico-realistica, rapportata ai “tempi2 attuali.
Te padre di famiglia vuoi offrire UN gelato ai bimbi di casa (e a te stesso)
Prima opzione. Gelateria artigianale. Spendi 10 euro per 4 coni, ovvero per una vaschetta di mezzo kg (si spera…) di “buon gelato”
Seconda opzione. Fai la spesa al supermercato e compri 2kg (e passa, se in offerta) di una cremeria, semifreddo, tartufo “industriali” che ti permettono di consumare 4 belle coppe di gelato per 3-4 volte.
Da bimbo (e padre) come spenderesti i tuoi soldi ?
Se da un lato il gelato è un “lusso” e un piacere e come diceva Manfredi (del caffè) se non è buono che piacere è, dall’altro per molti l’idea di potersi “permettere” un conetto, solo una volta a settimana … che sarà anche buonissimo, ma se diventa una rarità e di brevissima durata, che piacere è ?
“Da bimbo (e padre) come spenderesti i tuoi soldi ?”
Da bimbo preferivo di gran lunga i gelati Algida (Cornetto, Paiper, Croccante) a quelli artigianali. Non sono padre, e non saprei calarmi nei panni del genitore: parlo quindi di scelte che faccio per me stesso. Quando devo scegliere cosa mangiare prediligo sempre la qualità alla quantità, soprattutto quando si tratta di cibi voluttuari.
Visto che ne fai una questione di opportunità economica (massimizzare il piacere dato un certo budget), mi sembra corretto – anche se socialmente un po’ antipatico – ricordare che la capacità di spesa è molto diversa da individuo a individuo, il che si riflette nelle scelte alimentari così come in quelle automobilistiche. Ora, il fatto che solo pochissimi possano permettersi una Ferrari e molti (sempre meno, purtroppo) possano permettersi una Fiat non fa della Fiat un’automobile eccellente.
Al di là della divertente polemica, capisco il punto. Però nessuno obbliga i consumatori a comprare il gelato artigianale al posto di quello industriale. Credo però che tutti preferirebbero – se non dovessero fare i conti con un portafoglio sempre più vuoto – il primo al secondo.
No. Permettimi di insistere.
La questione è proprio questa.
Non stiamo parlando della differenza tra un Tavernello e uno Champagne (o un buon prosecco, per mantenere un corretto rapporto di spesa).
Siamo in tempi di crisi ?
Il gelato è comunque un “lusso”
Per chi può permetterselo 20-30 euro al kg NON sono un problema.
Magari si è pure a dieta e un ottimo cono da 5 euro una tantum val bene la spesa (anche calorica)
Chi fa fatica a quadrare i bilanci e NON va neanche in vacanza perché NON può permetterselo, tra 1 kg di “ottimo” gelato artigianale e 4-5 kg di gelato cosa comprerà ?
O forse dirà ai bimbi “Oggi avete mangiato un buonissimo e piccolo gelato artigianale. Il prossimo possiamo permettercelo tra una settimana” ???
Innanzitutto dobbiamo suddividere i tipi di semilavorati che una gelateria usa : di base o in pasta creme e frutta.
Una gelateria di qualità non dovrebbe pensare minimamente ad usare semilavorati in sostituzione della frutta ma nemmeno usarla congelata, la frutta DEVE essere fresca punto e basta ( prima sostanziale differenza con il gelato industriale ).
I semilavorati in pasta tipo le creme grasse nocciola, pistacchio sono assolutamente naturali ( e qui sta’ la bravura dell’artigiano che acquista ) senza coloranti nè conservanti e subiscono una lavorazione di tostatura e macinatura eccellenti nel rispetto della naturalità intrinseca al prodotto. I gelatieri che comprano le nocciole o i pistacchi crudi, li tostano in un forno senza controllo di omogeneità di cottura e peggio tritano il tutto in rulli o frullatori avranno sempre un prodotto grezzo e non è certo un sintomo di qualità o naturalità artigianale avere la bocca piena di frammentini di frutta secca. La vaniglia, tiramisù ecc possono essere tranquillamente costruiti dal gelatiere.
Oltre al latte,zuccheri e grassi poi si inseriscono delle polveri essenziali per il gelato e qui nasce il nocciolo delle discussioni.
Alcuni gelatieri utilizzano e miscelano presso i loro laboratori esattamente gli stessi ingredienti che i semilavorati ( ovviamente di qualità ) racchiudono nei loro sacchetti con alti o medi dosaggi. Sia nelle famigerate basi che nei mix autocostruiti abbiamo la parte stabilizzante che al 99% i gelatieri acquistano già miscelatri (neutri ) e ci aggiungono dal latte in polvere agli zuccheri,proteine e quant’altro di essenziale serve effettivamente per un buon gelato artigianale. La sostanziale differenza sta’ nel trovarsi un prodotto già premiscelato o di miscelarlo da sè con una diversità di costi sull’ingredientistica a sfavore del semilavoratoma di risparmio di mano d’opera a favore di quest’ultimo.
Concludendo la vera differenza sta’ all’origine della scelta, ovvero un gelatiere che si improvvisa e va a tastoni non sarà mai all’altezza di un buon gelato artigianale. Se usa neutri senza conoscenze o basi prodotte da aziende o artigiani che anch’essi mettono insieme per sentito dire non farà mai un buon gelato.
Il gelatiere che presenzia a corsi importanti con tecnologi alimentari che hanno studiato 10 anni ingredientistica sono a tetto o se si affidano ad aziende che formulano prodotti con tecnologi alimentari di eccellenza anche qui il successo è assicurato.L’ unica differenza è solamente che nel 1 caso il gelatiere è padrone delle sue ricette e nel secondo si deve affidare a terze persone ( il quale potrebbe essere meglio o peggio…..), non c’entra nulla nè la gradazione d’uso nè altro, gli ingredienti non cambiano ma è essenziale come e chi usa tali ingredienti composti o puri.
Essenziale,secondo me , che il gelato abbia ingredienti naturali senza porcherie e che sia sempre assolutamente FRESCO DI GIORNATA.
Eppoi, ragazzi, non dimentichiamo che le tanto blasonate “bilanciature” provengono da produzione industriale……..
Condivido solo in parte. Per quanto riguarda nocciole e pistacchi, tostatura e raffinazione artigianali non producono risultati così apprezzabilmente diversi dalle lavorazioni industriali, con il vantaggio che il grado di tostatura può essere modulato a piacere. Poi vorrei chiedere: quali sono le “polveri essenziali per il gelato”? La farina di semi di carruba? Quella di guar? L’alginato di sodio? I mono- e di-gliceridi degli acidi grassi?
La bilanciatura si fa con un foglio excel e con tanta esperienza, perché se compri le nocciole, le tosti e le macini tu non saprai mai esattamente qual’è la percentuale di grassi e quella di solidi. Purtroppo la maggior parte dei gelatieri non hanno idea di cosa sia il primo e non hanno la voglia di passare ore ed ore in laboratorio a sperimentare.
Condivido anch’io solo in parte con mauro e nella quasi totalità con Andrea. Il gelato “artigianale” e non, si può fare in moltissimi modi. Salutare, non salutare, naturale, non naturale chi più ne ha più ne metta. Sono scelte sia del consumatore che del produttore e di certo un poco di educazione alimentare non guasterebbe in Italia nonostante sia un paese con dei sani principi alimentari, diminuiti con gli anni ma ancora abbastanza sani
La tostatura delle nocciole e pistacchi,Andrea, è una prassi talmente complessa a livello di temperature e standardizzazione di produzione che un gelatiere non potrà mai fare con gli strumenti che ha a disposizione e tanto meno modulare a piacere il grado di tostatura, avrà sempre un prodotto dal gusto diverso per ogni “tostatura” che non è sintomo di artigianalità ma di incostanza di gusto e perdita di clientela fidelizzata.
Per polveri essenziali per il gelato intendo il groupage di solidi del latte, zuccheri, emulsione e stabilizzazione.
Concordo con Te che le bilanciature non sono un gioco e, se mi permetti, neanche si possono semplificare su un foglio di excel altrimenti non si spiegherebbe perchè le aziende di semilavorati per la formulazione delle basi si affidino a costosissimi tecnologi o chimici. Tutte le basi sarebbero uguali e non è assolutamente così.
Le ricerche effettuate ogni anno da brand internazionali portano sempre ad avere ingredienti sempre più naturali e puri ( vedi le ultime proteine delattosate ) che distorgono la vecchia bilanciatura con parametri diversi e risultati migliori.
Concludo affermando che ritengo giusto che ogni gelatiere sappia leggere le etichette ingredienti e che sappia come si sviluppa una bilanciatura ma darei molta fiducia a chi ha studiato anni laureandosi nella materia e che sappia manipolare ingredienti innovativi senza ma e senza se nel rispetto di un risultato ottimale sia dal punto di vista organolettico che di naturalità, altrimenti potremmo fare un corso di 1 o 2 settimane di chimica degli ingredienti e aprire una farmacia…magari usando un foglio di excel ( scusa la retorica non voglio assolutamente essere offensivo ma far comprendere quanto sia solo il primissimo inizio di una costruzione di un gelato di qualità ).
e così potrei passare alle maltodex di vari pesi molecolari dove studiarne l’effetto di viscosità nei mix delle stesse necessità strumentazione non da poco.
In ultimo ti garantisco che tanti gelatieri che conoscono e magari anche di studio usano prodotti completi, formulati in tandem con le aziende con il risultato di avere la pratica di un gelatiere e la consulenza di un tecnologo unite per un prodotto ottimale ma di facile utilizzo e veloce da farsi in quanto premiscelato come se fatto in un laboratorio di gelateria. L’artigiano imprenditore deve avere la capacità, oltre ad avere un buon prodotto, di fare numeri e di avere una fetta di tempo per uscire dal laboratorio e guardare come si comporta il concorrente dal quale qualcosa ( si spera sempre poco ) c’è sempre da imparare.
E con questa mando a tutti l’augurio di buone ferie o proficuo lavoro
Mauro, secondo me abbiamo una concezione profondamente diversa di artigianalità in ambito alimentare, e più in generale di qualità (non solo organolettica, ma nutrizionale) degli alimenti. Per me il cibo buono è fatto con ingredienti che la mia bisnonna saprebbe riconoscere come tali. Non voglio nemmeno sentir parlare – da consumatore, innanzitutto – di proteine delattosate per il semplice fatto che in natura non esistono. Credo anche che sia profondamente sbagliato ricercare la perfetta omogeneità del prodotto nel tempo: non posso mangiare due pesche identiche nemmeno se provengono dallo stesso ramo, non vedo perché dovrei pretendere di mangiare due fiordilatte (e ho scelto volontariamente il gusto più facilmente replicabile) identici in due giorni diversi. O meglio, se per me la costanza assoluta del gusto di ciò che mangio è un valore, allora preferirò il gelato industriale (illudendomi, perché chi lavora nel settore sa benissimo che un cornetto di vent’anni fa aveva caratteristiche organolettiche ben diverse da quello di oggi).
Ottime e giuste considerazioni. È per caso un chimico o tecnologo? Buone ferie.
No, non sono un tecnico del settore ma ho qualche competenza in campo nutrizionale e merceologico e sono appassionato di alimentazione e gelato in particolare. Prima o poi dovrò di questa passione una professione, visto che mi capita di trovare professionisti e imprenditori che seguono pedissequamente strade battute e “facili” senza fare ricerca. Si può fare sperimentazione (alimentare) anche nella cucina di un ristorante o nel laboratorio di una gelateria, non è necessario lavorare nelle aree tecniche di Unilever o Nestlé.
Andrea, mi piace come ragioni!! posso permettermi di invitarti nella mia gelateria??
Andrea, la domanda era per Mauro, forse ho sciacciato il “rispondi” sbagliato. Ben venga comunque che qualcuno si avvicini sperimentando al campo alimentare senza essere dipendente di una multinazionale o di una grossa azienda. È la cosa che ho fatto e sto facendo io tuttora.
@Andrea. La domanda era per Mauro, forse ho sciacciato il “rispondi” sbagliato. Ben venga comunque che qualcuno si avvicini sperimentando al campo alimentare senza essere dipendente di una multinazionale o di una grossa azienda. È la cosa che ho fatto e sto facendo io tuttora.
L’articolo è interessante ma non è corretto secondo me in alcuni punti. Uno dei quali mi ha preso in considerazione in prima persona:
“Chi dice di non usare stabilizzanti, chiamandoli per maggiore effetto mediatico “additivi chimici”, prende in giro il consumatore con giochi di parole ad effetto.”
Quindi io prendo in giro i miei clienti? Mi scusi tanto Sig. Bruno Albo ma non credo proprio…
Andrea concordo che abbiamo due metodologie di produzione diverse e rispetto le Tue idee anche se non condivido anche questo è il bello dell’artigianalità. Penso comunque che ad entrambi interessi non dare porcherie al consumatore finale e che si formulino ricette basandoci sul fatto che i primi a mangiarlo siamo proprio noi e la nostra famiglia. Voglio solo tranquillizzarti sulle proteine delattosate, sono naturalissime e si trovano in natura nel latte e sottoprodotti ( siero ) vengono isolate senza processi chimici invasivi e quindi in questo caso si toglie il lattosio con grande gratitudine dagli intolleranti di quest’ultimo ( che aumentano sempre ).
Sai la maggior parte degli ingredienti subiscono trasformazioni che magari le nostre nonne non sapevano ma facevano e a me piace tanto guardare avanti.
Chiudo così questo nostro fin troppo lungo ( x gli altri lettori) scambio di opinioni.
buon lavoro.
Si’ Cesare sono Chimico, mio figlio un Tecnologo e orbito nel settore personalmente da 30 anni ma derivo da una eredità culturale che risale a mio nonno.
Buone ferie ancora e….a settembre . ciao
P.S. sia io che mio figlio siamo fermamente naturalisti !!!
Bhe! tanto per sdrammatizzare….(forse?)… Ieri sera una signora, dopo che le ho gentilmente spiegato come faccio i semifreddi all’italiana e le torte gelato, mi ha candidamente risposto : ” Ma no! io volevo la Viennetta!!!! ”
…..ma perché alle 23 di sabato la GDO, i discount sono chiusi????