gamberi

Crudi o cotti, interi o sgusciati, decongelati o surgelati, i gamberi sono sempre più presenti nei banchi frigorifero dei supermercati e anche in pescheria. Si tratta spesso di crostacei allevati nelle aree tropicali del Sud-Est Asiatico, dell’America Latina e in minor misura da India e Madagascar dove le acque calde facilitano la crescita rapida. In questi decenni si è registrato un incremento enorme della domanda sul mercato europeo, tanto che i gamberi sono in testa alla classifica internazionale delle richieste insieme al salmone e al tonno.

Gli allevamenti intensivi di gamberi

Gli allevamenti intensivi sollevano però qualche problema e hanno degli effetti collaterali da considerare. Il primo problema è la contaminazione delle acque dove sorgono gli allevamenti (che può essere causato dall’allevamento stesso), poi bisogna considerare la distruzione delle foreste di mangrovie per lasciare spazio a nuovi impianti. Si tratta di piante che hanno un ruolo importante contro l’erosione delle coste oltre che essere un habitat per molti pesci. Nel Sud Est Asiatico la densità di allevamento è notevole e si arriva a circa 150 gamberi per metro quadrato, e questo comporta maggiori rischi di stress per gli animali. In Ecuador e nelle zone tropicali dell’America Latina in generale si usano di più i sistemi di allevamento estensivi dove la concentrazione è 4-5 volte inferiore, e questo permette un maggiore rispetto dell’ambiente.

L’allevamento intensivo di gamberi può avere un notevole impatto ambientale in termini di inquinamento delle acque e distruzione di foreste di mangrovie

I farmaci

Tempo fa era stato sollevato un problema sull’uso di farmaci, che però adesso sembra essere superato grazie a maggiori controlli sanitari e a una migliore gestione della produzione. “L’elemento che accomuna la stragrande maggioranza dei crostacei in commercio, come ad esempio gamberi, gamberetti e mazzancolle, – spiega Valentina Tepedino, veterinaria direttrice della rivista Eurofishmarket – è il trattamento con anidride solforosa e solfiti (E220 – 228), fatto soprattutto per evitare l’annerimento della testa che compare a distanza di poche ore dalla cattura in mare o dal prelievo dalle vasche di allevamento. Questi additivi sono legali sia nei crostacei freschi, che congelati, che surgelati, ma devono essere sempre dichiarati in etichetta”. Un test comparativo condotto di recente dalla rivista dei consumatori Que Choisir su 23 campioni di gamberetti conferma l’uso generalizzato di questi additivi e il rispetto dei livelli di concentrazione prestabiliti dalla normativa.

Gli additivi nei gamberi

Il trattamento con solfiti deve essere sempre dichiarato in etichetta e può essere fatto a bordo delle navi officina, che poi  procedono anche a congelare i gamberi a bordo o negli stabilimenti a terra, per quanto riguarda i gamberi destinati ad essere commercializzati freschi. “Il prodotto italiano sia esso gambero rosso, rosa o viola – continua Tepedino  – rappresenta una quota decisamente ridotta rispetto a quello importato prevalentemente congelato dai Paesi del Sud America o del Sud-Est Asiatico. Comunque basta leggere l’etichetta per capire l’origine, che deve essere riportata per legge e indica il mare o l’oceano dove è stato pescato il crostaceo o il Paese dove è stato allevato. Dunque è obbligatorio anche indicare il metodo di produzione, ossia se pescato o allevato. Non è invece obbligatorio riportare in etichetta se si tratta di un allevamento intensivo o estensivo”.

Il dato positivo che emerge dal test della rivista francese riguarda la prova sensoriale che è stata superata da tutti i campioni con un giudizio che varia da medio a ottimo. Sul prezzo la variazione è notevole perché il listino oscilla da 10 a 50 euro al kg con una media di circa 30.

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