Continua a dare risultati interessanti la ricerca di fonti alimentari alternative a quelle utilizzate dalle filiere delle grandi multinazionali e dalle mode imperanti e sempre più povere quanto a varietà. Uno di questi è rappresentato dal frutto albero del pane (Artocarpus altilis), consumato nel Pacifico da millenni e ora oggetto di un approfondito studio appena pubblicato sulla rivista PLoS One dai ricercatori dell’Università della British Columbia canadese.
Nelle culture tradizionali il frutto viene mangiato quando è giunto a maturazione, oppure essiccato, ridotto in polvere e utilizzato come base per una grande quantità di pietanze. Ma sul profilo nutrizionale e sull’eventuale tossicità c’erano, finora, pochissimi studi. Per questo gli autori hanno voluto controllare, innanzitutto, se ci potessero essere rischi per la salute umana e a tal fine hanno condotto diversi esperimenti sia in vitro, su colture cellulari intestinali, che su modelli animali. Nel primo caso sono stati analizzati i marcatori dell’infiammazione e della tossicità cellulare e non è stato trovato alcun nessun segnale negativo o anche solo preoccupante. Per quanto riguarda i test in vivo, i topi sono stati nutriti per 21 giorni con una dieta normale contenente frumento, oppure con una che, a parità di calorie, conteneva farina di frutto di albero del pane al posto del grano.
Il risultato è stato che non solo negli animali “trattati” non c’era alcun segno di malnutrizione, disagio, malattia o tantomeno morte, ma, al contrario, alcuni parametri erano migliorati, grazie al basso indice glicemico della farina di Artocarpus e alla sua digeribilità, risultata superiore a quella delle proteine del frumento. I topi nutriti con farina di frutto di albero del pane, inoltre, erano cresciuti di più e avevano bevuto più acqua rispetto ai controlli. Anche l’esame dell’intestino ha poi confermato che il tessuto era in ottima salute e che la flora batterica intestinale non aveva subìto cambiamenti significativi.
A tutto ciò si deve aggiungere il fatto che la coltivazione di questo albero è sostenibile, e che il confronto con altre farine lo candida al ruolo di superfood, cioè di alimento che, consumando poche risorse per crescere, ha prestazioni nutrizionali migliori rispetto a quelle di alimenti analoghi, ma facenti parte delle filiere occidentali classiche.
Come hanno fatto notare i ricercatori canadesi, negli Stati Uniti il consumo giornaliero medio di cereali è di 189 grammi per persona. Con la stessa quantità di farina di frutto di albero del pane si ottiene il 57% del fabbisogno giornaliero di fibre e il 34% di quello di proteine, serviti – per così dire – con potassio, calcio, ferro e fosforo e vitamina C in quantità. Questa farina, inoltre, è ideale per chi non può consumare glutine, e per chi è a rischio diabete.
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Giornalista scientifica
Quanto odio la parola superfood. La parola più amata e abusata da coloro che di cibo capiscono ben poco. Non a caso coniata da quelli là.
Tutto ciò che è buono e di vera qualità è “superfood”, basta avere una dieta varia e non abusare nulla, seguire le stagioni, fare sport. Basta con la ricerca degli elisir…
Ottima osservazione! Non a caso ormai è bandita nei claim in etichetta ma purtroppo ancora usata a sproposito.
Il termine è stato coniato diversi anni fa dalla FAO, e indica alimenti che, consumando meno risorse, offrono eccellenti profili nutrizionali, oltretutto favorendo la diversità delle specie ed essendo resistenti ai cambiamenti cimatici in corso: gli alimenti sui quali l’umanità dovrebbe puntare. Poi, certo, è diventato abusato e buono per qualunque cosa, ma la sua origine è tecnica e molto precisa
Dubbio: non è che “per caso” questo frutto dell’albero del pane è il nuovo olio di palma della situazione? Prodotto in paesi con costi minimi in confronto ai nostri, (così i produttori di alimentari risparmiano ), importato e sostituito alle nostre farine fregandosene se poi dopo anni si scopre che dal punto di vista salutistico è un disastro (come l’olio di palma) e da quello della conservazione degli habitat animali pure?
vivisezione inutile e obsoleta anche per testare un frutto; leggere che i topi non c’era alcun segno di malnutrizione, disagio, malattia o tantomeno morte, ma, al contrario, alcuni parametri erano migliorati, grazie al basso indice glicemico della farina di Artocarpus e alla sua digeribilità, risultata superiore a quella delle proteine del frumento. I topi nutriti con farina di frutto di albero del pane, inoltre, erano cresciuti di più e avevano bevuto più acqua rispetto ai controlli. Anche l’esame dell’intestino ha poi confermato che il tessuto era in ottima salute e che la flora batterica intestinale non aveva subìto cambiamenti significativi. Invece usarli per testare qualsiasi cos va bene? vergogna.
che i ricercatori della UBC si siano dati la briga di sperimentare sui TOPI un cibo che da millenni è utilizzato con successo da ESSERI UMANI è notizia che getta, purtroppo, un’ombra sinistra sulla scienza (canadese?), su quanto limitati e angusti siano certi binari metodologici, certi protocolli… Veramente da vergognarsi.