frutti di bosco 480839209Ogni due  giorni cinque persone vengono ricoverate in ospedale per epatite A causata dall’ingestione di alimenti contenenti frutti di bosco surgelati o congelati. È quanto emerge dall’ultima relazione del Ministero della salute sull’epidemia che da 14 mesi ha riguardato l’Italia. I numeri non lasciano spazio a dubbi, le persone colpite dal gennaio 2013 alla fine di febbraio di quest’anno sono state 1.463. Considerando che nel periodo precedente (novembre 2011 – dicembre 2012) erano 360, basta fare una sottrazione per rendersi conto che le vittime sono circa 1.100. La cifra è comunque sottostimata visto che molti cittadini colpiti da epatite A sfuggono al calcolo delle Asl. La regione con il maggior numero di casi è la Lombardia è 358, seguita da Emilia Romagna (154), Toscana (142) e Lazio (121), mentre in Sicilia sono solo 3. Siamo di fronte a un’epidemia classificata dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare come “internazionale”, che ha coinvolto oltre a 4 paesi del Nord Europa dove si sono registrati 71 casi (Danimarca, Svezia, Norvegia e Finlandia) anche Irlanda e Francia con altri 16 episodi tutti associati all’ingestione di frutti di bosco.

La nota positiva del documento riguarda il dimezzamento dei casi in Italia nell’ultimo quadrimestre, ormai assestati a quota 40, anche se l’emergenza non si può certo considerare finita. A fronte di questa situazione il Ministero ha identificato 15 lotti di frutti di bosco contaminati ritirati dal mercato. Viene spontaneo chiedersi perché non siano stati presi analoghi provvedimenti a carico di altri 44 lotti fortemente sospettati di contenere il virus. C’è un altro elemento   difficile da capire, come mai non sono stati richiamati lotti di aziende che producono dolci o torte con frutti di bosco surgelati, distribuiti a ristoranti, pizzerie e altri esercizi commerciali?

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L’aspetto sconvolgente di questa storia è che la stragrande maggioranza delle persone continua a mangiare tranquillamente frutti di bosco ignorando il pericolo

L’aspetto sconvolgente di questa storia è che la stragrande maggioranza delle persone continua a mangiare tranquillamente frutti di bosco (more, ribes rosso, mirtillo e lamponi) presenti nelle torte, nei pasticcini e nei gelati, ignara del rischio di ammalarsi. Il discorso non riguarda solo i consumi domestici ma soprattutto i dolci consumati in ristoranti, pizzerie e altri esercizi commerciali.

La gestione dell’epidemia da parte del Ministero della salute è stata disastrosa e del tutto inefficiente. Di fronte ad un problema serio dove bisognava vietare per alcuni mesi la vendita di frutti di bosco surgelati, Beatrice Lorenzin ha pensato bene di pubblicare un appello in rete dopo 10 mesi! L’esito è stato che il 90% dei cittadini ha ignorato e continua a ignorare il problema. Un medico neolaureato in medicina specializzato in malattie infettive avrebbe saputo gestire meglio la situazione sia nei confronti della comunicazione ai cittadini sia sul fronte della produzione industriale. L’unica cosa da fare era decretare la sospensione della vendita dei frutti di bosco congelati e surgelati per qualche mese, come hanno fatto diverse catene di supermercati che da 6-8 mesi hanno tolto dai banchi freezer l’intero l’assortimento rendendosi conto della gravità della vicenda.

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La situazione resta ancora fuori controllo tanto che il Ministero della salute “non esclude l’eventualità che altri mix di frutti di bosco surgelati/congelati contaminati, possano essere presenti sul mercato”

La situazione resta ancora fuori controllo tanto che il Ministero della salute “non esclude l’eventualità che altri mix di frutti di bosco surgelati/congelati contaminati, diversi da quelli oggetto di allerta possano essere presenti sul mercato”. Per questo le autorità raccomandano di consumare i frutti di bosco congelati/surgelati solo cotti, facendoli bollire (portandoli a 100°C) per almeno 2 minuti, non impiegare i frutti di bosco crudi per guarnire i piatti (ad esempio la superficie di una crostata, semifreddi, yogurt ecc., lavare accuratamente i contenitori e gli utensili usati per maneggiare i frutti di bosco scongelati”.

Se sul fronte della prevenzione la macchina sanitaria italiana ha dimostrato una disastrosa fragilità e una totale inesperienza, anche il sistema di tracciabilità europeo ha evidenziato debolezza e criticità. Dopo un anno di ricerche e di analisi la task force messa a punto al Ministero della salute per individuare l’origine dell’epidemia non ha sortito risultati. Gli esperti sembrano escludere l’ipotesi che sia stato un singolo ingrediente ad avere originato la contaminazione. Si pensa a un gruppo di produttori di una stessa area geografica, e a una successiva contaminazione nei centri di lavorazione o di smistamento della filiera distributiva.

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Siamo di fronte a un’epidemia classificata dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare come internazionale che ha coinvolto una decina di paesi

Purtroppo risalire all’origine dei frutti di bosco che hanno generato la contaminazione e individuare le cause non è facile perché la filiera è complessa. L’analisi della tracciabilità condotto su 20 lotti ha comportato l’esame di 830 transazioni commerciali che fanno riferimento a 331 fornitori di 25 paesi europei ed extra europei. Il numero medio di transazioni per ogni singolo lotto è di 56,6.

Ma siamo nell’ambito delle ipotesi mentre mancano le certezze. Questa situazione dimostra ancora una volta quanto sia insufficiente e fragile il sistema di tracciabilità messo a punto in Europa per individuare l’origine delle epidemie alimentari e per facilitare il ritiro e il richiamo di prodotti contaminati od oggetto di allerta sanitaria. Siamo di fronte a una situazione analoga a quella verificatasi per la carne di cavallo l’anno scorso, per i germogli di fieno greco e di soia in Germania nel 2012 che aveva provocato 41 morti e centinaia di ricoveri in ospedale, quando non si è riusciti a risalire all’origine dell’epidemia. Ma su questo tema ritorneremo.

Il nostro invito è di non consumare frutti di bosco. Lo abbiamo scritto quasi un anno fa e lo ripetiamo. Chiediamo al ministro Beatrice Lorenzin di affrontare con maggior coraggio questa situazione ormai fuori controllo, per tutelare la salute dei cittadini.

Un’ultima precisazione riguardo i gelati: nelle lavorazioni dei sorbetti la frutta fresca o surgelata non viene mai fatta bollire in gelateria. L’unico sistema per evitare il problema è non usare i frutti surgelati ma le puree di frutta (già pastorizzate). Crediamo che molti gelatieri utilizzino queste ultime, anche perché sono già state filtrate dai semi e sono più pratiche e igienicamente sicure. Nessun problema invece per lo yogurt visto che i frutti di bosco aggiunti sono spesso surgelati ma vengono sempre sottoposti a pastorizzazione da parte delle aziende.

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Il manifesto che il Ministero della salute ha diffuso dopo 10 mesi dall’epidemia, invita i consumatori a mangiare frutti di bosco congelati o surgelati solo dopo cottura!

Per sapere quali sono i sintomi dell’epatite A , come si cura e cosa fare consigliamo di leggere la nota redatta dal Ministero della salute, da cui abbiamo tratto questo paragrafo sull’incubazione e sulla durata della malattia.

L’epatite A, dopo un periodo di incubazione di 15-45 giorni dall’infezione, si manifesta con la comparsa di inappetenza, malessere generale, febbre e nausea. Dopo qualche giorno compare l’ittero, cioè la presenza di colorito giallognolo della pelle e delle sclere (la parte bianca dell’occhio) e delle mucose, dovuto alla aumentata concentrazione di bilirubina nel sangue a causa della diminuita funzionalità del fegato.

La malattia ha generalmente un’evoluzione benigna, dura dalle 2 alle 10 settimane, e dopo la guarigione conferisce un’immunità permanente. Non cronicizza mai.

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Filippo
Filippo
7 Aprile 2014 22:39

Infatti.. volevo sottolineare nel vostro articolo, il discorso dei gelati, è la prima volta che qualcuno ne parla, tranne le aziende dei gelati/torte ecc. perché non emettono un comunicato?
Questo loro silenzio.. va bene allora niente gelati, almeno tutti quelli alla frutta!!! hihhihiihi

Paoblog
8 Aprile 2014 07:20

Sabato mentre facevamo la spesa al supermercato facevo notare a mia mogliecome fosse sceso il silenzio sulla vicenda dell’epidemia di Epatite A collegata al consumo di frutti di bosco surgelati.

Secondo lei (ottimista) probabilmente la situazione si era risolta, ma leggendo quotidianamente il Fatto Alimentare so bene che la situazione non solo non si è risolta, anzi si complica, perchè a fronte di un’epidemia che continua, da parte del Ministero (e lasciamo perdere stampa e tv) c’è un silenzio che non mi tranquillizza affatto.

Ed oggi leggo questo articolo che conferma il mio sentire; come scritto tempo fa mi è capitato di andare in un ristorante e vedere sul menù il gelato con frutti di bosco; alla mia domanda se fossero freschi o surgelati il ristoratore mi aveva risposto: surgelati.

E quindi la domanda sorge spontanea: era al corrente del problema oppure no?

Propendo per la seconda ipotesi ed allora se neanche gli addetti ai lavori sono informati della pericolosità collegata al consumo dei frutti di bosco surgelati, figuriamoci i normali consumatori…

Costante
Costante
8 Aprile 2014 10:48

Secondo me questo è uno dei casi dove , data l’enorme diversificazione delle provenienze, le possibili contaminazioni crociate nei centri di selezione e surgelamento, i diversissimi sistemi di coltivazione e raccolta, i turnover di personale “a basso costo” di origini epidemiologiche diversificate e poco controllato sanitariamente, l’eterogeneità delle matrici e l’eterogeneità dell’inquinamento anche nell’ambito di un singolo lotto che rende difficilissima l’identificazione analitica della positività etc. etc. è estremamente complicato utilizzare anche il più sofisticato sistema di rintracciabilità . Per di più non è nota la situazione del prodotto “fresco”.
A questo punto vale la pena di resettare il sistema vietando , in attesa di un sistema di prevenzione mirato, esteso e collaudato, di commercializzare, a livello globale il prodotto sia fresco che congelato/surgelato, e consentire la commercializzazione soltanto di prodotto preventivamente sanificato. E poi quanto ne sappiamo della situazione e dell’inquinamento di fondo del tempo in cui il problema non era esploso ed era addirittura quasi sconosciuto?

dani
dani
8 Aprile 2014 11:05

Ma con i frutti di bosco freschi, anche da supermercato, si può star tranquilli?

Valeria Nardi
Reply to  dani
8 Aprile 2014 11:25

Sembra che la contaminazione riguardi esclusivamente i frutti di bosco surgelati.

Filippo
Filippo
8 Aprile 2014 11:15

Dei gelati, è la prima volta che qualcuno ne parla, tranne le aziende dei gelati/torte ecc. perché non emettono un comunicato?
Questo loro silenzio.. va bene allora niente gelati, almeno tutti quelli alla frutta!!! hihhihiihi

Valeria Nardi
Reply to  Filippo
10 Aprile 2014 15:48

Riguardo i gelati: nelle lavorazioni dei sorbetti la frutta fresca o surgelata non viene mai fatta bollire in gelateria. L’unico sistema per evitare il problema è non usare i frutti surgelati ma le puree di frutta (già pastorizzate). Crediamo che molti gelatieri utilizzino queste ultime, anche perché sono già state filtrate dai semi e sono più pratiche e igienicamente sicure. Nessun problema invece per lo yogurt visto che i frutti di bosco aggiunti sono spesso surgelati ma vengono sempre sottoposti a pastorizzazione da parte delle aziende.

Marco Montanari
Marco Montanari
9 Aprile 2014 16:42

Il caso è non facile; certo mi pare mal gestito dal Ministero.
A tale proposito segnalo la netta discrpanza di comunicazione tra lo stesso nel cui sito oggi si legge: “I dati  delle notifiche pervenute al Ministero della salute, integrati con i dati del Sistema Epidemiologico Integrato dell’Epatite Virale Acuta (SEIEVA) dell’Istituto superiore di sanità (ISS), aggiornato al 28 febbraio 2014, mostrano una RIDUZIONE del numero dei casi a partire da novembre 2013.”
Nel sito della AUSL di Modena dipartimento SIAN sempre oggi si legge: “I dati delle notifiche pervenute al Ministero della Salute, integrati con i dati del Sistema Epidemiologico Integrato dell’Epatite Virale Acuta (SEIEVA) dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), mostrano, da gennaio 2013, un importante INCREMENTO del numero dei casi di epatite A, rispetto agli anni precedenti.”
I comunicati sono testuali e io ho solo usato le maiuscole per evidenziare la parte contrastante.
E’ ovvio che pue entrambe corrette le informazioni hanno scopi diveresi; da un alto il Ministero vuole rassicurare (secondo me discutibilmente se non colpevolemnte), dall’altro il SIAN dell’ AUSL di MO vuole allarmare (secondo me giustamente).

costante
costante
13 Aprile 2014 10:09

Non è una statistica, ma, ghiotto di gelato, ho provato ad intervistare 3 gelatai in città, uno solo dei quali dichiarava di usare puree di preparazione industriale, gli altri 2 invece pensavano che ormai il problema fosse risolto ed usavano il prodotto surgelato. Naturalmente ho espresso la mia opinione suggerendo la bollitura prima dell’uso,(e poi ho fatto una telefonata all’ASL) ma sono rimasto allibito dell’ignoranza a livello degli operatori. Dove sono finiti i famosi “vigili sanitari” ?

giada
giada
13 Aprile 2014 17:02

l’epatite si può trovare anche nei frutti di bosco biologici?

Valeria Nardi
Reply to  giada
14 Aprile 2014 09:26