Frutti di bosco: l’epidemia “invisibile” che ha colpito 1.300 cittadini non è del tutto superata. Troppe le carenze del Ministero e poche le informazioni. Ancora prudenza
Frutti di bosco: l’epidemia “invisibile” che ha colpito 1.300 cittadini non è del tutto superata. Troppe le carenze del Ministero e poche le informazioni. Ancora prudenza
Roberto La Pira 15 Settembre 2014La fase critica dell’epidemia dei frutti di bosco surgelati contaminati dal virus dell’epatite A si può considerare finita, anche se il focolaio non è stato individuato e “… i frutti contaminati potrebbero essere ancora in circolazione…”. Il quadro delineato dall’Efsa (Autorità per la sicurezza alimentare europea) a distanza di 20 mesi dall’inizio della crisi non è proprio confortante.
L’epidemia ha colpito soprattutto il nostro paese con 1.300 casi accertati su 1.440 totali in tutta Europa (vedi nota *), anche se i cittadini non se ne sono accorti. La stragrande maggioranza degli italiani ha continuato a mangiare tranquillamente macedonie, crostate alla frutta e altre leccornie senza porsi molti problemi perché Il Ministero della salute non li ha informati a dovere: il primo e unico annuncio destinato ai cittadini, oltre a non essere stato pubblicizzato è arrivato a distanza di un anno dall’inizio dell’epidemia, quando i casi accertati in Italia erano quasi 1.000!
Nel testo si consigliava di cuocere i frutti di bosco, senza alcun riferimento ai dolci industriali consumati in ristoranti e pizzerie. Il Fatto Alimentare ha inviato decine di mail per avere notizie sull’epidemia, ricevendo il più delle volte risposte evasive o inutili. Basti pensare che i dati sull’epidemia all’inizio venivano diffusi una volta al mese, poi si è passati al trimestre e alla fine al semestre.
Le poche notizie diffuse dal Ministero hanno però sortito l’effetto voluto: nascondere la gravità della situazione. L’esito è sin troppo evidente: i giornali ne hanno parlato pochissimo, la gente non ha preso le dovute precauzioni e le aziende hanno continuato a vendere i frutti di bosco (i ritiri di lotti sono stati 15 vedi nota **). Per fortuna siamo di fornte ad una forma di epatite A che non cronicizza e, quindi, non produce danni così ingenti da dover ricorrere ad un trapianto (vedi nota ***).
Una maggiore trasparenza sarebbe sicuramente auspicabile. È vero che i dati sulla gravità di un’epidemia possono allarmare i consumatori ma, senza informazione, i cittadini non sono in grado di valutare l’importanza degli eventi. Desta sorpresa il fatto che in Italia, anche se a livello industriale il problema delle possibili contaminazioni dei frutti di bosco sia ben noto almeno dagli anni ’90 – come quello dei virus – non sia stato affrontato preventivamente, con metodi analitici e verifiche adeguate. Sicuramente è stato importante il lavoro condotto dagli Istituti zooprofilattici e dall’Istituto superiore di sanità attraverso i corsi di formazione tenuti nel mese di giugno di quest’anno.
L’epidemia è stata non solo molto vasta, ma anche di grande complessità, tanto che neppure gli esperti tedeschi, con un software avanzato, sono riusciti a stabilire se la responsabilità spettasse al ribes rosso polacco o alle more bulgare. Tra le scelte corrette, c’è stata quella di coinvolgere in una task force i migliori esperti europei, compresi quelli tedeschi con un’esperienza avanzata nella tracciabilità, anche se questa decisione è arrivata forse tardi. Un altro elemento da considerare è che in Bulgaria il sistema di tracciabilità non ha funzionato, mentre in Polonia i risultati sono stati migliori, e questo ha creato grosse difficoltà nella ricerca del focolaio.
Anche certi comportamenti nazionali tesi a difendere interessi di parte e non collettivi hanno penalizzato l’individuazione dell’origine del focolaio. In un mercato unico, le gelosie diplomatiche tra controllori sembrano uno sgarbo inaccettabile verso i consumatori continentali.
Sul piano nazionale, restano i dubbi riguardo la scelta di limitare i richiami ai pochi lotti (15) e solo dopo l’esito delle analisi. Si tratta di una scelta garantista nei confronti delle imprese, forse forzata dal diritto, ma è prassi comune, quando si ha a che fare con un’epidemia di queste proporzioni, estendere il ritiro ai lotti sospettati sulla base delle indagini epidemiologiche o per condizioni produttive e similarità ingredienti. Nel caso dei virus come quelli dell’epatite A, i limiti dei metodi analitici e di campionamento lo suggerivano in maniera ancora più netta rispetto ad altri casi.
L’ultima nota riguarda l’appello del ministero di fare bollire i frutti di bosco surgelati per 2 minuti prima di consumarli. Si tratta di un appello, sicuramente fondato scientificamente, la cui efficacia è lecitamente dubbia soprattutto se arriva tardi e non viene affiancato ad una corretta campagna di informazione. Visto che l’invito a cucinare i frutti di bosco per 2 minuti è ancora valido forse però varrebbe a pena farlo sapere alla gente.
(*) Quella dei frutti di bosco si può considerare un’epidemia imponente, anche se, nelle proporzioni, non inedita. Basta ricordare gli 11.000 casi tra gli studenti tedeschi nel 2012, dovuti a frutti di bosco con un patogeno, ma meno grave, il Norovirus o l’epidemia di epatite A in Puglia di alcuni anni fa.
(**) I dati aggiornati al 30 ottobre 2013 indicano complessivamente 14 lotti confermati (secondo le nostre fonti 15) e 29 lotti sospetti prodotti da 14 diverse ditte di packaging. Si contano inoltre almeno altri 54 lotti collegati, ovvero che condividono almeno una matrice con i lotti per i quali sia stata confermata in laboratorio la contaminazione da HAV. Secondo i nostri dati dopo questa data è satato ritirato un altro lotto dal mercato.
( ***) Secondo gli atti del 40° Congresso dell’European Association for the Study of the Liver l’epatite A è una forma di infezione da HAV che provoca un’epatite acuta a decorso quasi sempre benigno. Esistono anche forme del tutto asintomatiche, che colpiscono soprattutto i bambini. Negli adulti, la malattia può manifestarsi con astenia, ittero, febbre, diarrea, inappetenza, costringendo il paziente a rimanere a letto per qualche settimana. Si trasmette principalmente attraverso cibi e acqua contaminati da materiale fecale di persone infette. A differenza dell’epatite C, l’epatite da HAV non cronicizza mai e induce uno stato di immunità permanente. Non esiste una terapia specifica, mentre è disponibile un vaccino altamente efficace.
Luca Bucchini e Roberto La Pira
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Salve!
Mi chiedevo se il consiglio di bollirli valesse anche per i lamponi che coltivo nel mio giardino.
Grazie!
Gentile Lola, fino ad ora nessuna segnalazione riguardava i frutti di bosco freschi, ma solo riguardo quelli congelati
Grazie mille!!!
Come e’ possibile che il Virus finisca sui frutti di bosco?
I motivi precisi non sono ancora stati individuati ma nel rocesso di lavorazione ci può essere una fase di promisquità tra acque reflue e acqua di lavaggio.
Nulla contro il commercio mondiale, ma quando si tratta di alimenti freschi, la scelta locale a km zero, è decisamente la migliore se non l’unica auspicabile.
Perché conservare, trasportare, riconservare, distribuire con una catena del freddo, che se va tutto bene, nei tanti passaggi è un quasi miracolo!
Costi falsi, concorrenze sleali con prestatori d’opera mal pagati alla raccolta, manipolazione, trasporto, alla logistica della distribuzione.
Frutta e verdura di stagione, latte e latticini, carni fresche dei nostri produttori, trasformatori e distributori locali, che trattano lotti adeguati al mercato nostrano e locale, rifiutando per tutte le ragioni suddette, le forniture di grandi lotti speculativi e dannosi per la catena e la sicurezza alimentare, dovrebbe essere la giusta scelta.
La tutela degli interessi del consumatore italiano, da parte di tutte le istituzione preposte, dovrebbe prevalere su tutti gli altri interessi commerciali dei pochi grossisti in gioco, oppure è solo un pia illusione di noi ingenui consumatori?
Distribuire epatite A a larghe mani come è successo, è colpa del destino, oppure si può prevenire e meglio gestire?